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Scuola e disabili: «Riforma a metà»

Luci e ombre della legge delega sul sostegno. «Insufficiente» per le famiglie degli studenti disabili. Aumentati gli anni da 5 a 10. Ma le classi passano da 20 a 22 studenti

20/01/2017
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Corriere della sera

di Claudia Voltattorni

ROMA È stata per mesi una delle deleghe della Buona scuola più attese. Dalle famiglie soprattutto. C’è da capirlo. Duecentotrentatré mila studenti disabili ogni giorno entrano nelle scuole d’Italia. E hanno 137 mila insegnanti ad occuparsi di loro. Perché nessuno si senta escluso e ad ognuno venga garantito «il diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione sin dalla scuola dell’infanzia». Dopo mesi di passi avanti e indietro, la riforma del sostegno è quasi realtà. La prossima settimana, le commissioni parlamentari valuteranno il decreto del governo «per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità». Sarà l’ultimo passo, poi sarà legge.

Ma quella che doveva essere la grande rivoluzione del sostegno rischia di esserlo a metà. «Per ora diamo un 5», dice l’avvocato Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap che riunisce le famiglie con ragazzi disabili. «Un punto di partenza», per Pasquale Proietti della Uil scuola. Per Nocera, «si poteva fare di più: su alcune cose siamo perplessi, su altre decisamente contrari».

Il punto di partenza è quello giusto, spiega. Perché il principio generale che «l’inclusione scolastica è impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica che concorrono ad assicurare il successo formativo degli alunni e degli studenti», è «davvero un passo avanti: si riconosce che l’inclusione è l’effettivo coinvolgimento di tutta la classe e che il docente di sostegno non è un badante del ragazzo disabile». Anche gli altri prof partecipano. Il testo lo prevede, «ma vanno formati e preparati, troppo generico parlare di “aggiornamento”», aggiunge Nocera.

La novità della riforma prevede una formazione specifica per chi sceglie il sostegno. Ma soprattutto, chi sceglierà questo percorso dovrà seguirlo per almeno 10 anni (oggi sono 5), proprio per assicurare quella «continuità educativa e didattica» indicata nell’articolo 16 del testo della delega. A volte, invece, il sostegno è stato una porta di servizio per arrivare all’assunzione.

Solo che, come ha rivelato Gian Antonio Stella sul Corriere, nella bozza approvata dal governo, è sparito il riferimento alla possibilità per lo studente disabile di avere lo stesso docente di sostegno per tutto il periodo scolastico, così come invece scritto nella Buona scuola («rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione»). Durante i 10 anni, il prof potrebbe quindi passare da una scuola all’altra. «Resta l’obbligo triennale imposto dalla legge - spiega Proietti (Uil scuola) - ma la continuità certo non è garantita». In più, dopo i 10 anni, si può decidere di tornare all’insegnamento. Solo che oggi è solo un trasferimento da una cattedra all’altra; con le nuove norme ci sarà un concorso («un contentino», per Nocera). C’è da dire però, spiega ancora Proietti, «che l’articolo 16 dà la possibilità al preside di rinominare lo stesso insegnante di sostegno precario proprio per garantire la continuità didattica: questo è un passaggio in avanti».

La commissione valuterà la disabilità dello studente in base al «profilo di funzionamento»: «Si terrà conto dell’ambiente scolastico e ciò che offre - dice Nocera -: se sono cieco ma frequento una scuola che mi dà tutto ciò che mi serve, potrei aver bisogno di meno ore di sostegno». Però questo rischia di trasformarsi in un boomerang con la riduzione degli insegnanti e le famiglie sono molto preoccupate.

Infine, il testo prevede classi «di norma» con non più di 22 alunni. Prima erano 20. «Quel “di norma” - sottolineano Proietti e Nocera - autorizza ad arrivare anche a 30 bambini: che inclusione c’è in una classe pollaio?».


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