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Politecnico, inglese e Retromarcisti

di Beppe Severgnini

04/02/2018
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Corriere della sera

L a decisione del Consiglio di Stato, che vieta i corsi in inglese al Politecnico di Milano, mette tristezza. I corsi in questione sono 25, riguardano lauree magistrali e dottorati; ma hanno contribuito a portare 5.400 iscritti stranieri. Gioiscono i docenti che sono ricorsi al Tar nel 2013. Applaude l’Accademia della Crusca, che su altre questioni dimostra invece ammirevole apertura. Festeggiano i Retromarcisti italiani, che registrano un altro glorioso passo indietro.

  Nel 2012 ho parlato in aula magna al Politecnico: in inglese, per festeggiare la novità in arrivo. Gli studenti hanno capito tutto (a differenza di un paio di docenti); hanno riso, hanno risposto, hanno ragionato con me. Non eravamo provinciali succubi dell’imperialismo linguistico angloamericano. Eravamo italiani in possesso di due lingue. Un grande vantaggio, di cui pochi inglesi e americani godono.

  Perché la decisione del Consiglio di Stato è anacronistica e malinconica? Ve lo spiega Michele Spagnolo, classe 1994.

«Caro Severgnini, sono al quinto anno di Ingegneria fisica al Politecnico di Milano. Negli ultimi due anni ho seguito le lezioni, studiato e sostenuto gli esami in inglese. Oggi so tenere una conversazione scientifica in questa lingua, leggo e scrivo un testo senza sforzo, poiché uso l’inglese quotidianamente. Ora il Consiglio di Stato ha bloccato tutto questo. Scrivo a lei non solo perché la stimo, ma perché cinque anni fa, in quinta superiore, la scuola mi portò a Biennale Democrazia a Torino. Al teatro Carignano assistei a un suo dibattito col linguista Gianluigi Beccaria, proprio su questo tema. Lei difese con convinzione la scelta del Politecnico. Io ero d’accordo con lei all’epoca, lo sono ancora di più oggi, dopo aver vissuto questa esperienza».

  «Ho la sensazione che a questi apologeti della lingua italiana sfugga un dettaglio. Noi ingegneri siamo esseri bizzarri: parliamo ingegnerese, un miscuglio di tecnicismi di cui i suddetti ignorano probabilmente l’esistenza. Se la sentono di dire ai miei colleghi indiani che devono imparare a leggere i testi in italiano? Studiare ingegneria in inglese è un dovere perché la nostra comunità è internazionale: parla, scrive e lavora in questa lingua. Come si può non capirlo?»


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