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Orari scaglionati, i presidi «Mancano prof e bidelli»

Per diversificare i turni serve il doppio del personale ma non si può assumere

18/10/2020
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Il Messaggero

Orari scaglionati per le scuole superiori e le università. Sarebbe questa la soluzione individuata ieri dal Cts per limitare il sovraffollamento degli autobus su cui il distanziamento è inesistente. Un'ipotesi che ora finirà sul tavolo del governo in vista del prossimo dpcm per cercare di risolvere un problema che riguarda soprattutto le grandi città. Ma in realtà, per le scuole, si tratta di una strada difficilmente percorribile. Per realizzare uno scaglionamento, più forte di quanto fatto finora, mancano le risorse. Dall'inizio dell'anno scolastico la maggior per te degli istituti ha organizzato gli ingressi e le uscite su turni, a distanza di 10-20 minuti l'uno dall'altro. In un'ora al massimo entrano tutti e, a fine lezioni, escono tutti. Una nuova organizzazione oraria che aiuta a limitare la presenza dei genitori e degli accompagnatori fuori dai cancelli, evitando gli assembramenti. Ma non basta a neutralizzare l'orario di punta del trasporto pubblico. Per quello, infatti servirebbe uno scaglionamento più forte. In pratica si tratterebbe di dilatare le lezioni in un orario che inizia la mattina e finisce il pomeriggio facendo arrivare gli studenti un po' per volta. E di conseguenza uscirebbero da scuola in piccoli gruppi. Si andrebbe ad alleggerire il carico del trasporto pubblico ma sarebbe necessario prevedere l'apertura degli istituti per molte più ore al giorno rispetto a quanto accade oggi. E non si tratterebbe solo di garantire la luce accesa o il riscaldamento nei periodi invernali, ma di tenere le lezioni in classe. Sarebbe quindi necessaria la presenza di docenti in cattedra e di bidelli nei corridoi, sia per la pulizia sia per la vigilanza. Anche oggi le scuole sono aperte fino alle 17 se non oltre, ma sono presenti solo poche persone tra la segreteria e la portineria. Fare lezione con le classi presenti a scuola è tutta un'altra cosa. «Le scuole non dispongono di queste risorse - spiega Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale dei presidi servirebbero un maggior numero di personale ata, soprattutto gli addetti alle pulizie dovrebbero essere molti di più. Direi quasi il doppio di quanti ce ne sono oggi». 
IL PERSONALEDati alla mano, il conto del Presidente dei dirigenti è chiaro: con un orario settimanale di 36 ore, un bidello è presente 6 ore al giorno per 6 giorni a settimana, nel caso di apertura del sabato, o 7 ore e 12 minuti al giorno per 5 giorni lavorativi. Quindi se la scuola apre alle 7:30 per accogliere i ragazzi alle 8, il bidello andrà via al massimo alle 14.45. E questo è l'orario standard. Per tenere la scuola aperta fino alle 17, se non oltre, servirà un'altra persona. Lo stesso discorso vale per i docenti:non è possibile organizzare gli orari per gli insegnanti con lezioni di tre ore al mattino e tre il pomeriggio. Quindi che cosa si fa? Non è pensabile assumere nuovi docenti e nuovi bidelli visto che, per queste esigenze, è già previsto il personale per l'emergenza Covid, circa 70 mila tra insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario, che servono a garantire la didattica così come è andata avanti in queste prime settimane. 
DIDATTICA A DISTANZAAnche l'idea di spostare online le lezioni delle scuole superiori, tutte o almeno quelle del terzo e quarto anno, non piace alle scuole. «Perdiamo la parte fondamentale della socializzazione e delle relazioni personali - continua Giannelli - e vengono meno tutte quelle ore di laboratorio che caratterizzano i percorsi di studio degli istituti tecnici e dei professionali. Non sono lezioni possibili da remoto, i ragazzi devono poter stare a scuola». I laboratori, basilari nei contesti professionali, sono tra i locali scolastici su cui più si è lavorato nel periodo estivo per la messa in sicurezza. Se nelle classi è stato complesso riuscire a creare il distanziamento di un metro, soprattutto in assenza dei banchi monoposto, nei laboratori i docenti e i tecnici hanno dovuto individuare spazi e distanze garantendo comunque la possibilità di muoversi in contesti sempre diversi. Non c'è infatti una regola comune. Quindi, dopo tanto lavoro, sarebbe assurdo privare gli studenti dell'attività laboratoriale che hanno scelto di seguire.
Ma i problemi restano e così le Regioni spingono per un incontro con il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, nelle prossime ore, per affrontare la questione prima della decisione definitiva del governo. Tra le proposte in campo, simile alla scelta del presidente De Luca per la Campania, c'è l'idea dell'Umbria di avviare un periodo sperimentale di 15 giorni di didattica a distanza quindi fino al 30 ottobre. Al momento però, il Cts non sembra prenderlo in considerazione.
Lorena Loiacono


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