FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3930153
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » «Salviamo la ricerca»: già 50 mila firme all’appello del fisico Parisi

«Salviamo la ricerca»: già 50 mila firme all’appello del fisico Parisi

Lo studioso: «In 8 anni persi il 20% dei finanziamenti, il 20% del personale, il 20% delle strutture. Più fondi e un’Agenzia nazionale che si occupi dei bandi di concorso»

27/02/2016
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

Antonella De Gregorio

La situazione della ricerca italiana, sia quella di base che quella applicata sta diventando sempre più drammatica. Nell’indifferenza generale». È un grido di dolore quello del fisico Giorgio Parisi, della Sapienza di Roma, che dopo essersi speso per sensibilizzare accademia e governo, con una lettera sulla prestigiosa rivista Nature, lancia ora una petizione su Change.org. «Salviamo la ricerca italiana», il titolo dell’appello, che si apre con un video in cui Parisi racconta come «negli ultimi anni abbiamo avuto un enorme taglio ai fondi, con 15mila ricercatori italiani che sono dovuti andare all’estero». E ricorda che «in un mondo dominato dalla conoscenza, un Paese che non investe in Ricerca, Sviluppo e Cultura non ha futuro».

Human Technopole

Un appello «educato», inteso a sensibilizzare il Governo e l’Unione Europea a intervenire in maniera concreta, per chiedere che si implementi «con la massima urgenza un piano pluriennale per portare gli investimenti in Ricerca e sviluppo dall’attuale 1% fino al 3% del PIL e che lo rispetti nel futuro». Nel giro di pochi giorni la petizione è stata firmata da quasi 50mila persone. Ma non basta, naturalmente. La comunità scientifica è in allarme, soprattutto dopo che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha tenuto a battesimo lo «Human Technopole», «centro di ricerca di rilevanza mondiale» che nascerà sull’ex area Expo. Al progetto (che sarà gestito dall’Istituto italiano di Tecnologia - Iit - di Genova, fondazione di diritto privato) andranno investimenti per un miliardo e mezzo di euro, nei prossimi anni. Soldi che vengono invece negati alle università italiane, sostengono i ricercatori pubblici, ridotti a contendersi le poche briciole previste per i bandi Prin (i Progetti di rilevante interesse nazionale, di recente sbloccati dopo tre anni di attesa): 92 milioni per progetti di durata triennale di tutte le aree del sapere («e ne servirebbero 300», sostiene Parisi). Il ministero ha sbloccato l’assunzione di 861 ricercatori a tempo determinato: non certo sufficienti. «Se andiamo avanti a 800 ricercatori l’anno, per fermare l’emorragia ci vorranno vent’anni», dice Parisi.

Agenzia nazionale

Che per discuterne e per formulare nuove proposte ha convocato un manipolo di scienziati nel pomeriggio del 25 febbraio nell’Aula Amaldi del Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza di Roma. Tra i presenti, oltre a Parisi, Piero Angela, Fabiola Gianotti (direttrice del Cern), Adalberto Giazzotto (uno dei padri della scoperta delle onde gravitazionali), Arianna Montorsi e diversi giovani ricercatori italiani, oltre a un paio di parlamentari: Walter Tocci (senatore Pd, membro della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione del Senato) e Francesca Puglisi (senatrice Pd, responsabile scuola della Segreteria nazionale del partito). «Invito tutti a firmare la petizione per la ricerca perché qui si parla del nostro futuro, del vostro futuro», ha esortato Parisi ai presenti all’incontro alla Sapienza. Poi, a Corriere.it ha riassunto con pochi numeri la situazione: «In 8 anni abbiamo perso il 20 per cento dei finanziamenti, il 20 per cento del personale, il 20% delle strutture». E ha lanciato la proposta di istituire un’Agenzia della ricerca che si occupi dei bandi e che dipenda direttamente dalla Presidenza del Consiglio, lasciando gli enti pubblici di ricerca liberi nella programmazione. «Attualmente i finanziamenti per la ricerca in Italia sono in un caos assoluto», dice Parisi riferendosi al fatto che i fondi vengano erogati da tre ministeri (Istruzione, Università e Ricerca, Salute e Agricoltura) e Regioni. «E le modalità di assegnazione sono spesso opache: c’è chi controlla attentamente la qualità dei progetti di ricerca e chi si limita a rispondere a telefonate e sollecitazioni di vario tipo», spiega.