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Scuola, eliminata la chiamata diretta dei prof: accordo tra Miur e sindacati

Il meccanismo che prevedeva che i professori potessero candidarsi alle scuole ed essere scelti in base al loro curriculum è stato abolito. La scelta rientrava nell'idea di premiare i meritevoli e adatti all'istituto ma non è stata considerata valida

27/06/2018
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Smantellato un altro baluardo della Buona Scuola di Renzi. È stato firmato tra Miur e i sindacati, l'accordo che prevede che il personale docente venga assegnato alla scuola dall'Ufficio scolastico territoriale attraverso i titoli e il punteggio della mobilità. Dunque si prevede il passaggio dei docenti dall' ambito territoriale alla scuola «disapplicando» la chiamata diretta prevista dalla Buona Scuola.

Le priorità

L'accordo, fortemente voluto dalla UIL scuola, è stato firmato da FLC Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e dalla Gilda. Di fatto mette fine alla «chiamata diretta» da parte dei dirigenti scolastici e, «finalmente - spiegano i sindacati - rende oggettivo e non discrezionale il passaggio dall'ambito alla scuola. Cade un altro tassello della Legge 107/15». L'intesa prevede due fasi: i posti disponibili saranno coperti in prima battuta con personale che ha ottenuto il trasferimento secondo le priorità stabilite dal contratto (ad esempio, legge 104, disabilità, etc.); poi i posti rimanenti verranno occupati dal restante personale, secondo il punteggio di mobilità. I professori potranno indicare le loro preferenze nella presentazione della domanda, che avverrà a partire dal 27 giugno tramite l'apposita sezione di istanze on line. Nel caso di mancata indicazione sarà considerata la scuola capofila dell'ambito. Queste operazioni saranno concluse entro il 27 luglio. Successivamente saranno effettuate le operazioni per l'assegnazione della sede per il personale neo immesso in ruolo. Anche in questo caso si seguirà il punteggio di graduatoria. I vincitori di concorso ordinario precederanno i docenti provenienti dalle graduatorie ad esaurimento.

Cos'era

La chiamata diretta era uno dei pilastri della riforma renziana. Prevedeva che i professori assunti intenzionati a trasferirsi dovessero essere assegnati ad un ambito territoriale. E poi potessero candidarsi ogni anno alla scuola alla quale ambivano: il dirigente scolastico poteva selezionarli in base alle loro caratteristiche e al loro curriculum. L'idea di fondo era che gli istituti potessero scegliere i docenti di cui avevano davvero bisogno, che non dovessero invece subire l'imposizione dall'alto di graduatorie e punteggi. Ma i professori, spalleggiati dai docenti, hanno sempre visto questo strumento come un modo per aumentare la discrezionalità del preside, che in base a simpatie o antipatie poteva decidere chi inserire nel proprio organico e chi no. L'ex ministra Valeria Fedeli aveva di fatto snaturato la chiamata diretta, prevedendo che nella domanda di mobilità non fosse inserito un ambito, ma cinque scuole. Il motivo non era legato solo alle proteste dei docenti, ma anche al fatto che la chiamata diretta si era rivelata un mezzo flop: dopo il processo di selezione, spesso i professori chiedevano di essere spostati o riassegnati e di fatto i presidi si ritrovavano a settembre inoltrato con le cattedre scoperte. Per chi quindi l'anno scorso è già stato assegnato a una scuola, non cambia niente. Il neo ministro Bussetti ha cassato definitivamente quell'opzione per tutti gli altri, quelli assegnati ad un ambito appunto: anche loro ora potranno presentare la domanda per essere assegnati direttamente ad una scuola in base alle proprie esigenze.


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