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Petizione per le dimissioni della Ministra Giannini. Perché l’Università è una cosa seria

da Rete 29 aprile

21/03/2016
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ROARS

Di 20 marzo 2016 ore 12:42

L’Italia infatti figura oggi ultima dei Paesi OCSE per i fondi destinati all’Università e alla ricerca con un misero 1% del PIL; solo il 7% degli studenti italiani riceve una borsa di studio a fronte del 27% della Francia e del 30% della Germania, mentre le tasse universitarie sono cresciute del 51%. Negli ultimi anni più del 93% delle giovani leve della ricerca è stato espulso dal sistema universitario, mentre è drammatico il generale calo delle immatricolazioni (meno 70.000 iscritti in tre anni). Il rapporto docenti/studenti è il peggiore d’Europa e la docenza e’ la più anziana e la peggio pagata se messa in rapporto coi principali paesi OCSE. La totale assenza di  azione della Ministra è confermata da una lunga lista di inadempienze e di palesi incapacità gestionali e progettuali. Per avviare una fase nuova tra questo governo, le famiglie, gli studenti e i docenti universitari italiani, i sottoscrittori di questo appello ritengono che sia oggi urgente che la professoressa Giannini si faccia da parte e ne chiedono dunque le immediate dimissioni.

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Riceviamo da Rete 29 Aprile e volentieri pubblichiamo

Petizione per le dimissioni della Ministra Giannini.
Perché l’Università è una cosa seria

Negli ultimi due anni – ovvero nel lasso di tempo in cui Stefania Giannini (già Rettrice di una Università a statuto speciale) ha avuto il mandato di Ministra dell’Istruzione e dell’Università – il sistema italiano dell’alta formazione ha conosciuto uno dei periodi più bui della sua storia, vedendo aggravarsi in modo drammatico tutte le criticità ereditate dai precedenti ministeri.

L’Italia infatti figura oggi ultima dei Paesi OCSE per i fondi destinati all’Università e alla ricerca con un misero 1% del PIL; l’onere per l’accesso all’istruzione universitaria italiana è reso pesantissimo per le famiglie dallo smantellamento del diritto allo studio, se è vero che solo il 7% degli studenti italiani riceve una borsa di studio a fronte del 27% della Francia e del 30% della Germania, mentre le tasse universitarie sono cresciute del 51%. Negli ultimi anni più del 93% delle giovani leve della ricerca è stato espulso dal sistema universitario, mentre è drammatico il generale calo delle immatricolazioni (meno 70.000 iscritti in tre anni). Il rapporto docenti/studenti è il peggiore d’Europa e la docenza e’ la più anziana e la peggio pagata se messa in rapporto coi principali paesi OCSE.

La totale assenza di  azione della Ministra e’ confermata da una lunga lista di inadempienze e di palesi incapacità gestionali e progettuali:

  • l’incapacità di gestire il problema ormai drammatico del precariato della ricerca, col risultato che è stato necessario prima prorogare gli assegni di ricerca, poi i “ricercatori a tempo determinato di tipo B”  (RTD-B), mentre è frequente che l’età dei precari superi i 40 anni;
  • il mancato avvio dal 2013 della ASN (Abilitazione scientifica nazionale) prevista per legge – i cui termini sono stati nuovamente prorogati alla fine del 2016 – necessaria per produrre uno stabile ricambio generazionale della docenza (ad oggi quasi inesistente, a causa del blocco del turn over ancora in atto) e il mancato intervento sulle storture che hanno contraddistinto la prima tornata provocando numerosissimi ricorsi, molti vinti, con grande dispendio di risorse pubbliche e forti danni per i singoli;;
  • una gestione del ministero in questi anni penosamente inchinata (e inginocchiata) al volere dell’ANVUR, l’Agenzia di valutazione universitaria formata da un gruppo di “esperti” strapagati che ormai detta legge e ricatta il mondo universitario; si segnala che la Ministra non è stata nemmeno capace di sollevare il problema morale e politico – segnalato dal “controllo sociale” della comunità universitaria – di uno dei consiglieri dell’Anvur, che ha indegnamente “copiato” nella selezione per l’accesso al direttivo e che andrebbe mandato a casa per restituire un minimo di decenza a un organismo già ampiamente delegittimato;
  • l’incapacità di fornire un minimo di risposta politica e di interlocuzione civile a chi protesta per le assurdità del sistema di Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR), un sistema gestito dall’ANVUR in modo irrazionale e che produce una classifica delle università ampiamente illegittima che sara’ utilizzata dallo stesso ministero per una distribuzione delle risorse che acuisce e aggrava le differenze tra gli atenei e le diverse aree del paese;
  • il blocco degli scatti stipendiali per la docenza universitaria (unica tra le categorie non contrattualizzate del pubblico impiego) nel quinquennio 2011-2015 cui si e’ associato il non riconoscimento ai fini economici e giuridici del servizio prestato in questi anni. Proroga che ha colpito duramente la docenza universitaria e in particolare le giovani leve, rendendo la professione di docente sempre più delegittimata sul piano morale e materiale;
  • un sostanziale disinteresse nei confronti del Personale Tecnico Amministrativo degli atenei, anch’esso penalizzato da anni di blocco contrattuale oltre che ampiamente sottodimensionato rispetto ai compiti e agli obiettivi assegnati dal proliferare incontrollato di procedure burocratiche e amministrative;
  • una serie di annunci a raffica di cambiamento epocale, come nel caso dell’annunciata riforma degli accessi ai corsi di medicina, rivelatesi totalmente vuoti; delle roboanti dichiarazioni iniziali assolutamente nulla si è realizzato e il sistema è affondato nel caos, come dimostrano i numerosi ricorsi vinti dagli studenti sull’argomento;
  • un’incapacità assoluta di far funzionare il sistema a regime e una mortificante acquiescenza verso alcune gravi scelte strategiche (sia pur prese altrove): tra queste, la recente previsione della chiamata di 500 professori “eccellenti” o il nuovo ISEE per le borse di studio;
  • nessun programma chiaro sul sistema della ricerca e dell’Università, e un’assoluta incapacità di dialogo con la comunità universitaria nel suo complesso: le due occasioni “di ascolto” si sono rivelate soltanto spot utili allo storytelling governativo, privo di contenuti, anche perché è apparso a tutti chiaro che la politica universitaria e della ricerca procede per iniziative mediatiche che non passano neppure per il MIUR;
  • il cambiamento sotto i suoi occhi (per incapacità o per volontà, non sappiamo cosa sia peggio) della natura della ricerca pubblica italiana, reso palese dalla decisione del governo di cui fa parte di assegnare 1,5 Miliardi di € alla Fondazione privata IIT nei prossimi 10 anni, mentre il finanziamento al sistema della ricerca pubblica è stato tagliato di 1 Miliardo di € rispetto al 2008.

E questa lista potrebbe continuare.

Per avviare una fase nuova tra questo governo, le famiglie, gli studenti e i docenti universitari italiani, i sottoscrittori di questo appello ritengono che sia oggi urgente che la professoressa Giannini si faccia da parte.

Ne chiedono dunque le immediate dimissioni al fine di ripristinare un clima di vivibilità all’interno del sistema universitario; un clima finalmente capace di dare una risposta reale alle esigenze degli studenti, delle loro famiglie e dei giovani ricercatori e far così ripartire l’università italiana dalla quale dipende il benessere materiale e morale dell’intero paese.

Si invita il personale universitario (docente e non docente, precario e strutturato) a indicare in modo preferenziale una mail istituzionale all’atto della firma, oltre a segnalare sinteticamente posizione lavorativa (PO, PA, RU, RTd, Assegnista, etc…) e ateneo d’appartenenza .

L’appello è promosso dalla Rete29aprile ed è aperto a tutti i soggetti del mondo universitario, della scuola, della cultura e della società civile.

[La petizione può essere sottoscritta a questo link. Se sei d’accordo, aiutaci a farla  circolare!]


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