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Scuola, arrivano i primi sì alla riforma Sindacati in piazza: “Protesta a oltranza”

Approvati 6 articoli alla Camera I prof: “Bloccheremo gli scrutini” Critiche a Fassina: “Vi svendete”

16/05/2015
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA .
In aula si approvano gli articoli dall’1 al 7 — escluso il 6, in attesa di parere di bilancio — alla velocità gradita al premier. Autonomia scolastica, cento milioni sull’alternanza scuola- lavoro, novanta sullo sviluppo digitale in classe e i nuovi laboratori, poi lezioni nelle carceri, contrasto al bullismo, più ginnastica, l’introduzione in aula dell’alimentazione, della storia del cinema, la cittadinanza attiva. Fuori, ma proprio fuori dalla Camera che vista e approva “La buona scuola”, duecento passi da lì, al Pantheon, si alza invece il livello della protesta degli insegnanti: «Andiamo avanti nella mobilitazione», urla Mimmo Pantaleo, segretario scuola della Cgil, «scioperiamo durante gli scrutini, senza danneggiare le famiglie, e se il garante ci vuole fermare la risposta sarà dura. Trasformeremo le scuole italiane in un’unica assemblea». Assemblee permanenti, vecchi tempi.
La base spinge — perché la protesta negli istituti e in strada è tenuta su dai docenti in ruolo ancor prima che dai precari — ed è pronta a giocarsi tutte le armi. Cisl e Uil sul blocco degli scrutini frenano, il presidente dell’autorità sugli scioperi ha ribadito: «Se si fermano nel periodo delle pagelle precetto nuovi insegnanti». Unicobas, però, ha già proclamato lo “strike finale”: sarà nel periodo compreso tra l’8, ultimo giorno di scuola, e il 18 giugno. Giuliana Antonetti, abilitata di seconda fascia, già vicepreside sul Lago di Garda, ora in una scuola paritaria romana, dice: «Abbiamo fatto ginnastica mentale per dieci anni: siamo abituati alla lotta. Assunti a settembre, licenziati a giugno. La vita da precario del Miur è durissima. Non ci faremo licenziare da Renzi, siamo in tanti».
Al Pantheon (ieri pomeriggio) sono solo in trecento, ma si considerano avanguardia: «Il 5 maggio ha scioperato il 67 per cento degli insegnanti, il premier ci ha davvero uniti». Alle quattro e mezza passate arriva il plotone dei parlamentari dissidenti, a piedi ovviamente. Sel ha chiesto e ottenuto, nel turbine delle approvazioni, un’ora di tempo per incontrare il presidio dei cinque sindacati. Non fila via liscia quasi per nessuno, fischiati, arronzati. Simona Malpezzi, insegnante Pd, renziana di generazione e di slancio, si prende il coretto “Vattene a casa, Malpezzi vattene a casa”. Accompagnata da Anna Ascani, precisa: «Mi chiamano per nome perché mi conoscono, dialogo con loro da mesi».
Arriva Gianni Cuperlo, poi l’ex segretario del Pd, Guglielmo Epifani. Pippo Civati, fresco fuoriuscito, commenta: «Il Pd sta perdendo il suo elettorato». Stefano Fassina, che ha appeso il suo restare nel partito a tre punti — stabilizzazione nel tempo di tutti i precari, meno poteri ai presidi, via la chiamata diretta degli insegnanti —, viene attaccato da una seconda fascia: «Vi state tutti svendendo». L’aumento dei toni segnala, in piazza, il timore della sconfitta. Chi propone di assumere i 36 mesi, chi chiede i tirocinati dentro subito. Giovanni Scaglione — lui terza fascia in un comprensivo di Ostia, 50 anni, otto di Storia dell’arte insegnata in classe, a settembre sarà per strada — sostiene che alla scuola servono più di 160 mila docenti e che bisogna lasciare andare in pensione i prof usurati per liberare cattedre. Marco Pannella filosofeggia: «Io sono vecchio e Renzi non so chi sia». I cinque Stelle non fanno distinzione tra Pd maggiore e minore: «Venite in piazza a piangere, poi tornate dentro e fate tutto quello che vi dice il ras».
Il ministro Stefania Giannini twitta, da dentro, ogni articolo approvato: ”Articolo 2, scuole aperte il pomeriggio e classi meno affollate... Articolo 3, curriculum dello studente”. Il Movimento 5 Stelle, con un emendamento anti griffe, ha evitato registri di classe con il logo della Nike: niente sponsor privati in classe. Sono 750 gli emendamenti sopravvissuti. Poi arriva lo scivolone: il governo va sotto su una variazione all’articolo 6. Ha dato parere favorevole, così la relatrice di maggioranza, ma non passa: 130 sì, 163 no. Il gruppo Pd stava discutendo come votare, il presidente Roberto Giachetti ha chiuso in fretta. Poi si è scusato: «Ho indotto una votazione che sarebbe andata diversamente ». In mattinata Matteo Renzi era stato, al solito, tranchant : «Lo stralcio delle assunzioni non si farà e non si toccano i soldi in premio agli insegnanti più bravi. L’Italia non può più perdere tempo». Il sindacato di base Anief rilancia sull’ultima vittoria in tribunale: «Il ministero cede le armi dopo l’annuncio dei nostri ricorsi: sì all’inserimento degli abilitati in seconda fascia ». Molti docenti immaginano che sarà un tribunale l’ultima speranza per entrare dopo il grande setaccio della Buona scuola. Si riparte lunedì, dall’articolo 8 (su 27). Mercoledì il voto finale, poi il complicato passaggio al Senato.

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