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Reclutamento tutto da definire

La legge 107 non sarà abrogata, resta il bonus merito

22/05/2018
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ItaliaOggi

La legge 107/2015 rimarrà in piedi, con alcuni correttivi. Le priorità dell'azione del prossimo ministro dell'istruzione, il cui nome dovrebbe essere reso noto nelle prossime ore, sono chiarite nel «Contratto per il governo del cambiamento» sottoscritto tra il leader del Movimento 5 stelle, Luigi Di Maio, e della Lega, Matteo Salvini. L'accordo non prevede l'abrogazione della legge 107, la cosiddetta riforma della Buona scuola del governo Renzi, ma solo il superamento (non la cancellazione) della chiamata diretta, restrizioni sui trasferimenti, lotta alle classi pollaio e alla precarietà e una rivisitazione dell'alternanza scuola lavoro. Resta in piedi, invece, il sistema di attribuzione del bonus merito ai docenti da parte del dirigente scolastico, il bonus dei 500 euro per l'aggiornamento attraverso la carta del docente, la formazione obbligatoria (che sarà potenziata e diventerà formazione continua).

Sulla mobilità, l'attuale sistema disegnato dalla legge 107/2015 prevede la cancellazione del diritto dei docenti alla sede di titolarità e l'assoggettamento alla chiamata diretta dei dirigenti scolastici. Lo strumento previsto dalla legge per l'assegnazione della sede è l'incarico triennale: ogni docente, all'esito della chiamata diretta, stipula un contratto con il preside che lo ha chiamato e ottiene un incarico di tre anni. Al termine dell'incarico il docente non matura alcun diritto a rimanere nella scuola dove ha insegnato per tre anni e tutto ricomincia da capo. Il perimetro territoriale entro il quale si svolge la procedura degli incarichi triennali è il cosiddetto ambito territoriale: un territorio esteso, mediamente, quanto due ex distretti scolastici.

La contrattazione collettiva ha introdotto delle deroghe a questo sistema, consentendo l'acquisizione della titolarità nel caso la domanda di trasferimento venga soddisfatta in una delle cinque scuole di preferenza esprimibili. Ma la chiamata diretta vige tuttora e riguarda tutti i neoimmessi in ruolo e, in ogni caso, tutti coloro che si trasferiscono su ambito oppure si trovino in situazioni di esubero. Nel contratto si afferma che «un altro dei fallimenti della c.d. Buona Scuola è stato determinato dalla possibilità della chiamata diretta dei docenti da parte del preside. Intendiamo superare questo strumento tanto inutile quanto dannoso». Ma il senso di questa affermazione si evince dalla premessa a questo periodo, laddove i contraenti stabiliscono di introdurre nuovi strumenti che tengano conto del legame dei docenti con il loro territorio per affrontare «all'origine il problema dei trasferimenti (ormai a livelli record), che non consentono un'adeguata continuità didattica».

In buona sostanza, dunque, più che andare verso un ripristino del diritto alla titolarità della sede, l'intenzione delle parti sembrerebbe quella di comprimere ulteriormente il diritto alla mobilità. Che peraltro discende direttamente dal diritto di stabilimento espressamente previsto dalla normativa europea.

Il contratto Lega-M5s non fa alcuna menzione di una eventuale rivisitazione della questione del merito. L'istituto è previsto dai commi 126-128 dell'articolo 1 della legge 107/2015. E prevede che i dirigenti scolastici, sulla base di criteri definiti dal comitato di valutazione, abbiano facoltà di elargire dazioni in denaro a docenti da loro individuati per premiarne il merito, traendole da un apposito fondo che sarà assegnato annualmente alle istituzioni scolastiche, la cui entità si aggira mediamente sui 25 mila euro. Le dazioni devono essere erogate sulla base di motivata valutazione. E le somme erogate hanno natura di retribuzione accessoria e, quindi, sono sottoposte ad un'imposizione tributaria che si aggira nell'ordine di circa un terzo dell'importo assegnato.

L'istituto, peraltro, è stato contrattualizzato nella parte relativa all'individuazione dei criteri, ma i margini di discrezionalità del dirigente restano molto ampi. Nessuna menzione nel contratto anche della questione relativa ai rimborsi per l'aggiornamento. Attualmente l'istituto consiste in una sorta di erogazione liberale con onere modale, pari a 500 euro, che non vengono materialmente versati in busta paga. L'impiego della relativa somma, infatti, è vincolato all'utilizzo di una complessa procedura informatica, che prevede anche l'utilizzo dello spid, e che obbliga i docenti a spendere il denaro informatico elargito sotto forma di voucher dalla piattaforma «carta del docente» solo in esercizi che risultino regolarmente accreditati nella piattaforma stessa. La difficoltà della procedura ha scoraggiato circa il 40% dei docenti aventi diritto, che si sono astenuti dallo spendere i 500 euro disponibili.

Il comma 44 della legge 107/2015 prevede che la formazione in servizio debba essere obbligatoria. La modifica nel senso della obbligatorietà della formazione senza una corrispondente modifica della prestazione a livello contrattuale fa sì che le relative attività debbano rientrare nel monte ore delle attività funzionali all'insegnamento destinati alle attività del collegio dei docenti. Anche su questo l'accordo Di Maio-Salvini non prevede alcuna modifica limitandosi a garantire ai docenti la formazione continua.

Sulla delicata questione dell'alternanza scuola-lavoro le parti hanno omesso di indicare intenti o soluzioni. Il testo dell'accordo contiene solo una critica a tale istituto: «Quello che avrebbe dovuto rappresentare un efficace strumento di formazione dello studente si è presto trasformato in un sistema inefficace... Uno strumento così delicato», si legge nel contratto, «che non preveda alcun controllo né sulla qualità delle attività svolte né sull'attitudine che queste hanno con il ciclo di studi dello studente, non può che considerarsi dannoso». In pratica le parti sembrerebbero orientate ad introdurre controlli o disposizioni tassative per limitare l'accesso all'alternanza.

Si prevede inoltre «una revisione del sistema di reclutamento dei docenti, per garantire da un lato il superamento delle criticità che in questi anni hanno condotto ad un cronico precariato e dall'altro un efficace sistema di formazione». Ad oggi il sistema della Buona scuola, a regime, prevede la cancellazione del valore abilitante dei concorsi a cattedra e, all'atto del superamento dei concorsi da parte dei candidati, assunzione con contratto a tempo determinato per tre anni, di cui due anni con uno stipendio di 400-500 euro al mese e l'ultimo anno con lo stipendio previsto per i supplenti. E solo al termine del triennio l'immissione in ruolo previo superamento di un esame davanti al dirigente scolastico. Il contratto parla di una nuova disciplina sul reclutamento, preceduta da una fase transitoria. Ma non dice quale. Dunque, non è possibile conoscere le intenzioni delle parti anche circa il destino dei concorsi riservati agli abilitati e ai titolari di tre anni di insegnamento. Riferimento, nell'intesa, al problema dei diplomati magistrali, quale sarà la soluzione è da vedere.


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