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Repubblica: Atenei, dialogo e qualità per uscire dalla crisi

ALDO SCHIAVONE

20/12/2006
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la Repubblica

La protesta grave e sofferta dei Rettori delle Università contro la Finanziaria approvata al Senato è l´epilogo - ancora vogliamo credere provvisorio - di una brutta storia italiana. Indicando come persone d´ora in poi non benvenute negli Atenei i ministri dell´attuale governo, la Conferenza dei Rettori si è assunta certo una responsabilità non piccola, ha messo in imbarazzo un ministro "amico", e ha confermato un´interpretazione esposta e - come dire - "di battaglia" del proprio ruolo, che può dispiacere al Corriere della Sera, ma che ormai va accettato per quello che è, nella frammentazione delle rappresentanze e degli interessi che caratterizza sempre di più il panorama sociale del Paese.
Si consuma così una lacerazione penosa, cui mai avremmo voluto assistere. Uno strappo politico tra il centrosinistra e quel mondo degli studi e della ricerca che avrebbe dovuto essere uno dei suoi alleati più importanti. Uno strappo istituzionale tra il governo e il sistema delle università, che apre una ferita nel nostro tessuto pubblico, già duramente provato e a rischio. Lo sconcerto è tanto più forte perché lo scontro riguarda cifre relativamente modeste nel bilancio dello Stato: non più di un paio di centinaia di milioni di euro. È stata senza dubbio sprecata un´occasione preziosa: con un piccolo sforzo si sarebbe arrivati a esiti completamente diversi, e si sarebbe rivolto a un settore decisivo per il nostro futuro quel segnale di svolta e di attenzione che purtroppo è rimasto confinato nelle pagine di un programma elettorale su questo amaramente disatteso.
Il Rettore della Statale di Milano Enrico Decleva, che è persona attenta e prudente, ha avanzato un sospetto che non esito a definire terribile: che cioè abbia pesato in questa ostinazione anche il retropensiero di non darla vinta al ministro Mussi (che si è molto speso per un risultato diverso), vista la sua scelta contraria alla nascita del partito democratico e all´attuale dirigenza diessina. Che l´Università sarebbe finita cioè stritolata nel gorgo di una sorda lotta di schieramenti. Mi auguro con tutto il cuore che sia un´idea infondata, e che siano altre e più remote le ragioni di questo disastro - quelle strutturali e di fondo legate alla storia delle nostre politiche pubbliche - di cui tante volte abbiamo scritto su questo giornale. Me lo auguro per l´Italia, per chi ci governa, per questa sinistra sempre al di sotto delle nostre attese, della nostra fedeltà e delle nostre speranze. Una parola andrebbe però detta in proposito, forte e chiara: ci pensino il Presidente del Consiglio e il Ministro dell´Economia. Ci pensi il segretario dei Ds.
Comunque, non bisogna rassegnarsi. Dal vicolo cieco in cui siamo finiti si può e si deve subito uscire. Mi permetto di indicare due punti da tener presenti per riprendere il dialogo.
Primo. Bisogna a tutti i costi aprire un confronto su come sterilizzare gli effetti del Decreto Bersani, che obbligano a un taglio pesante e indiscriminato di spese essenziali per la vita quotidiana degli Atenei (luce, telefono, riscaldamento, pulizia, eccettera). Un tempestivo gesto di disponibilità del governo - di tutto il governo - è indispensabile; come è indispensabile che la Crui non solo accetti immediatamente di sedere al tavolo della trattativa, ma ne proponga la costituzione. Una strada per iniziare potrebbe consistere in un´ipotesi di rateizzazione pluriennale della cifra che le Università dovrebbero restituire, in parallelo all´impegno da parte del governo di riportare al più presto l´ammontare del Fondo di finanziamento ordinario almeno ai valori reali del 2005, tenuto conto dell´inflazione.
Secondo. Contestualmente al raggiungimento di questo primo risultato, bisogna consolidare l´idea di legare il conferimento di risorse aggiuntive a un diverso criterio per la loro allocazione all´interno del sistema universitario. La proposta - da me formulata qualche settimana fa su questo giornale - di usare le nuove risorse per finanziare un fondo di premi e di incentivi di cui potrebbe disporre la costituenda Agenzia per la valutazione delle Università - di finanziare cioè la qualità degli Atenei - è sembrata incontrare il favore del Ministro, e non solo. È un dato incoraggiante, che va approfondito, verificato, precisato. L´Università ha bisogno nello stesso tempo di uscire dall´emergenza finanziaria in cui versa, e insieme di darsi regole più moderne e razionali per la destinazione delle maggiori risorse che giustamente chiede: regole che sviluppino l´autonomia, la responsabilità, la diversificazione e la competitività di ciascun Ateneo. Noi dobbiamo saper fare la nostra parte, che certo non è solo quella di escludere i ministri dalle nostre cerimonie. Il governo faccia la sua. Dice di voler iniziare a correre. Perché non cominciare da qui?


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