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Repubblica-Università-La rivolta degli eterni precari

La rivolta degli eterni precari Si allarga il fronte anti riforma: quarantasei gli atenei bloccati ricercatori Dopo quattordici anni di contratti a termine, nessuna garanz...

29/10/2004
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la Repubblica

La rivolta degli eterni precari
Si allarga il fronte anti riforma: quarantasei gli atenei bloccati
ricercatori
Dopo quattordici anni di contratti a termine, nessuna garanzia che un aspirante professore venga assunto E molti saranno costretti a emigrare
Un futuro sempre più incerto per chi vuole restare in istituto dopo la laurea. Anche i senati accademici in trincea contro il disegno di legge
Il progetto del ministro Moratti ha provocato una sollevazione nelle università di tutta Italia Ecco perché
MARIO REGGIO


ROMA - Mentre il governo intona il de profundis del ricercatore universitario, gli atenei vengono travolti da un'ondata di mobilitazioni e proteste. Fino ad ora sono 46 le università in rivolta. Il disegno di legge delega sul "riordino dello stato giuridico dei professori universitari", firmato dal ministro Moratti, è passato in commissione Cultura alla Camera, ma la discussione in aula è slittata a dicembre. Ma cosa ha spinto decine di migliaia di ricercatori di ruolo e precari a scendere in piazza contro il ddl, bloccando di fatto il nuovo anno accademico? E perché altre migliaia di docenti di ruolo, seguiti da decine di senati accademici, hanno chiesto il ritiro del progetto?
Contro il progetto di riforma è scesa in campo anche la Conferenza dei rettori, chiedendo alla Moratti di sospendere l'iter parlamentare per ridiscutere alcuni punti cruciali del disegno di legge. Tutto questo mentre da 3 anni sono bloccate le assunzioni e più di mille docenti che hanno vinto il concorso per associati e ordinari aspettano di essere assunti. Vediamo quali sono i nodi della contesa.
In primo luogo si cancella il ruolo dei ricercatori: i 21 mila che oggi hanno un contratto a tempo indeterminato andranno ad "esaurimento". Resteranno, quindi, solo i prof associati e ordinari. Dall'entrata in vigore della legge i "nuovi ricercatori", per ora oltre 50 mila, dopo il dottorato, saranno tutti precari, fino ad un massimo di otto anni. Diventeranno mai professori di ruolo? A questo punto la cosa si complica. Se una cattedra di associato diventa vacante l'ateneo può, se ne ha le risorse economiche, coprirla. Ma il vincitore avrà un contratto a termine, non superiore a sei anni. Dal dottorato sono ormai passati 14 anni, e diventa dura: o il non più giovane docente, siamo oltre i 40 anni, riesce ad entrare in ruolo, oppure deve rassegnarsi a fare il precario a vita, oppure cambia lavoro.
Ma le novità non finiscono qui. Ora i docenti universitari possono scegliere tra tempo pieno e tempo definito: i primi non possono fare lavori esterni all'università, i secondi possono svolgere un'attività privata. Questi ultimi hanno uno stipendio più basso rispetto ai primi. La riforma cancella il tempo definito: tutti prenderanno gli stessi emolumenti e potranno svolgere attività privata. Dovranno solo assicurare 350 ore l'anno di attività didattica, comprese 120 ore di docenza in aula. Un vero paradiso per consulenti, avvocati, commercialisti e ingegneri, che già oggi si vedono raramente nelle aule universitarie. E dove si prenderanno i soldi per pagare le differenze di stipendio? Confermando il principio che in Italia le riforme si fanno a costo zero, i 130 milioni di euro che servono verranno sottratti alle supplenze e agli incarichi oggi affidati ai ricercatori.
Uno dei cardini della riforma indica tra gli obiettivi il "potenziamento" della ricerca. Vediamo come. Ai ricercatori di ruolo, ai tecnici laureati che fanno lezione ed ai prof incaricati viene attribuito il titolo di prof aggiunto. Oggi un ricercatore non ha l'obbligo di insegnare agli studenti, ma può ottenere l'incarico di fare lezione gratis tra le 40 e le 80 ore l'anno. Diventando prof aggiunto, con la riforma, e con lo stesso stipendio sarà obbligato ad insegnare 120 ore l'anno. E la ricerca? Nel tempo libero.
Infine, ecco che cosa attende gli studenti di oggi che sognano di diventare futuri prof. Gli atenei potranno valutare e scegliere tra chi ha la laurea specialistica un certo numero di giovani per "svolgere attività di ricerca e didattica integrativa". I prescelti avranno un contratto di quattro anni rinnovabile per altri quattro. Al termine il contrattista potrà sperare in un concorso, per ottenere un contratto a tempo definito, questa volta tre anni più tre. E dopo 14 anni? Si metterà in fila sperando di vincere una cattedra da associato, ma sempre con un contratto a tempo determinato.
"È una proiezione ottimistica, i precari d'oggi dovranno aspettare ben oltre i 50 anni, prima di avere un contratto a tempo indeterminato - commenta Flaminia Saccà, ricercatrice, responsabile del settore per i Democratici di Sinistra - Oggi anche i 50 mila dottorandi, assegnisti e contrattisti fanno esami e seminari, altrimenti il sistema universitario si blocca. I ricercatori di ruolo, età media 45 anni, diventeranno il ramo secco dell'ateneo, buoni solo per la pensione. Con questa riforma la fuga di cervelli all'estero è già cominciata".


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