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Ricercatori sul piede di guerra «La Stabilità tutta da rifare»

Mondo accademico contro le misure della legge che approderà il 27 alla Camera. Emendamenti Pd: un fondo per la ricerca di base e via i «punti organico»

20/11/2014
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

#Finoaquando: ovvero, fino a quando si procederà con i tagli ad atenei e ricerca, fino a quando i ricercatori saranno considerati lavoratori di serie B, fino a quando verranno adottate misure inefficaci o regressive in materia di reclutamento universitario e fondi per il sistema accademico: è questo il senso dell’hashtag lanciato dall’Adi, l’associazione dei dottorandi e dei dottori di ricerca italiani, e rilanciato dalla Rete della conoscenza, che sta sollevando l’ondata di protesta contro la legge di stabilità su Twitter. «Si tratta di una mano di vernice su un sistema ormai arrugginito», spiega Antonio Bonatesta, Segretario nazionale dell’ADI. «Ci troviamo dinanzi a interventi di maquillage che non si pongono in modo serio e credibile l’ obiettivo di risolvere strutturalmente la drammatica situazione dei giovani ricercatori in Italia». Mentre il Pd sta cercando di porre riparo, con alcuni emendamenti migliorativi, il mondo accademico fa sentire la sua voce.

«Più precari e meno risorse»

Sotto accusa soprattutto la cosiddetta «precarizzazione» dei ricercatori: con la misura adottata dalla legge di Stabilità, infatti, viene abolito il vincolo che collegava il reclutamento di ricercatori a tempo determinato di tipo «b» all’assunzione di docenti ordinari: dato il momento di difficoltà economica, fa notare l’Adi, gli atenei si orienteranno verso la figura che richiede il minor aggravio e cioè quella del ricercatore di tipo «a», più precario. Per quanto riguarda i fondi, si prevede un taglio di 34 milioni di euro per il 2015 e di 32 milioni di euro all’anno a partire dal 2016 per il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle università, fondo che dal 2008 a oggi è già stato ridotto dai precedenti Governi del 20% in termini reali. «Il nuovo taglio viene mascherato da razionalizzazione della spesa per beni e servizi da effettuarsi a cura delle università - scrivono i ricercatori - all’insegna di una retorica che ricorda la razionalizzazione della Riforma Gelmini e che, nel contesto dell’autonomia di bilancio degli atenei, non assicura che questa misura non colpisca ancora una le componenti più deboli del sistema accademico, in particolare gli studenti e i giovani ricercatori». Infine, nel mirino della protesta finisce anche l’aumento delle disparità regionali: la IV indagine annuale Adi su dottorato e post-doc ha messo in evidenza come nel 2013 ci siano state intere regioni in cui le università hanno reclutato pochissimi ricercatori o non ne hanno reclutati affatto: sempre nel 2013, le tre regioni che hanno reclutato più ricercatori a tempo determinato detenevano da sole il 50% dei posti messi a bando in tutta Italia. Un meccanismo che la legge di Stabilità, stabilendo regole comuni a tutti, sembra ignorare, sostiene l’Adi, finendo così per «aiutare le poche realtà accademiche forti del Paese».

«Persi 11mila ricercatori»

«Siamo eccellenti in ambito accademico ma poi abbiamo un terzo dei ricercatori che ci sono in Francia», fa notare l’on. Manuela Ghizzoni (Pd). «I docenti e ricercatori a tempo indeterminato erano più di 60 mila nel 2008 e ora sono scesi a 49 mila, un livello inferiore ai 50 mila del primo anno del nuovo secolo - conferma il presidente della conferenza dei rettori, Stefano Paleari -. Anche aggiungendo i ricercatori a tempo determinato i valori complessivi ci riportano molto indietro nel tempo. In soldoni, è il caso di dirlo visto che dietro c’è un taglio dei finanziamenti di quasi 1 miliardo di euro su 7 complessivi, abbiamo perso in pochi anni quasi 11mila ricercatori. E continuiamo a perderli se si pensa che ogni anno si assumono, peraltro a tempo determinato, circa un terzo di quelli che vanno in pensione».

«Via i punti organico»

«Se liberassimo un po’ l’atto di assunzione potremmo rendere la vita più facile agli atenei che sono in grado di assumere», aggiunge Ghizzoni, che insieme ai colleghi di partito, ha presentato due emendamenti che provano a correggere in parte il sistema adottando misure più favorevoli alla ricerca. Il primo, prova a spostare parte delle risorse (30 milioni) in un fondo apposito per la ricerca di base. Il secondo riguarda invece da vicino proprio i ricercatori: e punta a sottrarre l’assunzione dei ricercatori sia a tempo determinato che indeterminato ai cosiddetti «punti organico», una procedura complessa che invece di valutare la possibilità economica e la necessità pratica per un ateneo di assumere, complica l’intero sistema.

«Si finanzi il turn over con il gioco d’azzardo»

Secondo Paleari, invece, non bastano interventi di emergenza: «L’emorragia di talenti è destinata ad aumentare. Il governo ha inserito nella finanziaria per il 2015 150 milioni di euro per arrestare (parzialmente) gli ulteriori tagli previsti e pagare gli stipendi dei docenti e dei ricercatori in servizio. Tuttavia, il turnover anche per l’anno prossimo è fermo al 50% e il punto di minimo deve ancora arrivare. Non aspettiamo i prossimi dati - propone - serve un piano giovani ricercatori». Con quali risorse? «Lo si finanzi con le accise del gioco di azzardo - conclude Paleari - visto che nel nostro Paese si spendono per lotteria e giochi il triplo dei fondi investiti per l’Università e lo Stato beneficia assai del montepremi delle giocate».


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