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Quando la scuola non aiuta i bambini disabili

Niente (o pochi) aiuti, niente (o poca) scuola. Così funziona l' integrazione scolastica ai tempi della crisi

02/10/2011
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Corriere della sera

di Federica Cavadini

La prima campanella è suonata ormai da un paio di settimane ma non per tutti. Ci sono bambini e ragazzi, dalle elementari alle superiori che a scuola possono andarci soltanto quando ci sono le condizioni: dal bidello che li accompagna in bagno e li aiuta a mangiare, al pullmino attrezzato per le sedie a rotelle, fino all' educatore e al maestro specializzato, di sostegno. Niente (o pochi) aiuti, niente (o poca) scuola. Così funziona l' integrazione scolastica ai tempi della crisi. La campanella è suonata ma per alcuni si cercano ancora soluzioni, si inventano, si media, si spalmano gli aiuti. E in tanti restano a casa. Alessandro, 9 anni, fa la quarta elementare alla statale Bocconi di Milano. Ha un handicap grave, «ritardo di sviluppo», avrebbe diritto all' insegnante di sostegno (tocca al Ministero) e agli educatori (tocca al Comune, che gira il denaro alle scuole per pagare le cooperative). Così è sulla carta. Ma le cose poi vanno diversamente: «A settembre mi chiama il preside, mi vergogno, dice mortificato, ma non ci sono i soldi per le cooperative, o paga lei o il bambino sta a casa fino a novembre», racconta la madre di Alessandro, che ha scritto al sindaco Pisapia («nessuna risposta»). «Allora ho fatto una donazione alla scuola e mio figlio adesso è con i suoi compagni. Certo, quando ho fatto il bollettino in Posta, 1.280 euro per cinque settimane di scuola, avevo il nodo alla gola. Ma non ci sono alternative». Come la mamma di Alessandro, in un angolo, da scacco matto, ci sono migliaia di genitori nelle scuole di Milano e di tutto il Paese. Sono forti, determinati, esausti, sempre propositivi. Se chiedi come si sentono danno tutti la stessa risposta. Soli. (Come si saranno sentiti i genitori della bambina down cancellata dalla foto di classe. Le scuse a quella famiglia sono arrivate quando la storia, l' altro giorno, è finita sui giornali). C' è il diritto allo studio e l' inclusione scolastica. Si possono fare, e vincere, cause e ricorsi. «Ormai ne presentiamo migliaia all' anno - dicono le associazioni -. Ma il problema resta». Il sistema non tiene più. È già crollato in Lombardia, dove quest' anno il numero delle certificazioni è salito del 15%, sono più di 30mila gli alunni disabili. E ci sono meno soldi, tagli ai fondi dell' Istruzione e a quelli degli enti locali. «Il numero degli insegnanti di sostegno è stato raddoppiato», dicono al Miur. Non basta. «I disabili hanno mediamente un' ora di sostegno al giorno», è il dato fornito dalla Ledha in un comunicato sullo «smantellamento dell' integrazione scolastica» dal titolo «Non ci stiamo» . «Non ci stiamo». Ormai è un movimento. Internet ha messo in rete le famiglie dei disabili, alle grandi associazioni si affiancano comitati, gruppi trasversali come i «genitori tosti», forum. Anche blogger. Come Barbara, mamma di Alexander, bimbo autistico di 7 anni, che in rete ( blackcat.bloggy-biz )racconta la sua storia da anni. Ha appena scritto che si vende la casa perché le spese per suo figlio sono tante e gli aiuti pochi. Ma è sulla scuola che dà battaglia. Alex frequenta le elementari in un paese vicino a Pavia. «Lo trattano come un paria, in classe con i compagni lo tengono al massimo un' ora al giorno, quando vado a prenderlo spesso lo ritrovo alla materna. L' integrazione? Quest' anno non so ancora quante ore avremo di sostegno e quale insegnante verrà». Ecco la testimonianza di Giovanna Laguaragnella, maestra di sostegno da 25 anni, oggi insegna alla Casa del sole, storica scuola elementare pubblica milanese. «Le famiglie sono abbandonate. Soltanto per i casi gravi è previsto il rapporto uno a uno quindi si chiedono insegnanti in deroga, per gli altri non c' è nulla e così salta la prevenzione per chi potrebbe recuperare. Noi abbiamo 24 disabili di cui otto gravi e la copertura c' è per nove». Ma l' emergenza non è legata soltanto al numero insufficiente degli insegnanti di sostegno. «Mancano formazione e aggiornamento e bisogna battere strade nuove, sperimentazioni - dice Laguaragnella -, dal metodo Feuerstein, Aba, Zardus, fino alla scuola online della Khan Achademy. Si può e si deve fare molto di più». «L' integrazione scolastica è una conquista del ' 68, un modello virtuoso che c' è soltanto in Italia e dobbiamo difenderlo. Ma così non sta in piedi - spiega Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish, federazione superamento handicap -. Siamo disposti a ridurre i numeri del sostegno ma bisogna formare i docenti non specializzati affinché possano prendere in carico i disabili. E bisogna rispettare la legge: non più di venti alunni per classe se c' è un disabile. Finché queste condizioni non saranno garantite noi sosterremo le famiglie nei ricorsi». Come già succede. Ma tanti bambini e ragazzi, intanto, restano a casa.