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Scuola, la settimana della dislessia. Usiamo di più i tablet in classe per aiutare tutti i ragazzi

Fino a 10 ottobre 600 eventi in tutta Italia organizzati dall’Aid (Associazione italiana dislessia) per aumentare la consapevolezza di famiglie e docenti sui disturbi specifici dell’apprendimento (dsa). A Roma un convegno di due giorni

06/10/2016
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Corriere della sera

Carlotta De Leo

Convegni, incontri e iniziative in 90 città italiane: è la settimana della dislessia. In tutto 600 eventi pensati e organizzati dall’Aid (Associazione italiana dislessia) che andranno avanti fino a lunedì 10 ottobre per aumentare la consapevolezza di famiglie e docenti sui disturbi specifici dell’apprendimento (GUARDA LO SPECIALE SUI DSA). Stiamo parlando di dislessia, disgrafia, discalculia e disortografia: non malattie, ma disturbi neurobiologici che interessano una buona fetta della popolazione. Basti pensare che le persone dislessiche in Italia sono 1.900.000, di cui 350mila ragazzi in età scolare. È importante partire proprio dalla scuola perchè individuare presto un possibile Dsa significa iniziare subito il percorso di recupero. Ma per questo è necessario che i docenti e genitori siano sempre più formati e informati.

Le iniziative

È per questo che 1.500 volontari scenderanno in piazza con l’intento di scardinare il tabù che trasforma un disturbo in uno stigma sociale. A Milano sono in programma diverse iniziative: da un incontro sabato per aiutare i ragazzi nella scelta della scuola superiore, all’open day di domenica della sede in via Ettore Bugatti, fino al camper itinerante che girerà nelle piazze e nelle scuole per tutto il week end. A Salerno un incontro per formare genitori e prof. In programma nella Capitale due giorni di convegno all’università di Roma Tre «per fare il punto sulle nuove strategie didattiche che puntano tutto e sull’integrazione sull’applicazione della legge 170 del 2010 che ha sancito in Italia il diritto alle pari opportunità nell’istruzione per i ragazzi con dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia» dice Sabrina Franciosi, organizzatrice del convegno.

L’integrazione digitale

«Integrazione» e «digitale» sono le parole chiave che Franciosi ripete più volte per unascuola davvero inclusiva come la prevede la legge di sei anni fa. «Le ultime ricerche scientifiche puntano sugli strumenti digitali. E più ne entrano in classe, più favoriremo anche i ragazzi con dsa - dice - Un alunno disgrafico o dislessico, si sente isolato se è l’unico che in classe usa il pc. Se invece tutti i compagni utilizza Lim e tablet, sarà perfettamente integrato». Un esempio? «Ho seguito un ragazzo fortemente disgrafico, gli mancava proprio l’organizzazione dello spazio nel foglio. Non solo noi insegnanti, ma nemmeno lui non riusciva a leggere quello che scriveva e questo generava frustrazione e rifiuto. Non aveva mai voluto usare il pc in classe perchè si sentiva diverso - racconta Franciosi - Io l’ho conosciuto in prima media e abbiamo iniziato un lavoro con la classe chiedendo a tutti di portare pc e tablet. Siamo arrivati in terza con ottimi risultati: tutti hanno sostenuto l’esame con una presentazione al computer e mappe concettuali digitali». Oggi quel ragazzo frequenta il liceo classico con buoni risultati: si è appassionato alla letteratura, scrive testi elaborati e traduce brani dal latino e greco con il suo bel dizionario (digitale, ovviamente). «Il suo successo è quello di tutta la scuola davvero inclusiva».

Le nuove strategie didattiche

Nel convegno di Roma si parlerà dell’importanza di trovare insegnanti formati e disposti a ribaltare l’idea di lezione in classe. E di strategie didattiche innovative: l’educazione “pratica” basata sugli esempi concreti (Evidence based education diffusa nei paesi anglosassni); le classi rovesciate ( Flipped classrom) che stravolgono l’alternanza didattica/compiti a casa; il lavoro di gruppo (Cooperative learning) che assegna a tutti un ruolo in base alle competenze.Insieme alla diagnosi precoce del problema, «questi metodi sono fondamentale per i ragazzi con dsa - assicura Franciosi - perchè aiutano i ragazzi a tirar fuori le loro strategie personali, a tirare fuori risorse inaspettate. Succede così che ragazzi all’apparenza pigri e svogliati, oppure ansiosi e iperattivi, rispondano in maniera sorprendente». Infine, si chiederà a voce forte l’applicazione della legge del 2010. «Aspettiamo ancora che la Regione Lazio approvi un protocollo d’intesa con le Asl, il mondo della scuola e le associazioni come la nostra per realizzare concretamente le pari opportunità prescritte nella norma»


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