«Possibile la Maturità in classe» Le aperture di ministero e presidi
L’appello dello scrittore Paolo Giordano sul Corriere ha fatto breccia
Gianna Fregonara
L’appello dello scrittore Paolo Giordano sul Corriere ha fatto breccia. «Diamo ai maturandi una prova orale in carne e ossa. Dentro la loro scuola, con i loro insegnanti radunati ad ascoltarli — ha scritto ieri sul Corriere —. Prendiamoci questo impegno subito e mettiamolo fra le priorità, accanto agli aiuti economici alle famiglie, ai test sierologici e al calendario delle riaperture aziendali». Un appello al governo e alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che dovranno decidere come si svolgerà la maturità del coronavirus, la prima del Dopoguerra così ridotta e così strana. Ma è anche un appello a riflettere — nei giorni in cui si ragiona su come si torna a lavorare — sull’importanza dell’esame per i ragazzi: è per molti la prima volta che «il mondo si accorge di te, finalmente ti prende sul serio», scrive Giordano: «Si tratta di un’occasione unica, che non si ripeterà in seguito... Nessun surrogato digitale può sostituire quell’esperienza».
Nel decreto approvato due settimane fa è scritto che se non si tornerà a scuola entro il 18 maggio, si farà soltanto l’orale: è la stessa modalità che era stata usata dopo il terremoto dell’Aquila nel 2009 per i mille maturandi che erano rimasti senza casa, senza scuola e senza libri a due mesi dall’esame. Questa volta però per l’orale sono previste due modalità alternative: a scuola o via video da casa. La ministra Azzolina deciderà nelle prossime settimane. È favorevole a mantenere il più possibile l’esame a scuola, a chi le ha chiesto in questi giorni ha spiegato: «Ricevo tante lettere di studenti che mi chiedono un esame in presenza: sarebbe auspicabile, vedremo se le condizioni lo consentiranno». E difende la sua scelta di fare comunque l’esame, sebbene molto ridotto: «Non tutti in Europa hanno deciso come noi di mantenere l’esame, che è un momento importante, un rito di passaggio all’età adulta. Per me è stato uno dei momenti più belli della mia vita».
Anche la sua vice Anna Ascani (Pd) non esclude la prova a scuola: «Si potrebbe immaginare un orale in presenza. Quello che conta è che l’esame si faccia, per rispetto dei ragazzi e degli insegnanti, che stanno facendo lezione». E dentro le scuole che cosa pensano? Il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi Antonello Giannelli riconosce il valore rituale della prova: «Sarebbe auspicabile poterlo fare a scuola perché vuol dire che ci sono le condizioni di sicurezza. La Maturità è davvero un rito, del resto lo scorso anno sono stati promossi praticamente tutti: 99,7 per cento dei maturandi». Vero, ma poi ci sono anche i voti, magari la lode, c’è la necessità magari di avere punteggi alti per i concorsi o per accedere alle università straniere. E poi l’esame online non è stato mai provato, come spiega Mario Rusconi, capo del sindacato dei presidi del Lazio: «Lo studente di fronte alla commissione dà più garanzie, ed è più a suo agio, il mezzo telematico è più freddo e dovremmo assicurarci che nessuno sia presente con lui a suggerire».
I sindacati sono più dubbiosi e battono il tempo al governo e alla ministra: «Non siamo contrari all’esame a scuola — spiega Lena Gissi della Cisl — ma bisogna decidere presto perché vanno garantite le condizioni di sicurezza a studenti e professori: siamo qui ad aspettare il 18 maggio per sapere che esame sarà». Ma quello dei tempi è un altro tema: è possibile che il governo acceleri la decisione già nei prossimi giorni.