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Partono i test all’università e fioccano le prime proteste: “Scogli per il 40% dei corsi”

Da oggi 83.127 studenti affronteranno le prove di ammissione negli atenei. I rettori: “Aprire a tutti è impossibile, non abbiamo abbastanza fondi”

04/09/2018
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La Stampa

Il primo ricorso al Tar, a Milano, è già stato annunciato. Nel mirino c’è l’università Statale, dove ieri si è svolto il test d’accesso al corso di laurea in Lingue e letterature straniere, una prova che secondo l’Unione degli Universitari (Udu) «non è a norma». Le proteste sono già state organizzate: questa mattina a Roma flash mob ormai di tradizione davanti alla Sapienza, esattamente nel giorno in cui il meccanismo si mette in moto. A partire da oggi e fino al 26 ottobre, 83.127 studenti italiani affronteranno i test per l’ammissione ai corsi di laurea per l’anno accademico 2018/2019, riaccendendo il dibattito sulla validità del sistema di sbarramento varato nel 1999 con la legge 264.  

I dati confermano l’attrazione irresistibile delle matricole per Medicina e Odontoiatria. Crescono infatti le domande (67.005 rispetto alle 66.907 del 2017); in calo invece le richieste per Architettura (7.986 rispetto a 9.340) e, in modo meno vistoso, per Veterinaria (8.136 rispetto a 8.431). Per Medicina in lingua inglese 7.660 gli aspiranti, mentre l’anno scorso erano stati 7.021. Ma la novità del 2018 è l’aumento dei posti disponibili, con 679 unità in più a Medicina (9.779); 188 a Odontoiatria (1.096); 104 in più a Veterinaria (759); e addirittura 388 posti in più ad Architettura (7.211). Tra i candidati e il loro obiettivo ci sono 60 quesiti a cui rispondere in 100 minuti. 

La somma del numero programmato a livello nazionale e dei corsi a numero chiuso stabiliti a livello locale dalle singole università sta provocando però una generalizzata riduzione della possibilità di accesso. «Quasi il 40% dei corsi attivi in Italia ha una selezione all’ingresso - sottolinea Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Universitari -. Questo è un problema sociale, perché discrimina alcune categorie di studenti, come chi non può pagare centinaia di euro per prepararsi con gli Alpha Test. Ed è un sistema malato: lo dimostra il fatto che ogni anno avanziamo un numero importante di ricorsi».  

Ma per il presidente della Conferenza dei rettori italiani (Crui) Gaetano Manfredi, senza un’iniezione di risorse, indispensabile per garantire un numero di docenti e di infrastrutture in grado di soddisfare le esigenze degli studenti, la via è obbligata: «Per poter assicurare qualità formativa abbiamo necessità di una presenza di studenti ragionevole. Soprattutto è il numero dei ragazzi che aspirano a diventare medici a essere fuori scala, quindi i test sono necessari». Aggiustamenti però non sono esclusi: «Ho ventilato possibilità che si possa aumentare in modo ragionevole il numero a Medicina: facendo una rivalutazione, si potrebbe arrivare a 15mila, il 50% in più rispetto a oggi, ma va fatto progressivamente». Servono però maggior investimenti dello Stato: «Rispetto al picco del 2009 c’è stata una riduzione di circa un miliardo: si sono persi più di 10mila docenti, quindi il primo passo è ripristinare la situazione pre-crisi». 

Le alternative, intanto, fioriscono. Come ha segnalato il Consiglio nazionale degli Studenti universitari nel Rapporto 2018 , parlando di «proliferazione di università e organizzazioni private che garantiscono a tutti coloro che non riescono a passare il concorso di ammissione,di poter conseguire il titolo di studio iscrivendosi in un ateneo di un Paese estero». Uno dei casi definiti «eclatanti» è l’apertura a Enna di una succursale dell’università Dunarea de Jos di Galati , Romania, che ha attivato i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e Farmacia, entrambi in lingua rumena. Ma c’è anche chi sceglie di lasciare l’Italia. E sono molte le sedi straniere che offrono la possibilità di conseguire la laurea in uno dei corsi di studi a numero limitato in Italia: atenei convenzionati con università italiane si trovano in Romania e Albania.  


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