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«Priorità alla scuola, settembre è domani»

Manifestazioni in diciannove città: «Azzolina ci ascolti, servono investimenti per riaprire in sicurezza. La scuola non è uno schermo». La Ministra interviene in serata con un twit.

24/05/2020
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il manifesto

Shendi Veli - Giacomo Alberto Vieri

«Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza», la frase, di Antonio Gramsci, fa da sfondo alle 19 città scese in piazza per il diritto all’istruzione. Nonostante le molte precauzioni dovute all’emergenza sanitaria, il comitato «Priorità alla scuola» è riuscito a mobilitare migliaia di persone, coprendo lo stivale da Trapani a Vicenza.

«Abbiamo iniziato come un gruppo di amici, sparsi in varie città d’Italia, seriamente preoccupati per il silenzio che regnava sul destino della scuola» spiega Cristina Tagliabue, coordinatrice della piazza romana. E aggiunge «Ci chiediamo come è possibile che il Comitato ministeriale di esperti per stilare un piano per la riapertura delle scuole sia stato istituito solo pochi giorni fa. Per un terreno cruciale come l’istruzione bisognava muoversi molto prima. Bambini e ragazzi sono stati dimenticati».

ALLE PIAZZE CHIAMATE dal coordinamento autonomo «Priorità alla scuola» hanno aderito tante persone singole e tante realtà della galassia dell’istruzione, alcune da anni in lotta per un miglioramento delle condizioni di lavoro e di studio. A Roma, a pochi passi dal ministero dell’Istruzione si sono alternati al microfono insegnanti, precari, studenti, personale Ata e comitati di genitori.

Presente anche il nodo romano della rete femminista Non Una Di Meno, che oggi alle 17 coordina un’assemblea pubblica online  “Che fine ha fatto la scuola”, e alcuni sindacati di base. «La cosa grave che stanno facendo le istituzioni è proprio non fare nulla» afferma Mario Sanguinetti dei Cobas e conclude con un elenco di priorità: «Diminuzione degli alunni per classe, aumento del personale, stabilizzazione dei precari». Nel primo pomeriggio si era espresso a favore della mobilitazione anche il sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro (Leu): «Tornare semplicemente alla normalità già non bastava prima dell’emergenza sanitaria. Abbiamo bisogno di un grande investimento pubblico per invertire la tendenza dei tagli degli ultimi 30 anni» scrive sulla sua pagina facebook.

IL TEMA DELLE RISORSE da investire sulla scuola pubblica è stato il fulcro della protesta, insieme all’affermazione di un principio inderogabile: la didattica a distanza è uno strumento emergenziale che non può trovare spazio nei mesi futuri. «Si trovano i soldi per tante attività, adesso li devono trovare per la scuola, è una questione di scelte. Due cose devono essere messe in primo piano: la salute e l’importanza che come collettività diamo alla formazione dei nostri studenti» dice dalla piazza romana Francesco Cori dei Lavoratori autoconvocati della scuola.

IL CONNUBIO tra il diritto all’istruzione e quello alla salute ha plasmato i contenuti e le forme di questa iniziativa, che si è mossa sull’incerto terreno del manifestare ai tempi della pandemia. Continui i richiami dal megafono a mantenere le distanze, diffuso tra adulti e bambini l’uso delle mascherine, tanta l’attenzione reciproca nonostante la concitazione e il caldo del pomeriggio primaverile. A Milano, città particolarmente colpita dai contagi, si è scelto di prendere parola in una modalità più cauta: una protesta dislocata con l’affissione di striscioni davanti a 200 istituti scolastici.

A FIRENZE, uno dei presidi più partecipati, un coro di genitori, insegnanti e studenti, con lo sguardo rivolto a quel fatidico settembre che appare punteggiato ancora di troppe sospensioni. «Chiediamo» dice Costanza Margiotta, tra le prime promotrici del comitato «Priorità alla Scuola», «la riapertura in sicurezza, in presenza e in continuità, e una s-precarizzazione dell’istituzione scuola nel complesso».

OLTRE ALLA PREZIOSA sinergia tra personale scolastico e famiglie, è emersa da tutte le piazze la voce dei bambini e dei ragazzi. «Molti miei compagni non hanno una connessione internet perfetta ed è stato difficile rimanere in contatto con loro durante questi mesi» racconta Penelope, 10 anni e mezzo, dell’istituo Principe Amedeo di Garbatella. «Si sono persi tante cose in questi mesi, le cotte, le chiacchere, le gite. Cercavamo di tenerli lontani dagli schermi e adesso si pretende che facciano 5 ore al giorno di lezioni online» dice Emanuela Gregori del Comitato genitori Fratelli Banidera.

«SI È FATTO FINTA di non vedere che i ragazzi più fragili sono rimasti indietro. Sono un insegnante di sostegno e non sapevo che dire alle famiglie. Chiedevo di fare pressione sui ragazzi perché seguissero sapendo in cuor mio che alcuni erano impossibilitati a farlo» prosegue ancora Francesco Cori. Gli studenti delle superiori di Roma e provincia hanno già annunciato una giornata di protesta di fronte al Ministero dell’Istruzione per il 28 Maggio.
In serata è arrivato il twit della Ministra Azzolina che ha ribadito l’impegno del governo per una ripresa delle lezioni in presenza a settembre.