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Nota critica sul Regolamento per la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso per l’insegnamento nella scuola secondaria (DPR 14/02/2016 n. 19)

di Giuseppe Micheli

08/04/2016
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ROARS

Quando nei mesi di agosto/settembre 2015 la bozza di decreto di riforma delle classi di concorso è cominciata a circolare, ci sono stati numerosi interventi sui due punti forse più importanti del decreto medesimo, cioè 1. gli accorpamenti delle classi di concorso affini, e 2. la congruità fra titoli di accesso (laurea magistrale e requisiti curricolari) e classi di concorso per l’insegnamento. Ricordo fra tutti l’intervento estremante puntuale e lucido del collega Andrea Stella, pubblicato su ROARS in data 29 agosto 2015; sull’argomento era intervenuta anche la Commissione didattica della CRUI, ed io stesso, allora delegato alla didattica e alla formazione insegnanti del mio Ateneo. Lo stesso Consiglio di Stato, nel parere espresso in data 10/09/2015, era stato critico su questi specifici punti, così come le competenti Commissioni di Camera e Senato nei ‘pareri’ formulati; nell’ottobre 2015 il CUN era intervenuto con un documento estremamente articolato (ed è nuovamente intervenuto  in data 01/03/2016 a Regolamento emanato con una mozione in cui esprime critiche e chiede di essere coinvolto).

La revisione delle classi di concorso era prevista dal DL 112/2008, convertito con Legge 133/2008, che all’art. 64, comma 4, lett. a, parlava di “razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti”; tale esigenza veniva ribadita dalla Legge 107/2015 (comma 181, lett. b, n. 6) sempre per semplificare le procedure e rendere più flessibile l’impiego dei docenti, qui anche con riferimento “al sistema regolare di concorsi nazionali”, di cui al punto 2 del comma 181, lett. b, “fermo restando però – si legge al punto 6 sopra citato – l’accertamento delle competenze nelle discipline insegnate”;  su come si dovesse procedere lo indicava lo Schema di Piano programmatico, di cui all’art. 64, comma 3, del già citato DL 112/2008, a p. 12: “si provvederà – vi si legge – ad accorpare le classi di concorso con una comune matrice culturale e professionale, ai fini di una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti”. Questo in sintesi il quadro normativo entro il quale si collocava la riforma delle classi concorso, quadro normativo esplicitamente richiamato nel “Regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso […] a norma dell’art. 64, comma 4, lettera a, del DL 28 giugno 2008, n. 112 […]”.

In sostanza, si chiedeva:

  1. una riduzione delle classi di concorso, accorpando le classi affini (cioè “con una comune matrice culturale e professionale”), e questo per consentire – come si è detto – un utilizzo più flessibile dei docenti, tenendo però sempre presente la condizione imprescindibile della conoscenza delle discipline che il docente dovrà poi insegnare (e questo, sia per quanto riguarda l’accorpamento delle classi [=si accorpano classi che sono effettivamente affini], sia con riferimento alla individuazione delle lauree magistrali che consentono l’accesso all’insegnamento per quella classe [=il laureato per accedervi deve possedere ben definiti requisiti curricolari, cioè CFU in determinati SSD: in buona sostanza, il laureato deve conoscere le discipline che dovrà insegnare]);
  1. ma questo è proprio ciò che il nuovo decreto sulle classi concorsuali, almeno con riferimento ai requisiti curricolari, non fa, limitandosi a riproporre per lo più tale e quale (errori e imprecisioni compresi) il DM 22/2005 e il DM 39/1998 (e, per la corrispondenza fra classi di laurea il Decreto interministeriale 9 luglio 2009), cioè la normativa che si intendeva modificare.

Scendiamo più nei dettagli:

  • Riduzione-accorpamento delle classi di concorso (mi riferisco qui esclusivamente alla Tabella A, che riguarda le classi di concorso con cui si accede con laurea V.O. o specialistica o magistrale):
  • la riduzione-accorpamento riguarda un certo numero di classi di concorso; si tratta di accorpamenti che in molti casi si giustificano, in altri casi si giustificano molto meno. Faccio due esempi: 1. ‘Arte della ceramica’, ‘Arte del restauro, della ceramica e del vetro’, ‘Arte della decorazione e cottura dei prodotti ceramici’, ‘Laboratorio di arte della ceramica’ erano classi concorsuali distinte, ed ora sono accorpate nell’unica classe A-03, e questo è un accorpamento (come molti altri dello stesso tipo) pienamente giustificato; 2. ‘Elettronica’ (ex A034) ed ‘Elettrotecnica (ex A035), che erano due classi concorsuali distinte, sono ora accorpate nella nuova classe A-40 ‘Scienze tecnologiche elettroniche ed elettrotecniche’; qui però sorgono dei problemi (come si vedrà) per quanto riguarda le lauree magistrali che danno accesso alla nuova classe: vi si accede con la laurea in Elettronica (purché si abbiano i CFU in Elettrotecnica, che però il laureato in Elettronica non ha) o con la laurea in Elettrotecnica (purché sia abbiano i CFU in Elettronica, che però il laureato in Elettrotecnica non ha) o con una qualsivoglia altra laurea in Ingegneria (purché sia abbiano i CFU in Elettronica e in Elettrotecnica, che un laureato in altra laurea in Ingegneria non ha); in compenso il laureato in Fisica può accedere alla classe di concorso senza particolari requisiti.
  • Mancano invece accorpamenti di maggior significato, a partire da quelli già anticipati dal Decreto con cui veniva attivato il TFA secondo ciclo, dove erano accorpate le classi di concorso dei cosiddetti 5 ambiti disciplinari verticali, che nella Tabella A tornano (paradossalmente!) ad essere 10 classi di concorso distinte; di più, almeno ‘Matematica’ (ex A047) e ‘Matematica applicata’ (ex A048), entrambe per le superiori, potevano essere sensatamente accorpate, ed invece vengono mantenute distinte (rispettivamente A-26 e A-47), con i problemi cui si accennerà più sotto; così per ‘Filosofia e storia’ (ex A037) e ‘Filosofia, psicologia e scienze dell’educazione’ (ex A036), che potevano forse essere accorpate – e se ne era parlato – ed invece vengono mantenute separate (rispettivamente A-17 e A-18);

Ma le maggiori criticità riguardano il punto che segue:

Individuazione delle classi di laurea magistrale per l’accesso alla classe di concorso

Per quanto riguarda l’individuazione delle classi di laurea magistrale che consentono l’accesso alle singole classi concorsuali la legge 107/2015 (come già peraltro il DL 112/2008, e lo Schema di piano programmatico che ne discendeva) auspicava un loro ampliamento, a condizione però che fossero garantite le competenze nelle discipline insegnate, cioè il laureato deve conoscere le discipline che dovrà insegnare (legge107, c. 181, lett. b, n. 6). Anche questo auspicio – ampliare il numero delle lauree con cui si può accedere all’insegna­mento – è da ritenersi più che ragionevole: la “comune matrice culturale e professionale”, oltre che criterio per accorpare le classi di concorso affini, avrebbe dovuto essere il criterio con il quale si doveva procedere all’individuazione dei corsi di laurea magistrali che consentono l’accesso ad una determinata classe di concorso (e, si noti, ciò era detto in forma esplicita nella normativa citata, e a questo criterio nella relazione illustrativa afferma di richiamarsi l’estensore della tabella A).

Ora, questo auspicio – ripeto più che ragionevole – come poteva (e doveva) essere interpretato? Credo in quest’unico modo: possono accedere a una determinata classe concorsuale tutte le lauree magistrali che nel decreto relativo a quella classe (vedi Decreti relativi alle classi di laurea magistrale riordinate ai sensi del DM 270/2004) hanno fra le attività caratterizzanti i SSD (tutti o almeno in buona parte) relativi alle discipline che dovranno essere insegnate, e che la Tabella A riporta infatti come requisiti curricolari necessari per l’accesso alla classe di concorso. Ma vediamo come nel decreto sulle nuove classi si dà attuazione a questo auspicio (anche se – va detto – rispetto alla bozza uscita ad agosto alcune delle incongruenze più macroscopiche, che erano state segnalate, sono state corrette) :

  • in molti casi il nuovo decreto allarga in maniera indiscriminata il numero di lauree magistrali, inserendo in elenco per quella classe di concorso, classi di laurea magistrale che non prevedono nel decreto che le istituisce nessuno (o pochissimi) dei SSD relativi alle discipline insegnate e richiesti, giustamente, come requisito curricolare necessario. Mi limito ad un paio di esempi:
  • Matematica (A-26; ex A047): qui si elencano ben 29 classi di laurea magistrale che sono titolo valido per l’accesso alla classe di concorso, a condizione però che si siano acquisiti (requisiti curricolari obbligatori) ben 80 CFU in MAT/02, MAT/03, MAT/05, MAT/06 e MAT/08; peccato che per la quasi totalità delle 29 classi di laurea magistrale elencate (con l’eccezione ovviamente di Matematica) i SSD indicati non siano presenti, o siano presenti per decisione di alcune sedi soltanto (e soltanto alcuni) fra le attività affini e integrative (dove i CFU acquisibili sono in genere non più di 12); alcuni di questi SSD compaiono fra le attività di base e caratterizzanti di alcune delle triennali di riferimento, ma è pressoché impossibile che in molte di queste classi il laureato possa acquisire gli 80 CFU richiesti; paradosso nel paradosso, a ‘Scienze matematiche applicate’ (A-47, ex A048) – una classe di concorso che, come si è detto, sarebbe stato più che ragionevole per ragioni di affinità accorpare a ‘Matematica’ (A-26) – si può accedere con ben 31 classi di laurea magistrale ma senza alcun requisito curricolare! (per cui potrebbe accedere alla classe un laureato, ad es., in LM-3 ‘Architettura del paesaggio’, che non ha acquisito nessun CFU nei SSD di Matematica, mentre per accedere alla classe affine A-26 ‘Matematica’ allo stesso laureato gliene sono chiesti ben 80, che però ben difficilmente può acquisire perché non previsti né dalla triennale né dalla magistrale);
  • alla nuova classe A-40, che risulta dall’accorpamento della A034-Elettronica e dalla A035 – Elettrotecnica, si può accedere con la laurea in Fisica LM-17 (senza requisiti) con la laurea in Elettronica (ma con i CFU di Elettrotecnica), con quella in Elettrotecnica (ma con i requisiti di Elettronica) e con tutte le restanti laure di area ingegneristica purché abbiano almeno 48 CFU in SSD (elettrotecnica e elettronica), che nei loro percorsi non sono previsti… Evidentemente, in questo caso l’accorpamento non aveva senso.

Ma allora ci si chiede (cf. intervento di Andrea Stella su Roars del 29/08/2015) che senso ha elencare tutti quei corsi di laurea magistrale quando non c’è nessuna possibilità per lo studente  che li frequenta di acquisire i CFU nei SSD richiesti (nemmeno conteggiando i CFU delle triennali di riferimento)? E questo per la semplice ragione che si tratta di SSD che non sono per nulla coerenti – e per questo, a ragione, non sono previsti dal decreto relativo a quella classe! – col percorso formativo in questione.

Quindi:

  • o l’indicazione di molte delle lauree indicate per ciascuna classe di concorso è del tutto inutile, e allora la flessibilità è solo apparente;
  • oppure – sotto sotto – rischia di passare il messaggio che la laurea magistrale richiesta per accedere all’insegnamento non è necessario sia concepita come un percorso – sia pure flessibile – che abbia però una qualche coerenza interna con le discipline che si dovranno insegnare (alla faccia della “comune matrice culturale e professionale”!); basta che sia una laurea, e i requisiti curricolari, cioè i CFU nei SSD relativi alle discipline oggetto di insegnamento – sono pensati come qualcosa che si ‘raccatta’ qua e là, senza alcuna relazione con il percorso frequentato, triennale prima e magistrale poi, con il pericolo che si apra la ‘caccia’ ai CFU mancanti, e relativo ‘mercato’…

Un caso particolarmente grave è rappresentato dalla classe di concorso A-28 (ex A059) ‘Matematica e scienze’ nella scuola media: qui si elencano ben 22 classi di laurea magistrale che costituiscono tutte titolo valido per l’accesso, ma se conseguite a partire dall’a.a. 2019/20 (e quindi la cosa riguarda chi si è immatricolato con l’a.a. 2015/16), lo sono solo se si sono conseguiti almeno 132 (!) CFU, di cui almeno 90 (!) nella triennale, in una serie di SSD che vanno dalla matematica, alla fisica, alla biologia, all’informatica, alla statistica, alle scienze della terra, alla chimica, ecc., che con nessuna delle 22 lauree magistrali (e triennali di provenienza) elencate si possono conseguire nella loro totalità, se non stravolgendo i percorsi formativi magistrali (e triennali) seguiti; è stata fatta la proposta di scindere la classe in due, separando nella scuola media l’insegnamento della Matematica da quello delle Scienze, proposta che lascia perplessi però perché si muove in direzione opposta all’obiettivo dell’accorpamento perseguito; si è anche proposto di attivare la laurea magistrale LM-95 (‘Matematica e scienze nella scuola media’), una laurea per insegnanti prevista dal DM 249/2010, ma le magistrali per insegnanti sono state – giustamente! – affossate dalla Legge 107/2015; e questo perché si è voluto – ripeto: giustamente! – che le lauree con cui si accede all’insegnamento siano normali lauree magistrali spendibili come una qualsiasi laurea nel mondo del lavoro; e infatti con la Legge 107/2015 (che abbandona l’idea delle magistrali per insegnanti) il periodo di formazione professionale post-lauream per l’insegnante è stato portato da un anno (TFA, di cui al DM 249/2010, che a regime prevedeva la magistrale per insegnanti) a ben tre anni ; la LM 95 prevede un percorso magistrale con 18 CFU di matematica e fisica, 18 CFU di biologia, chimica, scienze della terra (e di fisica e di matematica per chi non proviene da Fisica e da matematica), e per il resto 18 CFU di didattiche (!) disciplinari e 18 + 18 CFU di discipline pedagogico-didattiche e relativi laboratori… una magistrale, questa, che evidentemente può essere spesa esclusivamente per l’insegnamento, e per il resto è, per così dire, decisamente fuori mercato… Una soluzione ragionevole potrebbe essere quella di rivedere l’elenco delle 22 classi di laurea magistrale elencate, riducendole di numero guardando ai percorsi formativi e alla loro coerenza con riferimento agli insegnamenti della classe concorsuale, e insieme rivedere, riducendoli, i requisiti  curricolari, tenendo presente che il percorso professionalizzante post-lauream si sviluppa lungo un triennio.

Che cosa si può fare?

Va preliminarmente riconosciuto che a seguito delle osservazione inviate da più parti al Ministero e alle Commissioni parlamentari di Camera e Senato fra settembre e novembre 2015 alcune delle più macroscopiche incongruenze, almeno per quanto riguarda la corrispondenza fra classi di concorso e titoli di accesso, sono state eliminate (ad es. per le classi A-11 Discipline letterarie e latino, A-12 Discipline letterarie negli istituti tecnici, A-13 Discipline letterarie, latino e greco, A-22 Lettere nella scuola media, le classi di laurea magistrale sono state ridotte da 17 a 12 [ma sono ancora troppe], togliendo dall’elenco le magistrali del tutto eterogenee in Servizio sociale, in Musicologia, in Scienze dello spettacolo). Le incongruenze fra titoli di accesso, da un lato, e classi di concorso, dall’altro, sono comunque ancora troppe (vedi gli esempi citati più sopra); molti corsi di laurea risultano del tutto incoerenti e disomogenei rispetto alla classe concorsuale cui danno accesso, e il possesso delle competenze disciplinari relative alla classe di concorso, che non è garantito dalla coerenza del percorso formativo con le discipline proprie della classe si concorso, è affidato all’ulteriore (e in molti casi del tutto improbabile) acquisizione di CFU in SSD non coerenti con il percorso di studio normale (e quindi da acquisire al di fuori di quest’ultimo); il possesso delle competenze professionali va garantito, certo, dall’acquisizione di CFU nei SSD appropriati, ma in primo luogo, e soprattutto, da un percorso di studio coerente con dette competenze professionali (anche per evitare il pericolo cui si è accennato più sopra: il ‘mercato’ dei CFU…).

Va detto, per la verità, che le stesse Commissioni Istruzione di Camera e Senato, richieste di un parere sulla bozza, avevano posto come condizione “una revisione delle congruità dei titoli di accesso alle diverse classi di concorso”, anche perché lasciava perplessi “come in alcuni casi il titolo accademico, per essere ritenuto valido per l’accesso all’insegnamento, deve essere congiunto ad un così alto numero di CFU integrativi per cui, di fatto, viene snaturato lo stesso percorso universitario seguito dall’aspirante docente. […] In altri casi, il titolo di accesso previsto appare lontano dalla disciplina di insegnamento per cui sembra non andare nella direzione della specificità dello stesso”; e si portava come esempio la laurea in LM-3 Architettura che nella bozza consente l’accesso (con requisiti!) alla classe A-26 ‘Matematica’ e (senza requisiti!) alla classe A-47 ‘Scienze matematiche applicate’, possibilità di accesso alle 2 classi che, nonostante il rilievo sollevato in sede di commissione della Camera, nella versione finale del provvedimento – come si è visto – è rimasta invariata.

Se alcune correzione, come si è detto, sono state fatte, molte criticità ancora rimangono.

Si può quindi chiedere (l’interlocutore istituzionale potrebbe essere il CUN, dove tutte le aree scientifico-disciplinari sono rappresentate e che già lo scorso anno aveva inviato osservazioni dettagliate) al Ministero:

  1. di procedere ad una sistematica revisione della congruità fra titoli di studio e classi di concorso, cominciando dai casi più gravi (ad es. ‘Matematica’ e ‘Scienze matematiche applicate’, ‘Matematica e scienze’ nella scuola media), ma poi passando in rassegna un po’ tutte le classi di concorso (non posso elencarle in questa sede, ma sono moltissime!) che consentono l’accesso ad un numero elevato di lauree magistrali, adottando nella revisione il criterio che vi deve essere in primo luogo coerenza fra percorso formativo e classe di concorso (le classi di laurea magistrali non coerenti vanno depennate);
  2. di rivedere i requisiti disciplinari (cioè il numero di CFU in determinati SSD), che in molti casi sono irragionevoli, e ciò in realtà consegue all’aver considerato titolo valido per l’accesso percorsi di studio del tutto incoerenti con le discipline della classe concorsuale;
  3. di rivedere gli accorpamenti fatti, ma che si è visto pongono problemi (ricordo la classe A-40, che accorpa la ex A034 – e la ex A035): qui si può optare per il ritorno a due classi distinti (consigliabile) oppure per una drastica revisione dei titoli per l’accesso;
  4. di prevedere l’accorpamento di classi di concorso certamente affini che (inspiegabilmente) il provvedimento non ha accorpato: mi riferisco in primo luogo alle classi di concorso dei cosiddetti ambiti disciplinari verticali (almeno questi, per limitarci a quelli in cui sono coinvolte le Università: A-48 + A-49 [ex. A029+A030]; A-24+A-25 [exA045+A046]; A-12+A-22 [exA050+A043]] e poi a classi il cui accorpamento si giustifica per l’affinità, ed è stato da più parti auspicato, come ad es. ‘Matematica’ e ‘Scienze matematiche applicate’;
  5. eliminare nelle note, che nella Tabella A per lo più riportano i requisiti disciplinari, errori, imprecisioni, espressioni poco chiare, dovute al fatto che il nuovo provvedimento qui non ha fatto altro (per lo più) che trascrivere meccanicamente quanto previsto dal DM 22/2005 (requisiti per le lauree specialistiche), a sua volta trascrizione meccanica di quanto previsto dal DM 39/1998 (requisiti per le lauree di V.O.); per correggere questi imprecisioni, espressioni equivoche o poco chiare, presenti nel DM 22/2005, il Ministero era stato costretto ad intervenire con note esplicative non facilmente reperibili; perché – ci si chiede – non correggere il testo eliminando errori e/o imprecisioni? Altra questione (forse di minor conto, ma che pone problemi allo studente che intende acquisire i CFU richiesti come requisiti curricolari): l’unità di misura di CFU per SSD è 12, quando in tutta Italia i singoli insegnamenti (nei corsi di Laurea e di Laurea magistrale che qui interessano) sono per lo più di 9 CFU (solo alcuni di 6 CFU ); questa quantificazione deriva dal fatto che, del tutto arbitrariamente, il DM 22/2005 aveva fatto corrispondere alle ‘annualità’, di cui parlava il DM 39/1998 (con riferimento ai corsi di V.O.) 12 CFU e alle ‘semestralità’ 6 CFU; ma questa corrispondenza era del tutto arbitraria, e complica moltissimo l’acquisizione dei CFU richiesti (per inciso, nel presente decreto compaiono ancora qua e là i termini ‘annualità’ e ‘semestralità’ presenti nei DM precedenti

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