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Repubblica: "È la selezione a migliorare gli atenei"

Il rettore della Bocconi: il male sono corrotti e corruttori

26/09/2007
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la Repubblica

La programmazione degli ingressi è funzionale a garantire il diritto pieno a studiare
ANGELO PROVASOLI*

caro direttore, la selezione ed il numero programmato degli accessi non sono il male assoluto dell´Università. Lo sono i corrotti e i corruttori. Abbandonare queste forme di controllo degli ingressi ai corsi di laurea non serve a migliorare la qualità degli studi e dei laureati ma, con molte probabilità, a peggiorarla. Immaginate di farvi curare da un medico che negli anni della sua formazione non ha potuto adeguatamente frequentare laboratori e corsie perché troppo affollati, perché le risorse umane, ovvero i professori, e quelle finanziarie erano inadeguate rispetto al numero di studenti regolarmente iscritti. Studiare è un diritto, poterlo fare in atenei adeguatamente attrezzati deve far parte di questo diritto. E poiché le risorse non sono infinite, anzi quelle riservate alla formazione sono particolarmente limitate, la programmazione degli ingressi è funzionale a garantire il diritto pieno a studiare.
Ma non è questo l´unico problema. Le Università italiane sono di fatto inserite in un sistema competitivo, un sistema imperfetto, va sempre ricordato, ma pur sempre competitivo. Imperfetto perché l´autonomia degli atenei è limitata, non potendo, per esempio, decidere i propri programmi di studio. Ma la competizione e la concorrenza tra atenei è una realtà di fatto che da tempo ha superato i ristretti confini italici, se non per tutti gli atenei almeno per i migliori, per quelli che si sono tenacemente preparati alla sfida internazionale. Il numero chiuso è uno degli strumenti che ci permettono di affrontare questa sfida. Vi faccio un esempio. In questi giorni è partita l´avventura dell´Università italo – cinese, il programma di double degree che nel campo degli studi economici coinvolge la Bocconi, la Luiss e la Fudan University di Shanghai. Per la prima volta, in Cina, 30 studenti italiani e 30 cinesi siedono nella stessa aula, seguono le stesse lezioni, sostengono gli stessi esami. E lo faranno per due anni: il primo a Shanghai, il secondo in Italia, a Milano o a Roma. Per potersi iscrivere all´Università i ragazzi cinesi hanno dovuto superare una selezione in Italia inimmaginabile: il test d´ingresso, infatti, viene superato da uno studente su mille. I restanti 999 non hanno nemmeno la possibilità di riprovarci. Un dato impressionante per noi, ma nulla in confronto a quanto succede in India, ad Hyderabad, dove il rapporto è di uno a 100mila. Sono questi i colleghi con i quali i nostri studenti competono oggi nelle aule universitarie e competeranno domani sul mercato del lavoro.
(l´autore è rettore dell´Università Bocconi di Milano)


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