FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3954188
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » «Qui l’alta borghesia, di là invece i ceti bassi» Bufera sulla scuola

«Qui l’alta borghesia, di là invece i ceti bassi» Bufera sulla scuola

L’autopresentazione sul sito di un istituto di Roma «Nell’altro plesso più stranieri». La ministra: assurdo

16/01/2020
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera
Valentina Santarpia

Roma Non è la prima volta che succede, e forse non sarà neanche l’ultima, vista l’abitudine delle scuole di presentarsi in maniera accattivante (e a volte maldestra): il liceo Visconti, con la sua introduzione per «studenti alto-borghesi e senza disabili», due anni fa creò un caso. Come quello scoppiato per la descrizione della scuola di via Trionfale: una relazione risalente al 2011 e che solo ieri, dopo la denuncia di Leggo e la durissima posizione della ministra Lucia Azzolina, è stata rimossa.

«La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna — si leggeva nella auto-presentazione dell’istituto di Roma — accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana». Sul plesso di via Vallombrosa si andava ancora più a fondo: «Il plesso sulla via Cortina d’Ampezzo accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)».

I presidi

Netta la posizione dei dirigenti scolastici:

c’è il rischio di originare idee o forme classiste

Una distinzione «in base al rango socio-economico dei propri alunni» che va «contro ogni valore espresso dalla nostra Costituzione», rileva il sottosegretario Peppe De Cristofaro. Incalza Azzolina: «Non ha senso, la scuola dovrebbe sempre operare per favorire l’inclusione». Insistono i presidi: «C’è il rischio di originare idee o forme classiste». E il tentativo di rimediare la gaffe non risolve la questione. «I dati riportati nella presentazione della scuola, composta da quattro distinti plessi, in diversi contesti socio-culturali, sono da leggere come mera descrizione socio-economica del territorio, secondo le indicazioni del Miur per la redazione del Pof (piano di offerta formativa, ndr). L’istituto non ha mai posto in essere condotte discriminatorie nella ripartizione degli alunni nei diversi plessi o nelle diverse classi», si difende il consiglio di istituto.

La scuola dovrebbe sempre favorire l’inclusione. Descrivere la popolazione scolastica

per censo non ha alcun senso

Dunque, tutta colpa delle indicazioni del Miur? Non sembra. Il Rav, il documento di autovalutazione della scuola, pubblicato su scuolainchiaro.it, elenca i punti di debolezza e di forza dell’istituto. Ma in maniera molto diversa. «Il contesto socio-economico è disomogeneo poiché il territorio di riferimento, che insiste su due Municipi, include fasce di popolazione appartenenti al ceto alto e zone in cui è elevata la presenza di famiglie di cittadinanza non italiana, socialmente svantaggiate. La percentuale di alunni con bisogni educativi speciali raggiunge il 9 % del totale della popolazione scolastica. L’analisi della presenza di alunni con cittadinanza non italiana rispetto al totale della popolazione dei singoli plessi rileva disomogeneità: Trionfale 30%, Assarotti 29%, Taverna 19%, Vallombrosa 7%. Per la scuola secondaria di primo grado (...) il 25% ». Una descrizione asettica. «Come ci si sarebbe aspettato da una preside come Nunzia Marciano, aperta al sociale», commenta Mario Rusconi, presidente dei presidi del Lazio.

Il tentativo di difesa

L’istituto: nessuna discriminazione, è una mera descrizione socio economica della zona

La 58enne, napoletana di origini ma romana di adozioni, è infatti nota come la preside battagliera che 11 anni fa reggeva la Carlo Pisacane, la scuola romana col 90% di studenti immigrati, che si attirò le critiche dell’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno (An), e provocò la circolare Gelmini per il tetto del 30% di immigrati in classe. Una dirigente lungimirante, che avrebbe voluto intitolare la Pisacane, che ospitava 24 etnie diverse, a Tsunesaburo Makiguchi e al suo modello ispirato alla pace e al rispetto reciproco. Ma le fu vietato.