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Primavera referendaria, autunno più caldo

di Pippo Frisone

12/04/2016
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ScuolaOggi

Il 9 Aprile la Cgil ha dato il via alla lunga campagna referendaria con  la raccolta di almeno 500mila firme su tre quesiti abrogativi di alcune norme del Jobs Act : a) reintegro art.18 – b) voucher –  c) appalti.

E inoltre, sugli stessi banchetti della Cgil in contemporanea parte la raccolta di almeno 50mila firme su di una proposta di legge d'iniziativa popolare , meglio nota come “Carta dei diritti universali del lavoro”che manderebbe in soffitta, aggiornandolo, lo Statuto dei lavoratori, vecchio di 46 anni.

Ma in quegli stessi banchetti della Cgil non c'è spazio per raccogliere le firme anche sui quattro quesiti referendari sulla Buona Scuola di Renzi : il primo contro la chiamata diretta, il secondo sul comitato di valutazione del merito dei docenti, il terzo sullo school bonus alle scuole non statali e il  quarto contro l'alternanza scuola-lavoro.

Eppure la Flc-Cgil nazionale ha aderito e fa parte del comitato per il referendum, assieme a Cobas, Unicobas, Lip e decine di associazioni culturali e professionali. Garantito l'appoggio della Gilda.

Il 9 aprile i banchetti sul lancio dei referendum sulla Buona Scuola stavano in piazze e strade separate ed erano la plastica dimostrazione di una divisione che molti si augurano momentanea, da superare .

In fondo il bacino di raccolta è lo stesso, quello che una volta si riconosceva senza se e senza ma nel popolo di centro sinistra.

Popolo sempre più deluso da un governo e da un presidente del Consiglio che ha fatto delle scelte che guardano altrove, alle banche, alla finanza, ai petrolieri, alla grande industria ,  sempre più lontano dal mondo del lavoro e dalle sue rappresentanze sociali.

Se con Berlusconi c'è stata la morte della concertazione, con Renzi si è assistito via via non solo alla chiusura della cosiddetta “sala verde”, dove avvenivano gli incontri con i sindacati, ma anche alla fine d'ogni confronto e dialogo sociale. E quando quest'ultimo c'era, quel poco era spesso un dialogo tra sordi.

Come un dialogo tra sordi è stato quello in Parlamento sulla Buona Scuola, passata a colpi di fiducia. Come lo è stato quello sul Jobs  Act o quello tra Regioni e Governo sulle trivelle.

E quando finisce il dialogo e la politica arretra,  alle parti sociali o alle stesse istituzioni non resta che ricorrere al referendum, restituendo la parola ai cittadini .

A meno che, quello che oramai viene vissuto come un referendum su Renzi ed il suo Governo, vale a dire quello di ottobre sulla riforma della Costituzione, non mandi a casa con una solenne bocciatura il presidente del Consiglio e si vada alle elezioni anticipate.

In questo caso, che molti auspicano come una sfida all'O.K. Corrall, saltano tutte le procedure referendarie e bisognerà ricominciare tutto daccapo!

E con la caduta di Renzi, molti referendaristi tireranno più d'un sospiro di sollievo.

Ne siamo convinti e non solo per paura del quorum.


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