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Perchè oggi chi insegna fa un salto nel vuoto

Eraldo Affinati

23/04/2018
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la Repubblica

Ammesso e non concesso che la scuola sia davvero diventata il collettore delle frustrazioni sociali, delle inadempienze etiche, degli alibi spirituali, degli scarichi di responsabilità, smarrendo il prestigio che un tempo la contraddistingueva, la ragione dovremmo cercarla intorno a lei, alzando gli occhi dai banchi per guardare le persone coinvolte: giovani e adulti, insegnanti e famiglie. Nessuno vive in un’isola separata dal resto del mondo. In particolare l’istruzione nazionale, intesa come gigantesca macchina di trasmissione del pensiero e della tradizione, elaborazione della coscienza pubblica e dei miti collettivi, è dentro la scena, anzi la rappresenta in pieno.

Dove sarebbero i modelli virtuosi da indicare ai nostri adolescenti ribelli? Quali altri linguaggi i ragazzi dovrebbero parlare per contrapporsi al degrado comunicativo imperante? Io sono certo che la loro mancanza di concentrazione, l’inquietudine che li pervade, l’ansia da cui i migliori sono attraversati, non scaturisca dal nulla, ma sia un grido d’aiuto e chiami in causa le scelte che noi, magari senza rendercene conto, abbiamo fatto e continuiamo a fare. A cosa alludo? I limiti non osservati, la deflagrazione del desiderio, la decadenza delle gerarchie culturali, la frammentazione informativa, la crisi di molte istituzioni, lo squallido spettacolo della politica come ricerca del consenso, il rigetto di ogni difficoltà, la deresponsabilizzazione burocratica, il trionfo del mansionario e la sconfitta dell’iniziativa: credevamo che tutto ciò potesse non incidere nella formazione di un ragazzo? Pensavamo che la fine dei sistemi ideologici, il rompere le righe dell’impegno intellettuale militante, lo stravolgimento dei canoni di qualità in favore dei fatturati non avesse un prezzo?

Chi poteva presentarci il conto se non i giovani sui quali è destinato a ricadere tutto il peso della nostra silenziosa e drammatica rimozione della fatica quotidiana? Oggi entrare in un’aula scolastica significa compiere un salto nel vuoto: non hai più il sostegno della comunità educativa, sei da solo contro tutti. Devi parlare coi tuoi fantasmi interiori.

Rinnovare il futuro. Spezzare le catene del conformismo.

Accendere i fuochi. Scoprire le passioni. È impensabile che questo possa accadere senza una vera vocazione pedagogica. Perciò l’insegnante, da sempre ma ora più che mai, è obbligato a portare la soma. Tappare i buchi. Mantenere l’equilibrio.

Conservare la lucidità.

Ripristinare la dialettica. Essere amico e maestro, insieme. Se fallisce lui, bisogna saperlo, abbiamo perso tutti.


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