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“Non sanno stare insieme e ignorano l’ortografia” La scuola post lockdown

Non solo “ha” senz’acca, danni gravi anche nel rapporto con la classe “I bambini hanno dimenticato come giocare e studiare con gli altri”

14/10/2020
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Per Said, dieci anni, il primo dettato in quinta lo ha riportato due classi indietro, «ha sempre fatto fatica, ma dopo mesi senza scuola, con una famiglia a casa che non ha potuto seguirlo, è stato un disastro totale. Gli ultimi sono diventati ancora più ultimi», sospira il maestro Alessandro Corlazzoli. Scuola primaria in provincia di Cremona. Nella classe accanto, la prima verifica di inglese ha sorpreso: un alunno su due non è arrivato al sei, anche il più bravo. E i più grandi? Al liceo Galvani di Bologna la professoressa di latino e greco Francesca Fantoni, è partita con una prima: «Ho trovato una voragine: non sapevano fare frasi con il complemento oggetto. Ho detto: “Ragazzi, così non va”. E loro: “Prof, ma la scuola è stata chiusa, facevamo solo tre ore al pc a settimana».

Cosa hanno perso i bambini e i ragazzi con il lockdown delle lezioni durato quanto un intero quadrimestre? Molto. E non solo l’acca del verbo avere, come alla primaria di Rieti, dove la maestra Francesca Faraglia racconta: «Avevo spiegato il verbo con video e powerpoint, ma una volta tornati l’hanno sbagliato: non si possono più fare questi errori in terza. Ci lavoriamo». Insomma, anche quando la didattica a distanza, quella che ora si teme ritorni, è stata fatta bene, non è stata così efficace. Non è come quando spieghi le divisioni spezzando panini alla Nutella, per dire. Lo fanno i maestri. «La parte trasmissiva la fai a distanza, ma le emozioni che ti permettono di imparare? Quelle le abbiamo perse». Loredana Cilento, 56 anni, insegna matematica e scienze alle medie di Ponticelli, periferia di Napoli, e riporta di quel suo alunno irrequieto: «Prof, il mio corpo si vuole muovere altrimenti non capisco». Da quel giorno fa un giro dell’aula quando le gambe fremono. «Non sono preoccupata per le parti del programma, quelle le abbiamo fatte a distanza. Ma ora che li rivedo in aula percepisco la loro ansia, quella che con i numeri poi ti porta a sbagliare, e non volere più riprovarci».

Nelle aule riaperte nonostante il Covid e altri disastri, gli insegnanti raccontano del vuoto in saperi e in capacità relazionali e di ragionamento. Non sanno più stare in classe. «A me sembra che stiano ancora perdendo: non si possono fare lavori di gruppo né si può uscire — osserva Maria Manaresi, docente di italiano e latino al liceo — la perdita è in interazione, che alla lunga vuol dire confronto critico».

Voci dalle aule. «Chi non ha fatto nulla in lockdown ora si sente perso, ma un po’ tutti faticano ad affrontare problemi più complessi», spiega Marilea Brunetti, docente di matematica. Soprattutto all’inizio, aggiunge la collega di italiano Antonella Cosentino, «tendevano a comportarsi come se fossero a casa. I più deboli sono regrediti a livello di grammatica e di organizzazione del periodo». I piccoli non alzano più la mano, vogliono intervenire tutti insieme. Le fasi di passaggio da un ordine di scuola a un altro sono montagne da scalare senza piccozza. Cristiana Costantini osserva i suoi piccoli di prima elementare in giardino: «Corrono e basta, no n sanno giocare insieme, hanno perso quei mesi alla materna preziosi anche per usare la matita, i colori, il foglio. Dobbiamo ripartire da lì». In America si è quantificata una perdita di quanto sanno i ragazzi rispetto ai coetanei dell’anno prima tra il 35% di comprensione della lingua e il 50% in matematica.In Italia non abbiamo dati. «Ma non c’è motivo di pensare che da noi sia diverso, anche se non sappiamo valutare quanto la didattica a distanza abbia mitigato», commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Da economista, con Barbara Romano, ha calcolato che per effetto del lockdown della scuola il Paese rischia di perdere fino al 10% del Pil in termini di minori salari che questa generazione di studenti percepirà in 40 anni di vita lavorativa.

E ora? «Avremmo già dovuto fare di tutto per recuperare quanto è possibile, che sia l’obiettivo prioritario almeno da qui a dicembre». Gli effetti li vedremo con le prove Invalsi, si attende Ira Vannini del dipartimento di scienze dell’educazione dell’Alma Mater: «Allora la parola chiave dovrà essere ripasso ed equità. E occorrerà prendere decisioni di sostanza sulla formazione ».


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