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Nuova alternanza scuola lavoro: balzo in avanti o salto nel vuoto?

Fabrizio Dacrema

15/10/2015
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ScuolaOggi

Il Ministero dell’Istruzione ha emanato il primo provvedimento per attuare le nuove norme contenute nella legge 107/2015 sulle attività di alternanza scuola lavoro, una Guida Operativa di oltre novanta pagine dalla cui lettura le scuole non troveranno chiarezza nel modello da perseguire né soluzioni adeguate per individuare contesti lavorativi con cui realizzare percorsi formativi qualificati.

Il balzo in avanti nel rapporto scuola lavoro annunciato dal Ministro Giannini rischia così di trasformarsi in un salto nel vuoto.

Un modello confuso

La Guida Operativa non sembra sufficientemente consapevole delle novità impegnative introdotte dalla legge, prima fra tutte l’obbligo a un significativo monte ore di alternanza (200 e 400 ore nell’ultimo triennio rispettivamente dei licei e degli istituti tecnici e professionali). 

Raccoglie tutte le elaborazioni ministeriali riferite all’alternanza come è stata fino a oggi: una realtà molto frammentaria, la cui diffusione è in aumento, ma che coinvolge una minoranza di studenti (circa il 9 per cento della popolazione scolastica della secondaria superiore), in gran parte negli istituti professionali e tecnici per esperienze, in gran parte annuali o biennali, di durata media di circa 100 ore complessive.

La scelta di una significativa quota oraria obbligatoria fissata dalla legge supera queste pratiche di alternanza scuola-centriche e sostanzialmente “aggiuntive” al curricolo tradizionale. Come afferma la stessa Guida Operativa nel primo paragrafo “le caratteristiche intrinseche dell’alternanza scuola lavoro delineate dalle norme precedentemente emanate cambiano radicalmente”. Il contesto lavorativo diventa strutturalmente luogo di apprendimento, le competenze attese dalle esperienze di alternanza devono essere definite e innestate all’interno del curricolo, i percorsi sono co-progettati e co-gestiti.

Nella Guida Operativa, invece, vecchio e nuovo modello convivono e quasi traspare l’illusione che le cose possano anche continuare come prima (modello scuola-centrico). Un’incertezza più che comprensibile visto che le indicazioni ministeriali non offrono prospettive credibili sulle condizioni concrete  per realizzare la nuova alternanza.

In mezzo al guado però non si può stare: un consistente monte ore obbligatorio di alternanza implica che una quota del curricolo riferito al profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi sia appresa nell’interazione tra scuola e contesto lavorativo. Di qui l’inevitabile dimensione duale della nuova alternanza. Inutile aver paura delle parole e sostituire “curricolo duale” con “curricolo fondato sul raccordo tra scuola e mondo del lavoro”. Quando sono indispensabili - come lo sono con la legge 107 - co-progettazione, co-gestione attraverso due tutor (uno scolastico e l’altro aziendale), criteri condivisi per verifica e valutazione si deve riconoscere che siamo di fronte a una forma di apprendimento duale. E se ne devono trarre le dovute conseguenze.

Posti di lavoro senza capacità formativa accertata

Ovunque l’alternanza scuola lavoro è una cosa seria e il contesto lavorativo è un effettivo luogo di apprendimento, come dovrebbe essere in Italia dopo la legge 107, le imprese che interagiscono con le scuole devono essere dotate di capacità formativa accreditata.

Sui requisiti delle cosiddette “strutture ospitanti” stanno intervenendo diversi provvedimenti attuativi della Legge 107 e del Dlgs 81 (Jobs Act), senza al fine pervenire all’individuazione di una definizione univoca e di una procedura di accertamento della capacità formativa dei contesti lavorativi cui è affidato l’apprendimento di una parte essenziale del curricolo degli studenti.

La Guida Operativa sui requisiti delle strutture ospitanti si limita a indicazioni generiche circa l’adeguatezza delle capacità strutturali, tecnologiche e organizzative. Anche le competenze professionali dei tutor aziendali non sono precisate, tranne l’auspicio che posseggano adeguate esperienze, competenze professionali e…”didattiche”, si affermava in una prima stesura della Guida. Ma anche questa formulazione deve essere sembrata troppo improbabile e sostituita con la meno impegnativa competenza “di affiancamento formativo”.

Decisamente paradossale poi la soluzione trovata dalla Guida Operativa sulle procedure di individuazione delle imprese idonee all’alternanza. La Legge 107 aveva fatto ben sperare istituendo un Registro Nazionale nell’ambito del quale i Dirigenti Scolastici individuano le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili per i percorsi di alternanza. Ora la Guida Operativa sembra considerare l’appartenenza al Registro un mera dichiarazione di disponibilità da parte delle imprese e degli enti, cui non è richiesto alcun requisito minimo di capacità formativa. Non solo, è tale il timore di non trovare strutture ospitanti sufficienti per tutte le scuole, da spingere il Ministero ad affermare che il Dirigente Scolastico può stipulare le convenzioni per l’alternanza anche con imprese o enti non presenti nel Registro…

Se si arriva a contravvenire una chiara indicazione della legge (comma 40:“Il dirigente scolastico individua, all’interno del registro…”) significa che è davvero scarsa la fiducia di trovare, già da quest’anno per le sole classi terze, le strutture disponibili e idonee. Sono quindi evidenti i rischi di esperienze di alternanza dequalificate con imprese prive di capacità formativa oppure di finzioni per assolvere solo formalmente all’obbligo. Probabilmente si troveranno convenienti le opzioni per l’alternanza nei periodi estivi, benché maggiori siano i rischi di utilizzo degli studenti come manodopera gratuita da parte delle strutture ospitanti. In particolare i rischi di sfruttamento degli studenti e di dequalificazione dei percorsi formativi sono più evidenti nelle aree territoriali dal tessuto produttivo debole, come quelle del Mezzogiorno, e in quelle coinvolte da processi di crisi e di mobilità del personale.

Costruire le condizioni per l’alternanza qualificata per tutti

D’altra parte il deficit formativo del sistema produttivo italiano è purtroppo noto: sono davvero poche, meno di un terzo del totale, le imprese italiane che formano i propri dipendenti, la metà della media europea, e altrettanto al di sotto rispetto agli altri paesi sviluppati è la presenza tra gli occupati di lavoratori con alte qualifiche.

In questo quadro l’introduzione dell’obbligo come strumento per diffondere alternanza rischia di essere una scorciatoia inutile e dannosa se contemporaneamente non si promuove la capacità formativa delle imprese.

La logica adottata dalla Legge 107 deve essere capovolta. La giusta scelta di potenziare l’interazione tra scuola lavoro deve essere perseguita mettendo al primo posto l’obiettivo di costruire le condizioni per l’apprendimento basato sul lavoro.

Occorre promuovere e programmare la diffusione delle esperienze scuola lavoro in un quadro unitario attraverso l’utilizzo coordinato di tutti i dispositivi normativi (alternanza, apprendistato, tirocini), superando l’attuale assurda logica delle iniziative separate del Ministero dell’Istruzione e del Ministero del lavoro.

La prova dell’assenza di comunicazione tra i due Ministeri è evidente persino nel Decreto, già approvato in Conferenza Stato Regioni, sugli standard formativi dell’apprendistato che regola anche l’apprendistato in partnership con le scuole. Il decreto formalmente è “interministeriale” ma, con ogni probabilità, l’ultima parola è stata del Ministero del Lavoro visto che ignora i requisiti più impegnativi (si richiedono anche esperienze formative pregresse) indicati dalla Guida Operativa per le imprese che assumono apprendisti impegnati in un percorso scolastico.

Ancor più grave è che il Ministero del Lavoro abbia avviato una sperimentazione che punta a una via bassa all’apprendimento duale basata sulla canalizzazione precoce nell’istruzione e formazione professionale regionale, l’avvio del contratto di apprendistato a 15 anni, percorsi formativi separati e alternativi a quelli di istruzione e con metà del curricolo realizzato in aziende la cui capacità formativa non è accreditata. 

Alternanza e apprendistato finalizzato all’acquisizione di titoli di studio non possono essere considerati come due mondi separati e contrapposti, uno di competenza del Ministero dell’Istruzione e l’altro di competenza del Ministero del Lavoro. Sono due modalità con evidenti differenze ma, dopo la legge 107, accomunate dalla co-progettazione e dalla finalizzazione al conseguimento di titoli del sistema educativo e dei relativi profili educativi, culturali e professionali.

Una visione unitaria può permettere un approccio graduale e progressivo all’apprendimento basato sul lavoro che tenga conto della realtà italiana e utilizzi gli strumenti dell’alternanza e dell’apprendistato tendo conto dei diversi contesti in cui la scuola opera e dei necessari requisiti di qualità dei percorsi.

 

Il dialogo sociale per la via alta al rapporto scuola lavoro

Tutti i Paesi europei dove, pur con modelli diversi, l’apprendimento basato sul lavoro è una realtà positiva, diffusa e consolidata, hanno valorizzato a questo fine il dialogo sociale.

Colpisce a questo proposito che in quasi un centinaio di pagine di indicazioni operative, molte delle quali dedicate agli accordi tra scuola, territorio e mondo del lavoro, tra i soggetti con cui interagire non siano mai citate le organizzazioni sindacali quasi che le competenze che si apprendono nei contesti lavorativi non appartenessero alle persone che lavorano e le loro rappresentanze non avessero voce in capitolo nei rapporti scuola lavoro. 

Per rimettere le cose sul binario giusto occorre allora istituire immediatamente una Cabina di Regia Nazionale, con diramazioni regionali, per lo sviluppo del rapporto scuola lavoro in cui siano presenti le istituzioni coinvolte (Ministeri dell’Istruzione e del Lavoro, Regioni) e le Parti Sociali.

Occorre coinvolgere attivamente le Parti Sociali per realizzare accordi (settoriali, territoriali, di rete, di filiera, …) per la promozione e la diffusione delle esperienze di rapporto scuola lavoro. Non a caso le esperienze più avanzate realizzate nel nostro Paese sono il risultato di accordi sindacali (vedi esperienze Enel e Ducati).

Si tratta di un lavoro, magari poco appariscente e mediatico, ma indispensabile per creare le condizioni per diffondere interazioni di qualità tra scuola e lavoro: incentivare le imprese che sviluppano la propria capacità formativa, promuovere l’utilizzo integrato delle risorse disponibili (legge 107, legge 440, Fondi Europei, Fondi Interprofessionali) per la formazione dei tutor e delle professionalità educative nei posti di lavoro, introdurre negli accordi contrattuali riconoscimenti per il personale impegnato nelle esperienze scuola lavoro.


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