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Programmare a scuola, e se invece seguissimo l’esempio inglese?

In gran Bretagna un’ora a settimana di coding (in Italia è un’ora all’anno) e il governo ha appena investito altri 104 milioni. Ma i problemi non mancano specie tra i più grandi

16/12/2014
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Corriere della sera

Paola De CArolis

Per l’Ora del Coding, l’iniziativa internazionale per la programmazione dei computer, Downing Street si è riempita di bambini. Il primo ministro David Cameron si è sfilato la cravatta e rimboccato le maniche. Assieme a loro si è seduto davanti allo schermo e ha programmato. In giro per la Gran Bretagna cinque milioni di persone, tra cui molti bambini, hanno seguito il suo esempio. Se serviva una dimostrazione concreta che il cosiddetto «coding» è un argomento che oggi incute meno timore eccola nella forma dei numeri delle adesioni.

Se occorreva invece un’indicazione di come stia andando l’introduzione della programmazione come materia obbligatoria nelle scuole del Paese, l’impegno c’è, ma non basta, si deduce dalle parole del premier. Cameron ha infatti promesso un ulteriore investimento pari a 104 milioni di euro nell’arco di cinque anni che porterà nelle aule 2.500 insegnanti aggiuntivi oltre a dare la possibilità ad altri 15 mila docenti di approfondire la loro conoscenza del settore. A settembre la Gran Bretagna era diventata il primo Paese al mondo a inserire sul programma scolastico almeno una lezione settimanale di coding per tutti gli allievi dai cinque anni in su. Una rivoluzione digitale voluta dall’allora ministro per la scuola Michael Gove (in seguito spostato a un incarico minore) per far fronte non solo alla concorrenza dei Paesi asiatici, ma anche alla mancanza di personale specializzato nel mondo del lavoro.

A tre mesi dal via, è presto per trarre somme definitive, ma gli insegnanti, sul campo, indicano che le difficoltà ci sono. Mancano principalmente tempo e fondi. A sorpresa, forse, la fascia d’età che accusa più problemi è, stando a un’indagine della Bbc, quella delle superiori (ovvero dai tredici anni in su), mentre i bambini delle elementari sono quelli che si sono adeguati più facilmente. I fondi faranno sicuramente comodo a tutti. Bill Mitchell, della British Computer Society, sottolinea: «Quando si impara a programmare, ci si occupa anche del modo di pensare». Per l’esecutivo il coding è una priorità. «Ci vorrà tempo ma è fondamentale per questo Paese insegnare scienza, matematica e informatica in un modo moderno, che stia al passo con la tecnologia», ha sottolineato Cameron. Dalla Scozia alla Cornovaglia, intanto, si inseguono i progetti il cui obiettivo è di rendere la programmazione interessante e stimolante per tutte le età. Come MakerClub, un’organizzazione con base a Brighton che dall’esecutivo riceve 130 mila sterline l’anno. Assieme a diversi insegnanti specializzati e all’università di Brighton il gruppo sta creando una piattaforma interattiva da utilizzare nelle scuole durante l’ora di coding, con video link in diretta attraverso i quali gli allievi potranno discutere con esperti e con altre comunità di programmatori.

«L’utente, attraverso questa piattaforma potrà costruire un suo robot, o unirsi al progetto di qualcun altro» — racconta Simon Raley, amministratore delegato di MakerClub —. Per me l’aspetto molto interessante è che oltre alla programmazione questi ragazzi imparano come applicare la matematica e la fisica, materie che smettono di essere limitate ai libri di scuola e che trovano una dimensione pratica»’.


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