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«Piattaforme collaudate e app, metteremo in rete le esperienze per dare strumenti a ogni Paese»

Stefania Giannini, direttore generale per l'Educazione dell'Unesco

06/03/2020
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Il Messaggero

L'Unesco ha lanciato l'allarme: sono ben 300milioni i bambini rimasti senza scuola a causa dell'allerta da coronavirus. Stefania Giannini, direttore generale per l'Educazione dell'Unesco, che cosa sta accadendo?
«Assistiamo ad un'emergenza veramente senza precedenti, non è mai accaduto niente di simile prima d'ora con queste dimensioni. In altri casi del passato, come per l'ebola, ci sono state comunità scolastiche costrette a rinunciare alla didattica per lungo tempo ma erano comunque in regioni circoscritte nel mondo».
In questo caso, però, l'emergenza da coronavirus è globale. «Sì, con questa diffusione globale si tratta di un'allerta senza precedenti e richiede quindi misure eccezionali».
Come la sospensione della didattica nelle scuole in Italia? «E' una misura eccezionale e sicuramente molto sofferta. Rientra in una serie di misure che possono contenere la rapidità della diffusione. Al momento sono 13 i Paesi che hanno fermato la didattica in tutte le scuole e altri 9 che hanno chiuso parzialmente».
Che cosa comporta?
«La prima conseguenza a cui penso è che con la didattica si sospende anche un diritto fondamentale come quello dell'educazione. Fermo restando che alla base ci sono motivazioni molto importanti».
Bisogna intervenire quindi anche sull'emergenza didattica. «Certo. Come Unesco ci stiamo concentrando sulla necessità di dare elementi utili per soluzioni concrete e immediate: stiamo organizzando una riunione virtuale, ovviamente online, aperta a tutti i ministri dell'istruzione. Il sistema educativo sta vivendo un momento complesso, dobbiamo mettere in rete le esperienze più efficaci, le cosiddette buone pratiche per diffondere e informare tutti i Paesi della possibilità di utilizzare strumenti che, di fatto, sono già disponibili».
La soluzione quale potrebbe essere?
«Stiamo raccogliendo ed esaminando le diverse pratiche dei vari sistemi scolastici: se l'attività didattica viene sospesa per una settimana, il problema si può risolvere facilmente. Se la sospensione si dovesse invece protrarre a lungo, sarebbe fondamentale trovare strategie concrete quanto prima ed è quello che vogliamo fare: in poco tempo metteremo a disposizione dei diversi Paesi gli strumenti più pratici ed operativi».
Quindi siete già pronti?
«Costruiremo rapidamente, in questi giorni, un deposito di strumenti già selezionati dall'Unesco sulla base dell'affidabilità e anche dell'aspetto linguistico. Prepariamo una base di esperienze di natura tecnica fornendo ai ministri e ai direttori generali la possibilità di confrontarsi su esperienze già fatte: per capire quali hanno funzionato e quali no, comprendendone i motivi in entrambi i casi».
Al via con piattaforme già collaudate e app.
«Sì, stiamo analizzando tutto, ovviamente privilegiamo le open source e i sistemi applicativi già in convenzione».
Quali esperienze valutate?
«A largo raggio. A cominciare da quelle delle scuole cinesi che, più di tutti, stanno vivendo l'assenza della didattica. L'istruzione non si può fermare così a lungo: il diritto alla salute è importantissimo ma lo è anche il diritto all'istruzione: dobbiamo garantirli entrambi. Facciamo uno sforzo per aiutare i Paesi su questa strada».
Cosa rischiano gli studenti?
«Inevitabilmente ci sono conseguenze negative quando la chiusura della didattica è così repentina, soprattutto poi se dovesse essere anche duratura: a rimetterci maggiormente sono i bambini e gli studenti meno avvantaggiati, quelli cioè che dispongono di un minor numero di strumenti utili in casa. Quelli che non hanno una famiglia che li può aiutare. Se si tratta di una chiusura breve il danno è minimo ma se si parla di uno stop di mesi, come in Cina, è necessario trovare subito misure compensative».
La scuola italiana ce la farà?
«In questo momento deve entrare in gioco il principio di resilienza: il saper adattare il sistema a tutto ciò che avviene intorno. L'Italia non ha implementato il piano digitale, dispone comunque di una struttura giù utilizzabile: ci sono scuole all'avanguardia, istituti che già utilizzano app che funzionano sui cellulari e possiamo proseguire su questa strada. Ma dobbiamo guardare anche a quei paesi che purtroppo non hanno la rete internet diffusa».
L.Loi.