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Repubblica: "Il confronto va accettato ma lo spirito resti laico"

Giovanna Melandri: i bimbi non siano estranei ai simboli della comunità

20/12/2006
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la Repubblica

IL MINISTRO

Siamo alle prese con la costruzione del nostro modello d´integrazione per farlo bisognerà partire dalla Carta

CARMELO LOPAPA

ROMA - «Non si rispettano i bambini tenendoli al riparo dai simboli della comunità in cui vivono. Una società sicura di sé, senza complessi, accetta il confronto, non nega, non vieta. Ma attenzione: non bisogna neanche eccedere col formalismo, brandire le identità e farne strumenti di imposizione. Questo è un principio laico ineludibile. E lo stato italiano è uno stato laico, non cieco, ma laico, e così la scuola». Giovanna Melandri, ministro per le Politiche giovanili, condivide il monito del collega di governo Fioroni, ma il suo ragionamento si spinge oltre, è un invito ad aprire le scuole al pluralismo.
Il ministro dell´Istruzione giudica un errore scegliere i divieti contro i valori universali. Condivide?
«Nelle ultime settimane si sono verificati episodi che non enfatizzerei. Mi riferisco alla rinuncia ai presepi per non irritare sensibilità diverse: ritengo non corrispondano al sentimento diffuso del nostro Paese».
Ministro Melandri, e qual è il sentimento diffuso nei confronti dell´ "altro", nella società italiana?
«Penso che la nostra sia una società serena, consapevole della propria storia e della propria identità. Ma se, per garantire a tutti piena cittadinanza, nascondiamo sotto il tappeto i nostri simboli, i valori, allora creiamo una società complessata. Non è questo che serve per rafforzare il dialogo».
E cosa serve per creare una società che sia davvero plurale?
«Siamo alle prese con la costruzione del nostro modello di integrazione. Per farlo bisognerà partire dalla Costituzione, da questa splendida sessantenne che ci indica la via del rispetto degli altri, dell´eguaglianza, della libertà».
Già, ma a un vescovo è stata negata proprio la libertà di visitare una scuola di San Gimignano. Non è che i divieti siano il sintomo della paura dell´altro, più che dell´apertura?
«Il rischio di imitare il modello di integrazione francese c´è. Un modello che ha imboccato la via dell´eguaglianza formale e non sostanziale per gli immigrati e che ha portato a divieti come quello del velo. Allora dico: teniamo conto degli errori del radicalismo francese e superiamoli».
In che modo?
«Partendo dall´educazione, dai giovani. Ecco perché col ministro dell´Interno Amato abbiamo deciso di istituire una consulta delle associazioni giovanili. Partirà a gennaio e avrà lo scopo di costruire modelli di integrazione partendo dalle proposte dei ragazzi di diversa provenienza culturale. È un primo passo per garantire un´uguaglianza sostanziale, non solo fondata sui simboli, ai giovani e alla nostra società del domani».