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Potenziare l'autonomia. Garantire la qualità

Gian Carlo Sacchi

30/05/2012
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l'Unità

L’APPROVAZIONEALLACAMERADINUOVENORME SULL’AUTOGOVERNO DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE SICOLLOCANELL’ORIZZONTE DELLA PIENA REAlizzazione della loro autonomia; dopo la stagione della partecipazione, iniziata con i decreti delegati del 1974, si è infatti cercato di collegare sempre più efficacemente la vita della scuola allo sviluppo del territorio. In questo orizzonte si sono succedute la riforma degli enti locali del 1990, il riordino della pubblica amministrazione del 1997, la revisione del Titolo Quinto della Costituzione nel 2000 e i provvedimenti sul federalismo fiscale del 2009. Il tempo era ormai maturo per riformare anche la governance degli istituti, regolata da una legislazione ampiamente superata che ha visto l’autonomia scolastica progressivamente relegata al ruolo di vaso di coccio tra i vasi di ferro dell’amministrazione centrale (il Miur) e degli enti locali; ci sono però altri tasselli con i quali la riforma dell'autogoverno delle scuole si deve ora incastrare. Il decentramento delle competenze dello Stato non si è mai realizzato compiutamente e sarebbe molto opportuno cogliere, al Senato, l'occasione dell'imminente arrivo di questa riforma delle Autonomie Scolastiche per “incrociarla” con la discussione, tuttora in corso, sulla Carta delle Autonomie Locali. La prima e più importante azione di governo da compiere, però, è mettere finalmente mano all’applicazione delle nuove indicazioni del Titolo Quinto della Costituzione: c’è in questo senso un dispositivo da tempo preparato dalla Conferenza delle Regioni che ricolloca poteri e responsabilità rispetto alle legislazioni nazionale e regionali. Ogni istituzione scolastica autonoma è parte integrante del sistema nazionale di istruzione, oggi costituito da scuole statali e paritarie, ma nell'ottica del Titolo Quinto anche da altri organismi accreditati dalle Regioni e dagli enti locali nell’esercizio delle loro competenze specifiche. Componente imprescindibile dello sviluppo delle comunità locali in un’ottica di multilivello, la scuola, per essere capace di autoregolazione (anche in relazione all’utilizzo delle risorse, secondo previste modalità di programmazione regionale), ha urgente bisogno di quanto indicato dalla Costituzione per quanto riguarda le norme generali, i principi fondamentali ed i livelli essenziali delle prestazioni, emanati dallo Stato. In tale ottica, data l’elevata funzione sociale delle scuole, anche al fine di integrare i vari servizi educativi e formativi presenti sui territori, l’autonomia statutaria rappresenta un passo decisivo oltre il conferimento della personalità giuridica. Una legge in tal senso non si limita a scongiurare qualsiasi centralismo, ma cerca di irrobustire l’autonomia del “sistema formativo”, sia per la progettualità delle scuole, in parte già sostenuta da regolamenti in tal senso, sia per la capacità di realizzare forme di aggregazione (associazioni, reti e consorzi) che le aiutino a migliorare le proprie prestazioni e a rendere più efficace la loro azione: in questo modo potrebbe procedere anche una riorganizzazione degli istituti scolastici che proceda dal basso sulla base di esigenze e progetti formativi e territoriali, di pari passo con le unioni dei comuni, anziché a colpi di cieco e uniforme dimensionamento ministeriale, che va magari a spaccare unità territoriali naturali. Tutta la legislazione richiamata sta cercando, pur con qualche contraddizione, di ricostruire un governo del sistema educativo – scolastico – formativo, ai diversi livelli territoriali, che riparta dal basso, tenendo in alta considerazione il valore della partecipazione e il riconoscimento costituzionale degli organi della Repubblica (art. 117) tra i quali è “fatta salva” l’autonomia delle istituzioni scolastiche. L’autonomia dunque non è concessa all'istituzione scolastica, in una prospettiva di mero decentramento amministrativo dello Stato, ma è riconosciuta; per questo ciascuna di esse si dà una specifica configurazione istituzionale attraverso il proprio statuto. Gli statuti delle scuole devono interpretare le “norme generali dell’istruzione” e tradurle in offerta formativa per tutti i cittadini italiani, nell’ambito dei “livelli essenziali delle prestazioni”, e per la crescita dei singoli sul piano umano, culturale e professionale, come è oggi indicato dagli standard nazionali e locali e dovrà presto essere affermato attraverso le norme generali previste dal Titolo Quinto. In tale contesto famiglie, studenti, comunità locali, docenti dovranno potersi muovere autonomamente per garantire un’offerta sempre più qualificata, in un’ottica generale ma aderente alla realtà in cui la scuola opera, per poter incontrare i problemi e le aspettative che tale realtà esprime e nello stesso tempo contribuire a “collocare nel mondo” le donne e gli uomini di domani. Le nuove norme di autogoverno della scuola prevedono, opportunamente, la distinzione delle funzioni di indirizzo, professionali e di gestione, pur nell'integrazione tra di loro. Il dirigente scolastico è il rappresentante legale dell’istituzione, la garanzia della dimensione istituzionale, presiede i momenti strategici per l’impostazione della programmazione e risponde dei risultati; i docenti, sul piano individuale e collegiale, hanno “libertà di insegnamento” e sono perciò responsabili della progettazione e conduzione dell’impianto didattico, nonché della valutazione degli alunni. La presidenza del Consiglio dell’autonomia scolastica viene opportunamente mantenuta ad un rappresentante eletto delle famiglie, che contribuirà, assieme ad altri soggetti della comunità scolastica, alle funzioni di rappresentanza della scuola autonoma, sia nell’intraprendere intese e azioni locali, sia attraverso processi elettivi di livello regionale e nazionale. Così una scuola veramente autonoma non potrà sottrarsi a processi valutativi, per corrispondere agli standard indicati, ma prima di tutto come capacità di autoanalisi sulle proprie attività, in rapporto con le aspettative e su come riesce a promuovere il successo formativo, attraverso un proprio nucleo di valutazione. Obiettivi chiari, equilibrio tra i poteri, autovalutazione e bilancio sociale, controlli di legittimità; nel merito autonomia gestionale e di proposta e confronto sui risultati, senza interferenze. Sembra già di sentire certe obiezioni circa l’inadeguatezza delle scuole italiane a questa autonomia: è certamente una sfida, ma in diverse epoche esse hanno dimostrato risorse davvero sorprendenti, pur con tante difficoltà. La strada giusta sembra quella di potenziare l'autonomia delle scuole e aiutarle ad esprimersi e migliorare, non quella di appesantire l'agile testo attuale con norme che faranno rientrare dalla finestra il centralismo meritatamente cacciato dalla porta dopo che ha, purtroppo e palesemente, fallito l'obbiettivo di garantire alla scuola italiana uniformità nella qualità.


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