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Scuola, l’unione fa la protesta

Tutto il mondo dell’istruzione è in fermento e chiede risposte che continuano a non arrivare.

20/05/2016
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Rassegna.it

di Stefano Iucci

Lavoratori di nuovo in sciopero il 20 maggio contro le mancate risposte del governo. Blocco dei contratti, precariato e valorizzazione del lavoro tra i motivi dell'agitazione. Molti dei temi sono intrecciati con i nodi più critici della "Buona Scuola".

L’unione fa la scuola. Dopo la grande mobilitazione del 5 maggio 2015, a un anno di distanza e senza che dal governo sia arrivata alcuna risposta, i sindacati tornano a scioperare il 20 maggio. Previsti anche cortei e manifestazioni in tutto il paese. Flc Cgil, Cisl scuola, Uil scuola e Snals Confsal chiamano i lavoratori alla protesta per il mancato rinnovo del contratto nazionale fermo da sette anni (nonostante le prese di posizione di Corte Costituzionale e Tribunale di Roma), per il lavoro precario – ancora diffusissimo nonostante gli annunci – e per la valorizzazione della professione docente. Ma sul piatto ci sono anche le questioni legate al personale Ata e ai dirigenti scolastici.

Tutti temi che si intrecciano con quelli legati più in generale al sottofinanziamento dell’istruzione pubblica (-5,9 per cento rispetto alla media dei paesi Ocse) e alle novità contestatissime recate dalla cosiddetta Buona Scuola, rispetto alla quale un gruppo nutrito di sindacati e associazioni sta raccogliendo le firme per quattro referendum abrogativi di alcuni degli aspetti più controversi della norma. Il referendum va a scuola.

Contratto: quanto pesa il blocco
Dal 2009, ultimo rinnovo, fino al 2014 secondo i calcoli del Mef la retribuzione pro-capite di fatto dei lavoratori della scuola è scesa dai 30.570 euro del 2009 ai 29.130 euro del 2014: una contrazione delle di 1.440 euro pari a -4,71 per cento. Ma non basta: il blocco della contrattazione ha avuto anche ripercussioni per il mancato recupero dell’inflazione che dal 2009 al 2015 è cresciuta dell’8,5, mentre gli stipendi restavano fermi. Secondo i calcoli dei sindacati, tutto questo ha causato una perdita di salario reale di 11.500 euro medi in sei anni. Per i sindacati il contratto va rinnovato, soprattutto dopo che il 5 aprile è stato sottoscritto all’Aran l’accordo che ridisegna le aree contrattuali della pubblica amministrazione. 

Precari
Nonostante l’enfasi del governo posta sulle immissioni in ruolo a inizio anno scolastico (86.000 docenti, a fronte dei 150.000 promessi) e sul concorso in svolgimento che recluterà 63.712 insegnanti, nelle graduatorie a esaurimento ci sono ancora 45.000 precari e sono cresciute le supplenze: 150.000 contro le 118.00 dell’anno scorso. I sindacati chiedono pertanto un piano di assunzioni pluriennale e che venga riconosciuto il diritto al posto di lavoro da chi ha prestato servizio 36 mesi, come indicato dalla Corte di Giustizia europea

Ata  e dirigenti
Centrale anche la questione del personale Ata. Nonostante la sua importanza per il funzionamento della scuola, questa categoria di lavoratori è stata completamente lasciata fuori dalla Buona Scuola ed è quella che ha più pesantemente subito le contrazioni di questi anni. Attualmente sono quasi 10.000 i posti liberi, mentre dal 2008 a oggi ne sono stati tagliati circa 50.000. I sindacati chiedono dunque assunzioni, l’istituzione di un organico funzionale di istituto, la cancellazione delle norme che impediscono di sostituire gli assenti e lo sblocco del turn over. La questione degli organici è rilevante anche per i presidi. Nel 2010 i dirigenti scolastici erano 9.200, oggi appena 7.500. Aumentano per tanto le reggenze: 1.200 quest’anno, circa 2.000 il prossimo. Non solo: a fronte di responsabilità sempre più elevate, la retribuzione media è scesa di 3.500 euro tra 2009 e 2013 grazie alla sottrazione di numerosi fondi contrattuali. Questa situazione, li rende sempre più distanti, quanto ai salari, dagli altri dirigenti pubblici.

La “buona scuola”
Molti dei temi dello sciopero sono difficilmente separabili dalle novità della legge 107. In particolare, in materia di valorizzazione del personale e libertà d’insegnamento. Quanto al primo punto, i sindacati chiedono che la valutazione dei docenti debba essere fatta, a differenza dall’approccio “meritocratico” previsto dalla legge, sulla valutazione del lavoro collegiale e dell’impegno individuale degli insegnanti, senza creare, attraverso premi concessi unilateralmente dal preside, meccanismi competitivi all’interno degli istituti che non giovano affatto a una scuola intesa come comunità di apprendimento. Infine, per i sindacati la libertà di insegnamento non è compatibile con la chiamata diretta degli insegnanti da parte dei dirigenti, che rischia anche di creare grandi disparità tra zone avvantaggiate e svantaggiate.

Non va dimenticato, infine, che il 20 maggio scioperano e protestano, per motivi simili a questi (a partire dal blocco contrattuale) anche i lavoratori di università, ricerca e Afam, mentre il 19 maggio hanno protestato gli addetti degli asili nido e i lavoratori del Miur: insomma, tutto il mondo dell’istruzione è in fermento e chiede risposte che continuano a non arrivare.


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