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Per studenti e prof ora si cercano i fondi

I perché del rinvio sulla scuola. Giannini ai rettori: salta il test di Medicina

29/08/2014
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Corriere della sera

ROMA — La rivoluzione della scuola è rimandata a settembre. Niente pacchetto sull’istruzione oggi in Consiglio dei ministri. Ieri sera, dopo l’incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, Matteo Renzi l’ha comunicato al ministro Stefania Giannini: il progetto che doveva far parte delle «misure bomba» del Consiglio di oggi si farà nel prossimo. Anche se a questo punto i tempi non sono più così pressanti: per ora il piano scuola è un dossier di slides, non ci sono misure operative. Per capire di quanti fondi si potrà disporre — soprattutto per la parte che riguarda gli insegnanti e i precari da assumere — bisognerà poi aspettare la legge di Stabilità e capire quanta «flessibilità» sui conti pubblici ci sarà concessa dall’Europa. In più, sul piano di assunzioni dei precari, ci sono da sciogliere i dubbi del ministero dell’Economia.
Non è slittato invece l’atteso incontro di ieri mattina fra i rettori e la Giannini per fare il punto sui contestatissimi test di Medicina di cui il ministro ha promesso l’abolizione. Un’intenzione ribadita fermamente anche ai rettori che pure continuano a non nascondere forti perplessità sul modello francese a cui la Giannini si ispira: iscrizioni aperte a tutti con sbarramento alla fine del primo anno. Soprattutto per l’onda d’urto che rischia di travolgere i nostri atenei se tutti quelli che finora tentavano il test (65 mila ad aprile scorso per 10 mila posti) dovessero trasformarsi in matricole. Secondo Giannini l’impatto di questo tsunami potrebbe essere ridimensionato spalmando gli studenti sui corsi di laurea affini. «I tecnici del ministero — spiega il rettore di Padova Giuseppe Zaccaria, presente all’incontro — lavorano all’ipotesi di un primo anno comune che raggruppi medicina, farmacia e biotecnologie consentendo così di assorbire un numero di iscritti ben superiore a quello attuale di Medicina». Durante questo primo anno (ma potrebbe trattarsi solo di sei mesi) agli studenti verrebbero impartiti gli insegnamenti di base comuni a questi indirizzi (chimica, fisica, biologica...) in modo che poi al second’anno i ragazzi possano essere smistati nei diversi corsi di laurea. «Io però — dice Zaccaria — non sono affatto convinto che la fisica che serve ai medici sia la stessa che serve agli infermieri. Quanto poi al sistema di selezione dei ragazzi, temo che affidarsi agli esami universitari anziché a dei test “ciechi” esponga i docenti a una serie di pressioni indebite per mandare avanti questo o quel ragazzo».
Roberto Lagalla, vice presidente della Conferenza dei rettori con delega alla Medicina, ci tiene a sottolineare che l’incontro di ieri si è svolto in un clima di grande collaborazione. Si trattava, del resto, di una riunione politica, non tecnica, in cui le anticipazioni fatte dal ministro Giannini ai rettori non si sono formalizzate in una proposta operativa che è ancora tutta da definire. Ma ammette che «le nostre obiezioni logistico-numeriche restano in piedi e il ministro ne è perfettamente consapevole». Sia Lagalla che Zaccaria vorrebbero mantenere una qualche forma di preselezione all’ingresso. «Il ministro non vuol sentire parlare di test? Potremmo allora affidare alle scuole il compito di orientare e selezionare i ragazzi che vogliono fare medicina già dal quarto anno delle superiori in modo da fare una prima scrematura», dice Zaccaria. Ma su questo, Lagalla ammette che non c’è convergenza di vedute con il ministro Giannini.
Gianna Fregonara
Orsola Riva