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Repubblica: Bullismo, Fioroni all´attacco "In classe cellulari sempre spenti"

Parla il titolare della Pubblica istruzione. E invoca nuove restrizioni anche per i videogiochi

23/11/2006
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la Repubblica

Il ministro: troppa violenza, servono sanzioni per web e tv

Non servono circolari, a scuola i telefonini non vanno usati
tolleranza Troppe volte chi assiste a prepotenze non interviene

ROMA - Dopo gli episodi di bullismo e di violenza in alcune scuole interviene il ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni: «Mi preoccupa l´uso del cellulare a scuola, è chiaro che devono rimanere spenti. I ragazzi devono essere responsabili e attenti. Alcuni direttori scolastici regionali hanno già preso le loro misure. Ma in un Paese normale, in una scuola normale, il problema non è se gli alunni possano usare il cellulare in classe, ma semplicemente che lo studente segua la lezione, il docente catturi la sua attenzione. Il problema, insomma, non è sequestrare il telefonino. Né serve che io faccia una circolare per vietarne l´uso durante le lezioni. Se lo facessi mi sentirei un ministro della Pubblica istruzione ridicolo».
Telefonini a parte esistono però molte altre situazioni di disagio nelle scuole.
«C´è un´emergenza che però non va enfatizzata, ma che non deve essere sottovalutata perché rischia di minare alla base la credibilità dell´istituzione scolastica, perché si sta diffondendo un´idea di ingovernabilità e violenza che è appannaggio di un´infinitesimale minoranza, che riguarda sia gli insegnanti che gli studenti».
La scuola può fare qualcosa?
«La diffusione mediatica e la reazione corale alle quali abbiamo assistito in questi giorni vanno ribaltate: la scuola non può fare da surrogato alla comunità, alla famiglia, alle aggregazioni sociali. Insieme, scuola, famiglia e società civile si devono interrogare e creare una rete di prevenzione di lotta al bullismo e alla violenza. Per fare questo dobbiamo evitare la tentazione di ridurre la scuola a un argomento sul quale ognuno dice la sua, appare in televisione, prende ciò che gli è utile e poi scompare».
Che cosa serve allora?
«In primo luogo la scuola deve alzare la guardia della vigilanza democratica per individuare e vincere la violenza. È un vero impegno civico, che deve coinvolgere tutti i giorni studenti, genitori, insegnanti e non docenti. Tutti quelli che la scuola la vivono giorno dopo giorno».
Gli studenti che dicono?
«Abbiamo già coinvolto le Consulte provinciali studentesche, una grande risorsa democratica. Da loro arriverà un grande e prezioso contributo».
Ora sono entrati in campo video, internet e film.
«È certamente una novità che sconcerta. Ma è il segnale che la violenza come affermazione di sé diventa tale se ti consente di essere a qualunque costo protagonista. Dobbiamo cercare le contromisure».
Come?
«Dobbiamo partire da un principio: rendere patrimonio comune, quindi anche dei nostri ragazzi, uno dei principi fondanti della Repubblica. Vale a dire il rispetto della persona umana, che parte dal rispetto di se stessi, degli altri e dell´essere umano sempre e comunque. Uno sforzo che devono fare tutti i giorni la scuola, ma anche la famiglia e la società».
Esiste però un mercato mediatico che influisce sui comportamenti violenti dei giovani.
«Vengono diffusi videogiochi violenti, è in corso una campagna di aggressione sulle reti e sul web dove tutto passa senza alcun filtro. Siamo assistendo impotenti ad un´aggressione mediatica. Da video su internet, videogiochi, film, reality arrivano troppe incitazioni alla violenza. È il momento, ad esempio, di rivedere la commercializzazione dei videogiochi che vengono propinati ai minori. Non è un´opera d´arte quella che promulga la violenza per la violenza. Ho messo in piedi un´équipe di giuristi che devono studiare nuove regole per internet. Poi assieme al collega Clemente Mastella studieremo i provvedimenti per regolare il mercato. Non è pensabile che a fronte di un articolo o un servizio possa arrivare una querela ed una condanna al giornalista e al direttore della testata, mentre un sito o una tv non devono rispondere di quello che mandano in circolazione».
C´è altro che la preoccupa?
«Ci siamo trovati di fronte ad episodi nei quali c´è chi ha visto e non è intervenuto. Si è pericolosamente diffusa una concezione della tolleranza che viene recepita come assuefazione e adattamento. Se si dovesse ampliare questa area di spettatori indifferenti e apatici la scuola rischia di regredire. La risposta deve venire, specie nelle scuole superiori, dalla vigilanza degli studenti, dei genitori, dei docenti. Con loro ed un gruppo di ricercatori universitari ha creato un gruppo per studiare videogiochi innovativi che combattano la diffusione di quelli che propagandano la violenza