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Scuola, la costituzionalista che ha convinto il Tar: "Non c'è prova che tenerla aperta faccia aumentare i contagi"

Parla la giurista Randazzo che ha seguito il ricorso di un gruppo di famiglie: "Per i giudici, dati sull'epidemia alla mano, non si giustifica la chiusura totale neppure dei licei"

27/03/2021
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la Repubblica

Vladimiro Polchi

"La verità? L'apertura delle scuole non influisce sull'aumento generale dei contagi: non esistono infatti al riguardo prove scientifiche certe". È per questo che il Tar del Lazio ha ordinato alla presidenza del Consiglio di riesaminare il Dpcm del 2 marzo che ha disposto la didattica a distanza in zona rossa. I giudici hanno così accolto la domanda cautelare presentata da un gruppo di studenti e genitori, rappresentati dagli avvocati Valerio Onida e Barbara Randazzo. "Si ribadisce, in tal modo, che il diritto alla salute non è il solo diritto fondamentale tutelato dalla nostra Costituzione e che anche l'adozione di misure emergenziali esige un giusto bilanciamento tra i diversi diritti fondamentali in gioco", commenta a caldo, Barbara Randazzo, avvocata e docente di diritto costituzionale alla Statale di Milano.

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I giudici in due  ordinanze hanno considerato che i ricorrenti "hanno prodotto, a sostegno del ricorso, svariati studi scientifici pubblicati da prestigiose riviste mediche, report sui dati di contagio in ambito scolastico in Toscana e in Sicilia, nonché relazioni scientifiche, rilasciate da esperti in epidemiologia, in biomedica e in biostatistica, nelle quali si analizzano i dati forniti dall'Istituto superiore di sanità"; e tutte queste relazioni "pervengono alla conclusione che non esistono evidenze scientifiche incontrovertibili circa il fatto che l'aumento del contagio tra i soggetti in età scolastica sia legato all'apertura delle scuole".

In verità il governo ha già annunciato che asili nido, elementari e prima media riapriranno anche in zona rossa dopo Pasqua.

"La riapertura è senz'altro un segnale importante per le famiglie, ma questo non toglie valore alla decisione del Tar, secondo la quale, dati alla mano, non si giustifica la chiusura totale, neppure dei licei".

Cosa emerge dai documenti che avete presentato?

"Intanto, premetto che questi documenti erano già a disposizione del Cts e del governo. Emerge, ed è preoccupante, come non ci sia stata un'istruttoria adeguata. Non risulta cioè che siano stati adeguatamente esaminati i dati forniti dall'Istituto superiore di sanità. Non c'è infatti alcuna prova che la scuola funga da moltiplicatore dei contagi".

Cosa cambia ora con questa decisione?

"La presidenza del Consiglio entro il 2 aprile dovrà riesaminare le misure che, sulla base del Dpcm del 2 marzo, comportano l'automatica chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado nelle zone rosse, tenendo conto che la chiusura delle scuole non soltanto sacrifica drammaticamente il diritto all'istruzione, ma ha anche un grave impatto sociale, acuendo le diseguaglianze sociali. La scuola è anzitutto una comunità, non garantisce solo il diritto all'istruzione. E ogni sacrificio di questo diritto in nome della salute deve essere adeguatamente motivato".


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