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Scuola, il professore riluttante. Migliaia di rinunce all’assunzione

Dalla Lombardia al Piemonte al Lazio, ancora vuote 65mila cattedre. Niente posto fisso per non trasferirsi

12/12/2020
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA - Non ci sono docenti, e siamo a ridosso di Natale. Che siano classi in presenza o a distanza, manca il prof di Italiano, Fisica l'hanno già cambiato tre volte e il supplente di sostegno è stato messo in cattedra anche se non è specializzato, non ha esperienza, neppure attitudine. Hai voglia a sostenere che la scuola italiana è sempre stata così, senza certezze. "I problemi di arruolamento di quest'anno io non li ho mai visti", dice Gabriele Toccafondi, un renziano non ostile a questa ministra e che ha un'esperienza da sottosegretario all'Istruzione.

Tre giorni fa due provveditori scolastici di regioni del Nord, Lombardia e Piemonte, hanno donato alla commissione Cultura della Camera questi dati. Lombardia, ventimila posti di ruolo - quindi, a tempo indeterminato - da coprire: coperti quattromila. Sedicimila cattedre sono, a ridosso di Natale, vuote. Piemonte, quindi: nomine in ruolo da fare 6.196, nomine fatte 1.626. Passiamo dall'80 per cento dei posti mancanti della Lombardia al 74 per cento: difficile fare scuola così, programmare qualsiasi cosa. Ogni cento posti richiesti alle scuole medie piemontesi, ne sono stati assegnati sei. Sul sostegno, due assunzioni (due) su 2.850. In Lombardia, su questa delicatissima materia, 43 insegnanti trovati a fronte di una richiesta di 6.143.

Il Veneto è in una situazione simile e in generale al Nord l'arruolamento, quest'anno, è stato un colabrodo. Nel Centro Italia le nomine sono andate piuttosto male, con punte di criticità nel Lazio: "Solo l'1-2 per cento dei docenti accetta il ruolo", ha detto il provveditore del Lazio alla Camera, l'11 novembre. Al Sud i posti offerti dall'amministrazione sono stati in gran parte accettati.

In uno studio di La7, senza contraddittorio, la sera del 6 agosto la ministra Lucia Azzolina annunciò: "Il collega Roberto Gualtieri mi ha appena detto che abbiamo i soldi per assumere 84.808 docenti". Spente le luci del salotto televisivo, trascorsi sul fronte scuola quattro mesi infuocati e attraversati da molti sbagli, si scopre che le assunzioni fatte davvero sono tra le 15 e le 20 mila. Sessantacinquemila posti in ruolo non sono andati al legittimo vincitore e in molti casi questo è accaduto perché il proprietario naturale ha detto "no". Ha rifiutato, in tempi di Covid, un posto fisso.

Augusta Celada, direttrice dell'Ufficio scolastico regionale della Lombardia, spiega: "Le cause dei rifiuti possono essere tante, personali. C'è chi ha fatto un concorso quattro anni fa, dieci anni fa, e quando arriva la chiamata non ha più bisogno di un lavoro. C'è chi, a causa dei ritardi nelle convocazioni, ormai si è accasato in una scuola paritaria vicino a casa e preferisce restare lì. C'è chi, di fronte all'obbligo di fermarsi cinque anni su una sede al Nord, ritiene sia più conveniente restare precaria a Caltanissetta. Sì, certo, un ruolo può averlo giocato il reddito di cittadinanza". Gli affitti a Milano costano. Dice Maddalena Gissi, segretaria Cisl scuola: "L'idea di spendere 900 euro al mese con uno stipendio da 1.300 fa rinunciare molti". Pino Turi, segretario Uil: "Tra i nostri iscritti ci sono due tipi di rifiuti. Quello per disperazione avanzato da una diplomata magistrale, se sarà assunta, sarà anche licenziata. E quello del dirigente amministrativo che, vinto il concorso, scopre il mondo della scuola e scappa a cercare un altro lavoro". Il caos scolastico può annichilire un neofita.

La paura del Covid? È un elemento del rifiuto di massa? Sono diversi gli aspiranti docenti che hanno fermato le candidature alla cattedra con la risalita della curva a ottobre e novembre. "Abbiamo timore del contagio, certo", spiegano alcuni precari riottosi, "e di non poter tornare dai nostri cari il weekend, per le feste". Le regioni con i differenti colori e le differenti restrizioni. Il fenomeno riguarda, in questo caso, di più le supplenze.

Di quelle 65 mila cattedre vacanti più della metà dipendono dal fatto che per alcune discipline - scientifiche, per medie e superiori - non ci sono proprio più docenti. Serve l'insegnamento, non c'è più un insegnante pronto ad erogarlo. E il triplice fallimento dell'arruolamento ai tempi di Azzolina ha fatto il resto. Le Graduatorie online sono, in tutte le città, alla quinta, sesta, settima (e ultima) chiamata. E producono poco. La chiamata diretta estiva ha sfornato numeri risibili e il concorsone straordinario è fermo in attesa di disgelo pandemico. "Il guaio", dice ancora Toccafondi, "è che in assenza del ruolo si ricorre a supplenze casuali e non specializzate. L'altro guaio è che questa situazione si ripercuoterà per tutto l'anno".