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Scuola, il rebus dei docenti

Tra concorsi e supplenze, lavoratori fragili e test sierologici, gli insegnanti vivono giorni di incertezza in attesa di indicazioni precise. Francesca Ruocco, Flc Cgil: “I ritardi del ministero complicheranno la ripresa”

29/08/2020
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Collettiva.it

Emiliano Sbaraglia

Il conto alla rovescia è ormai iniziato. Considerando il recupero didattico previsto dal primo settembre, in pratica mancherebbero soltanto poche ore alla riapertura delle scuole, e tutto sembra ancora navigare in alto mare. L’emergenza Covid ha messo in moto un meccanismo di tensione intorno al mondo della pubblica istruzione, che col passar del tempo si è sempre più avvilupppato su se stesso. In particolare, le confuse indicazioni ministeriali susseguitesi nel corso dell’estate al momento non hanno fatto altro che complicare ancor di più una situazione già difficile in partenza.

Tra le preoccupazioni maggiori quella derivante l’organizzazione del personale organico, corpo docente in primis, vero rebus da sciogliere per quei dirigenti scolastici impegnati in questi ultimi a incastrare anche gli orari settimanali delle lezioni, senza sapere su quali e quante forze potranno effettivamente disporre.

“Partiamo con più di 200.000 posti vuoti, oltre a tutti i problemi che sappiamo relativi ai dispositivi di sicurezza, l’organizzazione dei recuperi, e molto altro. E alla fragilità di alcuni docenti dobbiamo aggiungere anche quella di alunni che ogni giorno in classe devono affrontare disagi che in questi mesi sembrano aver dimenticato”. Così riflette sulla situazione Francesca Ruocco, Segretaria nazionale della Flc-Cgil, impegnata in questi mesi nel tentativo di garantire il più possibile una riapertura in sicurezza, in linea con i principi del diritto allo studio.

Tra i temi caldi, quello inerente i cosiddetti lavoratori fragili: “Non ci sono dati nazionali sui lavoratori fragili, anche perché è il medico competente che deve indicare se un lavoratore ha effettivamente una patologia specifica rispetto al Covid, che lo mette a rischio nell’attività scolastica. Certo che, data l’età media dei lavoratori della scuola, compreso il personale Ata, non può essere un numero esiguo. Ma secondo il protocollo siglato il 6 agosto, ogni istituto scolastico dovrebbe avere un medico di riferimento, per valutare se non ci sono rischi specifici, o se un lavoratore fragile che possa comunque andare a scuola con sicurezze maggiori, come le mascherine ffp2, o evitando luoghi particolari come le mense; o invece se si appartiene a quella categoria di lavoratori fragili che invece non può frequentare la scuola per altre patologie temporanee, ad esempio di carattere respiratorio, o per cure chemioterapiche. Su questo, però, la linea da seguire non è ancora chiara”.

Anche perché, in casi del genere, il protocollo doveva emanare tempestivamente delle indicazioni, in maniera da utilizzare il lavoratore rimasto a casa in altre mansioni, dall’assistenza individualizzata per studenti con patologie specifiche, ai gruppi-classe conivolti nella didattica digitale integrata, o al supporto informatico. Che cosa faccio? Come mi regolo come scuola? Su questo il ministero doveva produrre delle indicazioni procedurali, e il ritardo in questo senso appare piuttosto evidente, oltre che preoccupante.

“Quello che ci preoccupa maggiormente - continua Ruocco - sono però i ritardi rispetto agli interventi da predisporre nel caso in cui risultasse un positivo nella scuola, eventualità che, visti i numeri, purtroppo sembra tutt’altro che remota. Ma se un tampone risulta positivo cosa si fa? Come deve comportarsi il docente, il dirigente scolastico? Tiene a casa la classe, tutto il plesso, o soltanto i tracciati? Perché tutto questo inevitabilmente andrebbe a generare smarrimento e caos non soltanto per il personale, ma tra le famiglie. Ecco, una cosa che chiediamo è che, almeno su questo, le scuole non vengano lasciate da sole”.

Altro vulnus da affrontare è quello dei concorsi, più in generale del reclutamento del personale docente. Per la Cgil, più volte chiamata in causa su questo tema dalla stessa ministra Azzolina, è stata persa un’occasione per guadagnare tempo, non immettendo in ruolo quegli oltre 32.000 precari che da oltre tre anni insegnano nella scuola, che saranno poi gli stessi a partecipare al concorso che ormai si svolgerà non prima dell’autunno, con risultati verosimilmente noti l’anno prossimo.

“Un problema di cui avevamo parlato con il presidente Giuseppe Conte già il 24 aprile scorso, e che ora immancabimente si ripropone. Tra quota cento e posti vacanti - è il ragionamento di Ruocco - tra pochi giorni ci troveremo ad aprire le scuole con 200.000 posti che devono andare a supplenza, mentre attraverso la nostra proposta, che insisteva sui titoli e immissione in ruolo, salvo verifica a fine anno, avremmo avuto da subito la copertura almeno di una parte delle cattedre”.

Numeri che la ministra Azzolina, quando parla di classi di concorso, non enuncia in base alla realtà dei fatti. “Vorrei riportare un solo esempio, quello delle cattedre di matematica, le cui graduatorie sono vuote ormai da anni, soprattutto al nord, e che non sarà certo il prossimo concorso a riempire. La ministra si è invece incaponita, e ora paradossalmente il rischio è quello che chi comincia una supplenza all’inizio dell’anno si vede poi costretto ad abbandonarla in caso di vittoria al concorso, con tanti saluti al principio della continuità didattica. Partire nell’anno del Covid anche con questa tipologia di carenza di organico sarebbe l’ennesimo aggravio per una situazione già complicatissima”.

L’ultima riflessione riguarda i test sierologici, che un terzo dei docenti sembrano rifiutare. “Un dato che né a noi né agli altri sindacati risulta attendibile. Anzi, la nostra impressione è che i docenti stiano in un certo senso approfittando dell’occasione, confidando sulla gratuità del test. Il fatto è che anche qui paghiamo i ritardi del ministero: le richieste stanno arrivando in questi ultimi giorni, con conseguente intasamento delle domande, ma non ci sono sedi adatte né sufficienti per assolverle tutte prima della riapertura”.

Intanto dopo Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, a cui presto dovrebbe aggiungersi la Campania, anche la Basilicata annuncia il rinvio del primo suono della campanella in data 24 settembre, in barba all’appuntamento elettorale. Forse solo un espediente per prendere tempo e organizzarsi meglio. Ciascuno come può.