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Prof universitari contro finanziaria: «No agli scatti dal 2018-2020»

I docenti pronti a un nuovo sciopero degli esami: «Con le norme inserite nella manovra, ci vorranno dieci anni per recuperare quanto abbiamo perso col blocco degli stipendi». Oltre 11mila hanno aderito alla protesta lanciata in estate

04/11/2017
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Sono 11.241 i docenti universitari che hanno aderito allo sciopero promosso dal Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria. A tirare le somme, al 31 ottobre, ultimo giorno di mobilitazione che ha fatto saltare un appello della sessione d’esame, è il professore Carlo Vincenzo Ferraro - docente del Politecnico di Torino, anima e voce del Movimento - che sottolinea come «i colleghi che hanno aderito potrebbero essere anche di più, alcuni potrebbero aver comunicato il loro sciopero solo al Miur, o solo ai loro Rettori». Nel dettaglio: 990 docenti hanno scioperato a Roma La Sapienza, 556 alla Federico II di Napoli, 484 a Bologna, 469 a Bari, 440 a Palermo e altrettanti a Pisa.

Nuovo sciopero

Nel presentare il bilancio dell’inedita forma di protesta, il capofila del Movimento annuncia come «inevitabile» una nuova edizione dello sciopero. Perché i professori universitari, che avevano alzato la voce per ottenere una perequazione nel trattamento retributivo, ritengono di non essere stati minimamente ascoltati. Parlando della bozza della Manovra e delle richieste avanzate sugli scatti stipendiali, Ferraro boccia il provvedimento: «È nettamente insoddisfacente», dice. «La situazione per i docenti universitari precipita verso un punto di non ritorno».

Le norme contestate

I docenti chiedevano che i progressi in busta paga partissero dal gennaio 2015. «Invece pochissimi docenti avranno qualche euro nel 2020, la stragrande maggioranza li avrà solo nel 2021 o 2022». Il professore esprime preoccupazione non solo per gli aspetti finanziari, ma anche per il meccanismo «su base premiale» per l’attribuzione degli scatti, in deroga alla normativa attuale, e per la disponibilità in capo agli Atenei delle risorse non assegnate.

Dieci anni

L’intervento del governo (che costa 60 milioni nel 2018, 75 milioni nel 2019, 90 nel 2020, 120 milioni per il 2021 e 150 dal 2022 in poi) non recupera il pregresso, ma guarda al futuro e punta a favorire soprattutto i giovani (anche in chiave pensionistica) che sono stati più penalizzati. La norma prevede infatti che «con decorrenza dal 1° gennaio 2016 ed effetto economico a decorrere dall’anno 2018», il regime di progressione stipendiale triennale per classi su base premiale dei docenti universitari diventi biennale, come era in effetti prima del 2010 quando la riforma Gelmini allungò di un anno la progressione di carriera. «Noi chiedevamo la decorrenza economica dal 2015. Con questa scansione ci vorranno 10 anni per recuperare quanto abbiamo perso», spiega il docente torinese.


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