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Per una società decente: il presepio & altro

Da decenni, ormai, ogni dicembre ci porta la polemica “presepio si / presepio no”.

19/12/2014
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La Tecnica della Scuola

Da decenni, ormai, ogni dicembre ci porta la polemica “presepio si / presepio no”.

Polemica che, se si affrontata nella sua riduttività binaria (SI/NO), è assolutamente sterile e inutile, se non anche portatrice di scontri violenti e conflitti. La questione, infatti, va inquadrata in un altro modo, cambiando ottica.

Alcuni anni fa il filosofo ebreo Avishai Margalit pubblicò un testo intitolato La società decente (Milano, 1998) nel quale sosteneva che la ripartizione classica della cittadinanza in tre dimensioni – legale, politica, sociale - stabilita oltre mezzo secolo fa dallo studioso inglese Thomas Marshall, non era più sufficiente. Margalit sostiene così che la cittadinanza simbolica dovrebbe la quarta dimensione e il completamento della cittadinanza sociale.

La cittadinanza simbolica

Secondo Margalit la società decente è quella in cui le istituzioni non umiliano i cittadini, non li fanno vergognare dei loro comportamenti, dei valori e dei simboli in cui essi si riconoscono, ma ne rispettano la dignità e l’onore civico. Appartengono alla sfera simbolica non soltanto i simboli delle religioni ma anche quelli dell’alimentazione, dell’abbigliamento, del calendario e delle varie feste e ricorrenze.

Ed eccoci a noi: può la scuola essere il luogo nel quale si incentiva – come dice Alain Touraine - la “guerra dei simboli”? Oppure, per evitare ogni possibile scontro, vanno eliminati tutti i simnoli, riducendo gli ambienti di apprendimenti ad un “deserto” simbolico e relazionale?

Non togliere, ma aggiungere: la scuola come la casa comune dei simboli

Non si tratta cioè di togliere (pensando che uno spazio vuoto – deserto sia più accogliente) quanto piuttosto di aggiungere. Perché solo il presepio? E gli altri simboli dei ragazzi che vivono in quella scuola che fine fanno? Non hanno diritto di cittadinanza?

I ragazzi si riconoscono nelle loro aule e negli spazi educativi? Ritrovano solo il presepio o anche i simboli delle loro altre appartenenze religiose, culturali, valoriali? Si tratta di trasformare la scuola nella casa comune dei simboli. E, attenzione, non la casa dei simboli comuni !, perché a livello identitario esistono sia simboli comuni che simboli non comuni: ed è il classico caso delle appartenenze religiosi.

Io sono cristiano e il mio simbolo (il crocefisso) non può essere il simbolo “comune” con chi vive con me ma non è cristiano.

Da qui la necessità – educativa in primo luogo – di imparare a condividere la ricchezza degli spazi abitati da una pluralità di simboli. Che vanno rispettati e conosciuti.

Un modo, anche, per uscire dal provincialismo italiano. Basta fare un giro, ad esempio, negli aeroporti o al Municipio di Londra, progettato da Norman Foster.

Dove si trova sempre una sala della meditazione, aperta alle persone di tutte le religioni, e che raccoglie moltissimi simboli delle diverse religioni. E con indicata persino la direzione della Mecca…

Una società decente, appunto.


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