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Perché la scuola a distanza è un inganno

di Ernesto Galli della Loggia

05/12/2020
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Corriere della sera

La didattica a distanza (Dad), introdotta nelle scuole italiane come triste ma inevitabile effetto del Covid, è stata accolta da tutti come un mezzo per mantenere in vita comunque una parvenza di scuola. Non avevamo fatto i conti però con un’accoppiata micidiale: quella tra l’astrattezza dell’ideologia e le mirabilie che l’applicazione della tecnica rende in astratto possibili.

E d ecco allora la didattica a distanza riempire di entusiasmo molti tra i più «avanzati» esperti di pedagogia e dintorni, scatenandone le fantasie educative. Soprattutto alla radio non passa ora o quasi che non se ne senta qualcuno, spesso munito di usbergo accademico o ministeriale, decantare le magnifiche potenzialità della Dad. Che sciocchezza credere che insegnare e apprendere debba significare un rapporto tra persone che non potrà mai essere sostituito da un video! Bando a simili arcaismi. Piuttosto, viene detto, i docenti sappiano «reinventarsi», «interfacciarsi», «sperimentare», usino «le potenzialità del Web», il «social reading», cerchino di produrre tra gli allievi un «effetto engaging» magari attraverso una «logica di gamification» e così via fantasticando con il massimo sussiego da parte dell’«esperto» di turno. Naturalmente senza mai curarsi di chiarire in che modo, senza mai fare un esempio pratico, senza mai entrare nei dettagli.

Ora, a parte il trascurabile particolare che ancora oggi un terzo dei nuclei familiari italiani non sono in grado di fruire di una connessione internet decente e/o non possiedono un computer (dati Istat), sicché la Dad finisce per essere una terribile macchina di esclusione ai danni specie delle fasce povere e meridionali della popolazione, a parte ciò viene spontanea una domanda. Ma finora non ci era stato detto proprio dalla migliore pedagogia che la scuola in quanto istituzione «democratica» per eccellenza doveva essere luogo elettivo della socialità e dell’inclusività, che doveva essere concepita come una «comunità educante e di dialogo»,«di ricerca e di esperienza sociale» fondata sullo scambio continuo delle esperienze? Che ne è adesso di tutti questi magnifici obiettivi sbandierati per anni? Li conseguiremo seduti davanti a un computer interfacciandoci con uno schermo?


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