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Ricerca e ricercatori nei titoli di testa, ma ora tuteliamoli con investimenti e assunzioni

di Domenico Pantaleo.

16/02/2016
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L'Huffington Post

Ricerca scientifica e ricercatori sono stati tra i principali protagonisti delle cronache mediatiche di questi giorni, nel bene e nel male. Sono almeno tre le notizie che aprono le prime pagine della stampa nazionale e internazionale. La drammatica vicenda dell'omicidio in Egitto del giovane ricercatore Giulio Regeni presenta ancora molti lati oscuri; la conferma sperimentale dell'esistenza delle Onde gravitazionali, per la quale è stato notevole il contributo dei ricercatori italiani; la replica durissima della dottoressa Roberta D'Alessandro, ricercatrice italiana che lavora in Olanda, al tentativo propagandistico della ministra Giannini di "intestarsi" gli ottimi risultati frutto dell'abnegazione e della passione dei nostri ricercatori, più che delle iniziative del governo.

Sulla vicenda di Giulio Regeni, vale la pena riportare le parole dell'appello sottoscritto da quasi cinquemila accademici di tutto il mondo per fare luce sulla sua morte: "la nostra comunità è stata arricchita dalla sua presenza. Siamo più deboli per la perdita di un giovane ricercatore il cui lavoro affrontava questioni di vitale importanza per le nostre conoscenze sulla società egiziana contemporanea". Nell'appello, gli accademici ricordano che secondo Amnesty International, sono molti gli organismi internazionali che attribuiscono la responsabilità ai ministeri egiziani dell'Interno e della Difesa "della prassi abituale della tortura, dello stesso tipo di quella sofferta da Giulio, contro centinaia di cittadini egiziani ogni anno".

E infine, sostengono ancora tanti accademici, la misteriosa morte di Giulio Regeni riporta al centro del dibattito globale la necessità di tutelare la libertà accademica ovunque sia minacciata. E questo è uno dei compiti specifici dei governi democratici, soprattutto quando organizzano incontri bilaterali con stati accusati di essere autoritari, di certo molto importanti per gli affari e per le aziende. Da qualche tempo, però, accade che i governi democratici mostrano una sorta di "perdita di memoria" nei confronti di questi stati, africani o mediorientali o asiatici, sia sul piano dei diritti umani che su quello della libertà personale dei ricercatori. Non è affatto per caso che la vicenda di Giulio Regeni contenga entrambi questi elementi, spesso dimenticati: Giulio indagava, da ricercatore sociale di importanti Accademie anglosassoni, proprio sull'applicazione dei diritti ai soggetti sindacali e sociali egiziani dopo la Primavera araba, l'ascesa e la caduta dei Fratelli musulmani, e la presa del potere da parte dell'attuale presidente al-Sisi. Proprio per effetto dell'importanza e della delicatezza di questa ricerca, Giulio Regeni doveva essere tutelato, dalle nostre istituzioni soprattutto, perché gli fosse consentita la massima libertà di ricerca.

Sulla vicenda delle Onde gravitazionali, appare davvero di pessimo gusto la recentissima dichiarazione del premier Renzi su "Cascina di Pisa come capitale d'Europa". A Cascina vi è la sede dello European Gravitational Observatory, il laboratorio dove sono stati effettuati gli esperimenti gravitazionali grazie al progetto europeo Virgo. Ora, francamente, al di là di questa meschina attività di propaganda, ci saremmo attesi da Renzi qualche parola in più sul destino di tanti ricercatori precari dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, i cui contratti sono in scadenza. E qualche parola in più sull'orientamento del suo governo a proposito di ricerca e di università. Entrambe vivono la situazione paradossale di realizzare progetti prestigiosi per la conoscenza umana, nonostante la continua riduzione dei finanziamenti e la costante situazione di pericolosa incertezza. Più volte, come Cgil e come organizzazioni sindacali, abbiamo denunciato il grave stato di vera e propria emergenza in cui versano università e ricerca in Italia. Se la ricerca italiana, i ricercatori e le nostre università riescono ad essere apprezzati nel mondo con i fondi ridotti ormai al lumicino, cosa potrebbero fare se invece fossero dotati degli stessi finanziamenti che altri Paesi europei - Germania, Francia e Gran Bretagna in testa - destinano ai loro istituti di ricerca e alle loro università?

È per questa ragione, infatti, che una ricercatrice italiana, Roberta D'Alessandro, ha voluto far sentire forte la sua voce contro l'ennesimo tentativo di strumentalizzazione da parte, questa volta, della ministra Giannini. La dottoressa D'Alessandro ha vinto i finanziamenti previsti dallo European Research Council, ma grazie ad una Università olandese, dove è migrata perché in Italia - come lei stessa scrive - non sarebbe mai riuscita a farcela.

Perciò, dice legittimamente la ricercatrice, non è opportuno che la ministra si "intesti e si vanti" dei risultati dei ricercatori italiani all'estero. E noi siamo d'accordo con lei. Molti ricercatori italiani hanno dovuto affrontare la migrazione intellettuale, non per scelta, ma per costrizione. Solo altrove sono riusciti a vedere riconosciuti meriti e studi. Alla strumentalizzazione della ministra Giannini si aggiunge la temeraria considerazione del ministro del Lavoro Poletti, per il quale i ricercatori non sono "veri lavoratori" con diritto alla indennità di disoccupazione.

Insomma, i tre casi finiti sulle prime pagine dei media nazionali e internazionali ci indicano almeno una lezione: basta strumentalizzazioni sulla ricerca e sui ricercatori, tuteliamo la libertà accademica e approntiamo un piano serio di un piano serio di investimenti e di assunzioni che ci consentano di essere al livello dei nostri principali partner e competitori. Soprattutto perché le briciole della legge di stabilità non possono essere considerate un piano strategico. Solo così potremo evitare ipocrisie, per riportare la nostra ricerca e la nostra università alla dignità universale che meritano.