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«Positiva la svolta del Berchet» «No, è un esproprio del voto»

Docenti divisi sui compiti corretti e valutati da altri prof

13/03/2013
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Corriere della sera

«Troppo individualismo. Ogni insegnante è sovrano. Sacrosanto l'intervento per una valutazione degli studenti più omogenea». «Innovazione utile. Deve esserci uniformità». «Una strategia, non l'unica». Ma anche. «Siamo all'esproprio della valutazione. È l'annullamento dell'insegnamento».
Divide anche la seconda proposta del preside del liceo classico Berchet, che un anno fa aveva chiesto ai suoi insegnanti di evitare i voti bassi, «umilianti». Adesso ha introdotto la correzione (anche) trasversale delle prove scritte, con i professori che si scambiano le verifiche. «Per evitare storture. Per avere equità nella valutazione, oggi in molte scuole manca», ha spiegato Innocente Pessina, da quattro anni alla guida del liceo. «Una verifica che andrebbe affrontata più volte durante il quadrimestre». «Perché ci sono insegnanti che usano voti come manganelli».
Reazioni nel liceo di via Commenda. I professori, che un anno fa avevano respinto il primo invito, quello sui voti, adesso, sulla correzione incrociata, sono divisi. La sperimentazione è partita nel triennio, hanno detto sì a Pessina gli insegnanti di alcune materie. Ma prevalgono i no fra i colleghi del ginnasio. Le versioni di greco e latino non si toccano. Ognuno dà i voti ai suoi studenti.
E adesso il dibattito è aperto negli altri licei. Dai classici Manzoni e Parini agli scientifici Leonardo e Volta. Tutti d'accordo sulla premessa, il problema della valutazione va affrontato. «Non c'è omogeneità all'interno dello stesso istituto, figuriamoci fra scuole e città diverse», dice il preside del Parini, Arrigo Pedretti. «Basta guardare i tabelloni dei voti per vedere le differenze fra sezioni. Con la correzione incrociata i voti scenderanno o saliranno anche di tre punti. In particolare in alcune materie. Su un tema di italiano i giudizi possono essere opposti», dice Roberto Silvani, alla guida del Volta.
Anche il preside del classico Manzoni, che boccia il metodo Pessina («così si affronta un concorso per la magistratura») riconosce che sul tema della «equità di valutazione» occorre lavorare. «Da noi ogni anno il collegio docenti fissa parametri condivisi. Sul nostro sito c'è la circolare con criteri e modalità di verifiche e valutazioni», spiega Luigi Barbarino. «Le prove comuni per materia le facciamo due volte l'anno. Anche se ogni classe è diversa. Ma ognuno corregga le sue verifiche e valuti i suoi alunni».
Al liceo scientifico Leonardo da Vinci, la preside Maria Concetta Guerrera dice subito che presiede a tutti gli scrutini «per garantire che gli stessi criteri siano adottati in tutte le classi». Basta o anche il liceo di via Respighi introdurrà la correzione trasversale? «Non occorre, se i docenti lavorano in gruppo. Ci sono i dipartimenti (che riuniscono gli insegnanti di una stessa materia), strumento prezioso di autoanalisi, supporto, controllo».
«Ma i professori non comunicano fra loro. La nostra scuola, non soltanto il Parini, soffre di troppo individualismo. Paralizzata da micro conflitti. Ogni sezione fa repubblica a sé. I docenti, spesso eccellenti, non sanno però lavorare in équipe. C'è una spaccatura anche fra ginnasio e liceo, nello stesso istituto», è il giudizio di Arrigo Pedretti, che condivide la linea Berchet.
«Ogni insegnante è sovrano: è un problema che tocca soprattutto i licei, a partire dai classici», sostiene anche Roberto Silvani, alla guida dello scientifico Volta, anche lui favorevole alla soluzione Pessina. «In questi istituti il coordinamento è meno efficace, si sperimenta meno. Si guarda più al profitto dei singoli alunni che alla didattica dei professori». Altra battaglia (in corso) del preside del Berchet, le pagelle ai professori. Al Volta l'hanno vinta da tempo, come al linguistico Manzoni. «Qui da dieci anni gli studenti compilano questionari di valutazione sui professori. Ma sono ancora pochi gli istituti che lo fanno. Quello della scuola è un ambiente tradizionalista. Con forti resistenze davanti alle innovazioni».
Federica Cavadini
 


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