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Renzi lancia il suo piano scuola: sarà la fine della «supplentite»

L’accento sul merito per la carriera. Oggi le linee guida online

03/09/2014
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Corriere della sera

ROMA — Tecnicamente, non sarà una riforma. Anzi, per usare le parole di Matteo Renzi, non sarà «l’ennesima riforma della scuola». Nell’orizzonte del governo, infatti, c’è «un nuovo patto educativo». Ed è quello che si comincerà a intravedere questa mattina, quando sul sito dei mille giorni dell’esecutivo, quel passodopopasso.italia.it presentato ieri l’altro dal premier in persona, spunteranno una serie di linee guida sulla «svolta» nel mondo dell’educazione che Palazzo Chigi ha intenzione di imprimere nei prossimi mesi.
Il metodo che il governo userà su questo fronte è di quelli già rodati. Lo stesso con cui l’esecutivo ha affrontato finora il varo di due delle sue riforme più importanti, pubblica amministrazione e giustizia. «Si tratta di proposte, non di diktat “prendere o lasciare”», ha premesso Renzi alla vigilia, nella sua ormai tradizionale e-news. Traduzione: «Proporremo agli insegnanti di superare il meccanismo atroce del precariato permanente e della supplentite », altro neologismo che finisce in -ite che il premier mette a verbale all’indomani dell’«annuncite» citata lunedì. «Ma chiederemo loro», e cioè ai professori, «di accettare che gli scatti di carriera siano basati sul merito e non semplicemente sull’anzianità».
È una svolta radicale. Che si materializzerà, ovviamente, nel futuro prossimo. C’è un tempo, «dal 15 settembre al 15 novembre», fissato perché l’esecutivo possa raccogliere pareri e opinioni da tutti i protagonisti, tra cui Renzi cita soprattutto gli studenti. E un tempo, «da gennaio», perché le norme possano essere fissate nero su bianco anche in seguito a quella legge di Stabilità in cui saranno trovate «le prime risorse». Vale per la stabilizzazione dei precari. Ma anche per gli altri provvedimenti, dal cambio dei programmi scolastici («dalla storia dell’arte alla musica, dall’inglese al coding», la programmazione informativa) agli investimenti sull’edilizia.
La road map è fissata. Oggi verrà annunciata la linea del governo, dal 15 settembre partirà la consultazione, da gennaio ci sarà la riforma vera e propria. «Quella che stiamo elaborando non è la stabilizzazione dei precari», ha spiegato ieri Stefania Giannini, il ministro dell’Istruzione che per prima — dal Meeting di Comunione e liberazione — aveva parlato dell’addio ai supplenti. «Quello che vogliamo fare è mettere fine a questo metodo veramente negativo di essere consapevoli all’inizio dell’anno dei professori di cui c’è bisogno senza avere però i professori pronti». In gergo, come si leggerà nel documento di governo, le linee-guida sanciranno — nel mondo dei docenti — il passaggio dall’attuale «organico di diritto» al futuro «organico funzionale». E il tutto sarà fatto, come sottolinea anche il responsabile Welfare del Pd Davide Faraone, «attraverso il confronto con gli operatori del settore» e non attraverso «una riforma calata dall’alto».
Sul dossier la maggioranza sembra compatta. E il Pd ha già il disco verde del Nuovo centrodestra. Più problematico potrebbe essere il dialogo coi sindacati. Almeno a giudicare le parole consegnate ieri da Susanna Camusso a chi le chiedeva un giudizio sulla riforma della scuola. «Bisognerebbe smettere di dire che abbiamo una scuola disastrosa», ha scandito il segretario generale della Cgil. Che sia l’inizio di un confronto serrato o l’alba dell’ennesimo scontro lo si capirà presto. Già da oggi, forse.
Tommaso Labate


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