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Parma, appello del preside ai genitori: "Minacciati e assaliti, proteggete i vostri docenti"

"I bambini e i ragazzini ci fanno il dito in classe, ci insultano davanti a tutti, minacciano di denunciarci, ci rispondono volgarmente, ci sfidano e ci mettono in ridicolo. L'hanno imparato dagli adulti"

04/06/2018
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la Repubblica

"A scuola stiamo vivendo un periodo difficile, non solo perché maggio è il mese del nervosismo collettivo, ma perché con più intensità degli anni scorsi i nostri docenti sono sotto tiro. Attorno alla scuola si è stretto un vero e proprio assedio, che ci sta togliendo la serenità del lavoro e sta minando il nostro equilibrio".

Lo scrive in una lunga lettera Pier Paolo Eramo, preside dell'istituto  Salimbene - Sanvitale. Non una scuola di una periferia degradata del sud o di una città metropolitana ma un istituto nel cuore della ricca Parma.

"Le nostre classi sono difficili: gli alunni ci portano ogni giorno - oltre alla loro gioia di vivere e imparare - anche i dolori del mondo, le tante vicende delle famiglie, i conflitti e le ansie dei grandi. Molti di loro non riescono a stare fermi, sono tristi, provano rabbie di cui non capiscono l'origine, talvolta sono depressi, violenti, aggressivi. Alcuni sono perduti, disorientati, muti. Tanti stanno semplicemente male, e lo manifestano tutti i giorni con noi e con i loro compagni. Le classi di oggi non sono quelle che abbiamo frequentato da piccoli, perché la nostra società è cambiata radicalmente, portando dentro la scuola il disordine esterno, la fine dell'autorità e la frenesia del tutto qui e ora" scrive Eramo.

L'invito dell'insegnante ai genitori è a "proteggere i vostri docenti" perché il contesto in cui operano è difficile: "Riceviamo mail minacciose perché abbiamo accennato alla possibilità di una bocciatura, ci denunciano per una sospensione, ci assalgono per un 7 invece di un 8, ci accusano di essere violenti per un rimprovero; ci arrivano lettere di avvocati perché abbiamo messo una nota sul registro o sequestrato un cellulare. Ci gridano che ci rovineranno la carriera, che ci faranno perdere il posto. Qualcuno scrive al nostro direttore regionale, altri al provveditorato, all'amico deputato, al ministro, magari perché non lo abbiamo messo nella sezione che voleva. Capita che il preside sia tempestato di telefonate, il docente aspettato all'uscita, i corridoi violati da chi vuol andare nelle classi a risolvere lui i problemi dei figli. Giustificano comportamenti inaccettabili dicendoci che non siamo capaci a "interessare" il loro figlio. Ostentano le loro carte intestate e il loro status; cercano di farci sentire in colpa, inadeguati".
Atteggiamenti che si ripercuotono sui figli: "Molti alunni si comportano allo stesso modo, sono fuori controllo, senza orizzonte, senza direzione. I bambini e i ragazzini ci fanno il dito in classe, ci insultano davanti a tutti, minacciano (loro!) di denunciarci, ci rispondono volgarmente, ci sfidano e ci mettono in ridicolo. L'hanno imparato dagli adulti".

Quali i possibili rimedi ? "Spendiamo - suggerisce Eramo - l'energia di cui siamo capaci perché i nostri alunni imparino a essere prima di tutto cittadini buoni, e poi buoni architetti, artigiani, studiosi, commercianti, politici o imprenditori. Ci resta poca energia per difendere anche le mura della scuola, e la nostra dignità".

"La scuola è un santuario, dentro si svolgono riti inviolabili, come in chiesa. Nessuno sogna di suggerire al prete il modo di confessare, predicare, dire messa o celebrare la Pasqua. Fateci celebrare i nostri riti, che si chiamano lezione, laboratorio, gioco, scrutinio, esame. Ma anche richiamo, punizione, insufficienza, bocciatura. Regola. Rispetto. Obbedienza".
"Non esistono sostituti, non basta youtube né l'e-learning né whatsapp. Noi vi serviamo, nel senso più alto del termine, perché serviamo il Paese. Volete davvero una generazione di persone incapaci di tollerare una frustrazione, una sconfitta, una correzione ? Aggressivi e insolenti, senza disciplina, senza autocontrollo? Volete davvero che gli altri, gli educati, le persone "normali" si sentano una minoranza indifesa e perdano anche loro la fiducia in noi (e in voi) ?".
"Sia chiaro - conclude - proteggerci non significa accettarci come siamo: aiutateci a migliorare, fateci vedere quello che non vediamo, mostrateci il vostro punto di vista, manifestate il vostro disaccordo, chiedeteci di cambiare, se necessario. Ma fatelo con quel rispetto che si deve alle cose a cui tenete di più".


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