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«Risorse e competenze Abbiamo un problema di qualità della scuola»

l ministro Fioramonti: serve più innovazione

04/12/2019
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

«Sono risultati preoccupanti, paghiamo il disinteresse per la scuola che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni: mancanza di strutture, dispersione scolastica, docenti demotivati. La scuola non è più un ascensore sociale». Preoccupato ma non stupito, il ministro per l’Istruzione Lorenzo Fioramonti rilancia chiedendo attenzione e finanziamenti per il sistema. A partire dalla legge di Bilancio.

Come avevano già mostrato i test Invalsi, c’è un enorme problema nel Sud.

«Vogliamo mettere fondi per contrastare la dispersione scolastica, che è allarmante in alcune regioni. Insieme al ministro per il Sud Giuseppe Provenzano stiamo preparando un piano per incrementare l’offerta di tempo pieno, i laboratori e le mense. Insomma per rendere la scuola più attrattiva. Io non credo che gli studenti di oggi siano peggiori di quelli di un tempo: c’è un problema di qualità della scuola».

È drammatico il risultato degli istituti professionali e in parte degli istituti tecnici: ha qualche idea per migliorare queste scuole, dove studia la metà degli studenti?

«Qui si replicano le diseguaglianze della società. Sono di solito gli studenti che provengono dalle famiglie meno abbienti che li frequentano e sono ragazzi senza molte possibilità. Credo che dovremmo formarli alle nuove tecnologie: ci vogliono infrastrutture e laboratori, altrimenti queste scuole sono dei parcheggi».

L’Ocse vi consiglia di intervenire sulla didattica e sulla formazione dei docenti perché gli studenti italiani non hanno le competenze necessarie per stare nel mondo di oggi.

«Vorrei puntare molto sull’uso delle nuove tecnologie e dei tablet in chiave di accesso alla conoscenza, e per farlo dobbiamo poter formare i docenti. Ma prima viene la sicurezza delle scuole, poi investiremo sulle nuove metodologie di studio».

Vuole anche lei come Salvini vuole abolire le medie?

«No, io voglio investire in metodologie sperimentali, come la classe capovolta, che peraltro ci sono già in alcune scuole molto avanzate. È necessario poi che i ragazzi studino il coding, la programmazione informatica: è come una nuova lingua, il nuovo latino. Per questo abbiamo deciso che i professori che faranno i prossimi concorsi dovranno averlo studiato all’università. Dobbiamo introdurre anche le competenze trasversali. Nella classe di mio figlio, che studia in Germania, ad un certo punto dell’anno fanno “ricerche”. Io all’inizio ero perplesso, mi dicevo: ma le tabelline? Poi ho capito che così i bambini imparano a collegare e a elaborare le nozioni».

Circa la metà dei presidi ha dichiarato all’Ocse che gli insegnanti sono poco propensi ai cambiamenti.

«È un ceto demotivato e sottopagato. Non è questo l’esercito migliore per fare le riforme ma mi rifiuto di credere che persone che faticano dalla mattina alla sera per i loro ragazzi, messe in condizione di essere felici di fare il loro lavoro, non farebbero il possibile per innovare».

Nelle classi italiane c’è un problema di disciplina. Si può cambiare qualcosa?

«Credo nell’autorevolezza e non nell’autoritarismo. Purtroppo l’insegnante non ha più il ruolo sociale che aveva una volta, quando mio padre si toglieva il cappello per salutare il mio maestro. Oggi il docente è spesso visto come uno “sfigato” che non è riuscito a fare altro».

Non esageriamo.

Paghiamo il disinteresse per l’istruzione che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni: pochi mezzi

e strutture, dispersione, docenti demotivati

«È purtroppo una percezione diffusa. Io penso che gli insegnanti vadano valorizzati nel discorso pubblico e anche nel trattamento economico e nel metodo di selezione».

L’aumento da 100 euro che lei ha promesso per l’anno prossimo a che punto è?

«Ci sarà col nuovo contratto. Sto lavorando perché si avvicini a questa cifra»

Selezione degli insegnanti: state approvando una legge che permetterà di assumere 24 mila precari con un test a risposta multipla.

«Abbiamo l’emergenza di riempire le cattedre e chiudere con la supplentite. Quelli che parteciperanno al concorso sono docenti che già insegnano. E in un mondo ideale farei solo concorsi regolari».

A che punto è con i tre miliardi per la scuola, senza i quali ha detto che si dimetterà?

«Sto lavorando, vedremo alla fine dell’anno».

A proposito di valutazioni, lei era contro i test Invalsi.

«Sono contro l’obbligo: è stato un errore».

Ma lei è il ministro, poteva evitarlo.

«Ci voleva una legge e la maggioranza è divisa. Comunque ho chiesto al mio staff di fare i test di terza media come prova: per capire se provocano quel panico di cui si parla».

Lo hanno passato?

«Quello che voglio capire è se le domande sono davvero utili o se sono dei trabocchetti. Credo che l’impostazione del test vada cambiata».


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