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Presidi-manager: se sono bravi gli studenti vanno meglio a scuola

La ricerca: migliori capacità manageriali annullerebbero le differenze nelle prove Ocse-Pisa. Ma più dell’autonomia contano formazione e valutazione dei capi d’istituto

20/03/2015
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Allenatori, sindaci, manager. E adesso anche artefici del successo scolastico degli studenti. Il disegno di legge sulla Buona Scuola ha acceso i riflettori sui presidi, ampliandone i poteri ed esaltandone il ruolo: potranno scegliere i docenti, intervenire sulla programmazione, premiare gli insegnanti con incrementi salariali. Bene, dicono le associazioni di categoria, se questo spazzerà il castello di carte e adempimenti burocratici che negli anni si sono accumulati sulle loro scrivanie: rapporti da scrivere, relazioni sindacali, contenzioso e ricorsi, responsabilità civile, contabile, erariale, sicurezza degli edifici, previdenza.

Autonomia

Più autonomia ai presidi e alle scuole? Un’occasione, ma solo se si dedicherà attenzione specifica ai processi di selezione, formazione e valutazione dei dirigenti, avverte uno studio di Università Bocconi, Università di Cagliari e Fondazione Agnelli. Altrimenti, un’opportunità sprecata. «Solo se i capi d’istituto saranno formati e selezionati in base alle capacità manageriali e i loro risultati saranno monitorati, il sistema scolastico migliorerà», afferma Fabiano Schivardi, che insieme ad Adriana Di Liberto e Giovanni Sulis, ha condotto un’analisi per misurare le abilità organizzative e dirigenziali dei presidi italiani usando la World Management Survey (WMS), metodologia sperimentata con successo in altri settori, dal manifatturiero alla sanità, che è stata estesa alle scuole e ha consentito di comparare il risultato con misurazioni analoghe effettuate in altri Paesi.

I risultati

Schivardi e gli altri autori hanno messo in relazione le capacità manageriali dei presidi con i risultati cognitivi degli studenti. La conclusione della ricerca è che la bravura del capo d’istituto nel gestire la scuola conta, e tende a produrre studenti che poi fanno meglio nei test standardizzati. Le pratiche manageriali hanno un effetto più forte sulle scuole che hanno sede in aree a background socioeconomico più basso. In termine di grandezza degli effetti, se le capacità dei presidi italiani fossero le stesse dei britannici gli studenti di casa nostra colmerebbero il gap che li separa dalla media Ocse nei test standardizzati Pisa.

L’autonomia non è tutto

I dati italiani, raccolti attraverso dettagliate interviste telefoniche a 400 presidi di scuole medie superiori, sembrano dire che le abilità organizzative dei dirigenti dei Paesi dove i vincoli normativi e burocratici sono più forti (Italia e Germania) sono inferiori a quelle degli altri (Regno Unito, Svezia, Canada, Usa), con i presidi italiani in fondo alla scala. Il ritardo che separa gli studenti italiani dalla media Ocse nei test Pisa di matematica, avverte però la ricerca, ha più a che fare con la selezione e la formazione dei dirigenti, che con la mancanza di autonomia. «I presidi italiani fanno peggio degli altri sia nelle aree soggette a vincoli istituzionali sia in quelle che ne sono esenti e inoltre i presidi delle scuole private, dove i vincoli sono minori, non ottengono valutazioni migliori rispetto a quelli delle scuole pubbliche», spiega Schivardi.

Valutazione

«Tradizionalmente i capi d’istituto italiani vengono da una carriera di insegnanti; non sono necessariamente richieste loro competenze di gestione, hanno un ruolo da ”primus inter pares” - dice Schivardi -. Questo è l’aspetto più delicato della riforma della scuola: quanto più i presidi avranno autonomia, tanto più conterà come sapranno usarla per amministrare bene. Sarà importante sia la selezione, sia aiutare i presidi a migliorare attraverso processi di formazione guidati che gli permettano di apprendere tecniche per gestire meglio le scuole che presiedono». E poi valutare come queste «funzionano» e intervenire quando i risultati non sono soddisfacenti, sottolinea il ricercatore. «L’esperienza internazionale ha dimostrato che dare autonomia in Paesi in cui livello socio-economico è molto diversificato, può portare ad aumentare il gap di rendimento degli studenti, favorendo quelli che vivono in quartieri più ricchi».

La ricerca

Il questionario alla base delle interviste era costituito da 23 domande inerenti le pratiche manageriali e le scelte organizzative: obiettivi, risorse umane, leadership, incentivi, monitoraggio. Tra gli elementi emersi dal confronto, una percentuale di donne (35%) maggiore della media internazionale, seppure distante dagli standard svedesi (44%); l’età media più alta (58,6, contro 48 in Canada e 50 nel Regno Unito). Qualità organizzativa e abilità manageriali variano poi per area geografica (più alte a Nord-est, meno per Sud e isole); per indirizzo di studi e complessità dell’istituto (più ai Licei che ai Tecnici); per ambito di specializzazione (i presidi «più bravi» sono quelli con formazione scientifica