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Non è la RAI: Una semplicissima soluzione a tutti (o quasi) i problemi dell’Università italiana.

La RAI finora è stata esentata dal giogo burocratico della Pubblica Amministrazione su spending review, appalti, acquisti e assunzioni. Perché una cosa è sicura: se si applicassero alla RAI le norme della PA essa fallirebbe in pochi mesi

17/01/2017
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ROARS

Nicola Casagli

La RAI finora è stata esentata dal giogo burocratico della Pubblica Amministrazione su spending review, appalti, acquisti e assunzioni. Perché una cosa è sicura: se si applicassero alla RAI le norme della PA essa fallirebbe in pochi mesi. Me lo immagino già il Direttore generale della RAI costretto a: 
– costituire una Centrale Unica Acquisti per tutte le acquisizioni di beni, servizi e forniture, in modo da arredare tutti gli studi televisivi nello stesso modo e da utilizzare lo stesso tipo di attrezzature audio-video, obsolete e malfunzionanti, nonché lo stesso abbigliamento per tutti i conduttori, gli artisti e gli spettatori;
– obbligare Camila Raznovich e tutta la troupe di Kilimangiaro ad andare in missione senza carta di credito, in strutture convenzionate con la PA e a richiedere il rimborso delle spese a pie’ di lista traducendo in Italiano scontrini e ricevute;
– decidere il palinsesto sulla base delle schede uniche di autovalutazione compilate dai conduttori e dagli artisti, tenendo conto delle risultanze dei rapporti di riesame, delle relazioni del nucleo di valutazione e dei presìdi di qualità;
– sostituire il Comitato di Vigilanza RAI con un’agenzia ministeriale di valutazione nominando nel consiglio direttivo burocrati incapaci di scrivere mezza pagina di palinsesto senza copiare.
La soluzione NON è l’uscita dell’Università dalla PA, bensì la liberazione della PA dal pesante fardello di regole burocratiche inutili e controproducenti. E basterebbe un articolo di legge di poche righe. “No, non è la BBC, ma è la RAI, la RAI TV!” diceva un famoso motivetto radiofonico. Anche a noi universitari piacerebbe tanto poter tornare e lavorare ad armi pari con i colleghi stranieri, liberandoci di tutta questa ottusa burocrazia.

Basterebbe un articoletto di legge di poche righe:

Al fine di assicurare il pieno ed efficace svolgimento del ruolo istituzionale delle Università e degli Enti di Ricerca, nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall’articolo 33 della Costituzione e specificati dalla legge n.168 del 9 maggio 1989, NON si applicano alle Università statali e agli Enti di Ricerca le norme finalizzate al contenimento di spesa in materia di gestione, organizzazione, contabilità, finanza, investimenti e disinvestimenti, previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell’elenco dell’ISTAT di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n.196.

Nell’ultimo decreto-legge “Milleproroghe” qualcosa di simile è stato fatto per la RAI, azienda pubblica finanziata dal contribuente, che finora è stata esentata dal giogo burocratico della Pubblica Amministrazione su spending review, appalti, acquisti e assunzioni. Lo sarà per un altro anno grazie all’intercessione del Governo (si veda l’Art. 6 D.L. 30 dicembre 2016, n. 244 e l’articolo del Fatto Quotidiano).

C’è da scommettere che il prossimo anno l’eccezione verrà prorogata di nuovo, perché una cosa è sicura: se si applicassero alla RAI le norme della PA essa fallirebbe in pochi mesi, incapace di reggere il confronto con la concorrenza privata e internazionale.

Me lo immagino già il Direttore generale della RAI costretto a:

  • fare un bando pubblico per titoli ed esami per selezionare i prossimi conduttori del Festival di Sanremo;
  • decidere assunzioni, promozioni e incarichi mediante voto a maggioranza dell’assemblea di tutti i dipendenti, previa valutazione comparativa di una commissione locale e comunque a seguito di un giudizio positivo espresso da una commissione nazionale;
  • sottoporre presentatori, artisti e ospiti a una procedura di abilitazione nazionale e di accreditamento, facendo loro inserire manualmente titoli e prodotti della loro attività su una macchinosissima piattaforma informatica del CINECA;
  • utilizzare il MEPA e il CONSIP per acquistare attrezzature informatiche e multimediali obsolete e malfunzionanti, a prezzi superiori a quelli di mercato, per cameramen, operatori, scenografi e costumisti;
  • obbligare Fabio Fazio a richiedere il parere preventivo di legittimità alla Corte dei Conti per il contratto di collaborazione con la Littizzetto;
  • intimare a Bruno Vespa di utilizzare solo domande preventivamente scritte e sorteggiate nei talk show;
  • chiudere le sedi e i centri di produzione regionali per contrastare la proliferazione delle sedi periferiche;
  • abolire definitivamente “Domenica In” e sospendere qualsiasi trasmissione nei giorni festivi per risparmiare le spese di guardiania, luce e riscaldamento;
  • utilizzare la contabilità dei “punti organico” per programmare i fabbisogni di personale, dove “uno vale uno” da Gigi Marzullo a Giancarlo Magalli;
  • sostituire i super-cachet delle star televisive con un programma di chiamate dirette da parte di commissioni nominate dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dedicate al premio Nobel Giulio Natta o, meglio, Dario Fo per restare in tema;
  • chiudere l’Arena di Giletti e sostituirla con una periodica VQR (valutazione della qualità della radiodiffusione) organizzando tornei a premi fra conduttori TV e radio;
  • costringere Roberto Giacobbo a sottoporsi a una rigorosa revisione fra pari prima di andare in onda, oltre che a una scrupolosa procedura di accreditamento della qualità;
  • utilizzare nella scelta delle inserzioni pubblicitarie rigorosi principi di rotazione, economicità, trasparenza, evidenza pubblica, tutelando altresì la libera concorrenza e la parità di trattamento (es. per ogni spot della Coca Cola ce ne deve essere uno della Pepsi sulla medesima rete e nella stessa fascia oraria);
  • prescrivere a Daria Bignardi l’obbligo di effettuare una ricognizione interna fra il personale RAI prima di affidare servizi esterni o invitare ospiti nei talk show;
  • richiedere al Commissario Montalbano l’adempimento delle norme sulla tracciabilità antimafia, con l’obbligo di autodichiarazione di non essere mafioso e di utilizzare un conto corrente dedicato;
  • costringere Carlo Conti a spostare il Festival di Sanremo a Saxa Rubra per contenere la spesa;
  • ridenominare il Festival di Sanremo Festival di Saxa Rubra;
  • rispettare rigorosamente le limitazioni del turn-over e rimpiazzare il personale qualificato collocato a riposo con RTD (radio-tecnici diplomati) a tempo determinato di tipo A (analogici) o di tipo D (digitali terrestri);
  • costituire una Centrale Unica Acquisti e applicare alla lettera il nuovo codice appalti e le linee guida ANAC per tutte le acquisizioni di beni, servizi e forniture, in modo da arredare tutti gli studi televisivi nello stesso modo e da utilizzare lo stesso tipo di attrezzature audio-video nonché lo stesso abbigliamento per tutti i conduttori, gli artisti e gli spettatori;
  • licenziare in tronco Alberto Angela perché assunto nello stesso ente di un parente e affine fino al quarto grado;
  • denunciare Piero Angela alla Procura della Repubblica per nepotismo e corruzione, oltre che alla Corte dei Conti per danno erariale;
  • imporre ad Antonella Clerici l’uso della PEC e della firma digitale nonché l’uso esclusivo di ricette telematiche con evidenza pubblica sul portale della Pubblica Amministrazione;
  • prescrivere per ogni contratto l’uso delle piattaforme informatiche dell’Autorità Anticorruzione SIMOG (Sistema Informativo Monitoraggio Gare) e AVCpass, mediante l’applicativo Gestionale Gare e Appalti Pubblici per la PA (GGAP), generando il file XML richiesto dalla normativa anticorruzione, ovviamente corredato di CUP (codice unico di progetto) e CIG (codice identificativo di gara);
  • utilizzare il CIG (codice identificativo di gara) anche per tutti i Gran Premi di Formula 1, la MotoGP, il Giro d’Italia e il Tour de France;
  • obbligare Camila Raznovich e tutta la troupe di Kilimangiaro ad andare in missione senza carta di credito, in strutture convenzionate con la PA e a richiedere il rimborso delle spese a pie’ di lista traducendo in Italiano scontrini e ricevute;
  • sostituire il Comitato di Vigilanza RAI con un’agenzia ministeriale di valutazione nominata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello Sviluppo Economico, sentite le commissioni parlamentari, e nominare nel consiglio direttivo burocrati incapaci di scrivere mezza pagina di palinsesto senza copiare;
  • istituire il RAI-index (o R-index) per valutare le performance degli artisti, definendolo come segue: “un qualunque personaggio televisivo ha un R-index uguale a R se in R delle sue trasmissioni ha totalizzato R recensioni positive o negative, tanto comunque vada … sarà un successo”;
  • abolire l’Auditel e decidere il palinsesto sulla base delle schede uniche di autovalutazione compilate dai conduttori e dagli artisti, tenendo conto delle risultanze dei rapporti di riesame, delle relazioni del nucleo di valutazione e dei presìdi di qualità;
  • riorganizzare il palinsesto in termini di CFU (Crediti di Frequenza Unitaria) sulla base della banda di frequenza occupata piuttosto che sul tempo, in modo che così nessuno ci capisca più niente;
  • imporre a Terence Hill nella serie “Un Passo dal Cielo” di farsi autorizzare preventivamente le missioni fuori sede dal direttore di rete e di utilizzare preferenzialmente le Panda aziendali a metano acquistate sul CONSIP;
  • obbligare lo stesso Terence Hill a rifornirsi di carburante esclusivamente presso i distributori TotalErg, anche nei casi in cui non eroghino metano, in quanto soggetto aggiudicatario della fornitura unica per la Pubblica Amministrazione;
  • imporre al Divino Otelma l’impiego esclusivo della “fattura” elettronica, sul portale FatturaPA della Pubblica Amministrazione dopo l’obbligatoria registrazione all’interno dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA o IndicePA) ovvero “Index of Paranormal Activity”;
  • inserire nella programmazione la serie TV “ANAC Squadra Anticorruzione” al posto di “CSI Crime Scene Investigation”;
  • ingiungere ai conduttori radiofonici lo scrupoloso rispetto della normativa in merito alla sicurezza dei luoghi di lavoro e in particolare quella sui rischi da interferenze;
  • imporre agli spettacoli di Roberto Benigni la preventiva analisi di congruità del prezzo da parte di una commissione nominata dal RUP, previa pubblicazione sul portale PerlaPA del Dipartimento della Funzione Pubblica;
  • prescrivere all’Ispettore Coliandro di esibire la certificazione DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) prima di ogni puntata, per dimostrare di essere un vero duro;
  • sottoporre al consiglio di amministrazione la proposta di nomina di Pippo Baudo a “presentatore emerito”, previa acquisizione del parere favorevole dell’assemblea di tutti i dipendenti con voto a maggioranza di due terzi.

In questo labirinto burocratico la RAI non potrebbe certamente garantire la continuazione del servizio pubblico.

Anche l’Università eroga un servizio pubblico ma, purtroppo, questo non viene percepito. Purtroppo, a differenza della RAI, non interessa a nessuno se le stravaganti norme che paralizzano la PA rendono l’Università incapace di reggere il confronto con la concorrenza privata e internazionale.

Sulle assurdità dell’inserimento delle Università nell’elenco ISTAT della Pubblica Amministrazione ho scritto una tragedia in tre atti su ROARS:

L’ex-Presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva dichiarato a più riprese “Dobbiamo togliere l’Università dal perimetro della pubblica amministrazione perché non si governa l’Università con gli stessi criteri con cui si fa un appalto in una ASL o in un comune“.

Poi l’ha presa larga e si è incartato con le riforme costituzionali e non se ne è fatto di niente.

La soluzione NON è l’uscita dell’Università dalla PA, bensì la liberazione della PA dal pesante fardello di regole burocratiche inutili e controproducenti che, da quando sono iniziate – su per giù nell’anno 2000 – hanno avuto come effetto l’aumento della spesa pubblica di oltre il 70%, al netto degli interessi sul debito.

Per cominciare basterebbe l’articolo di legge di poche righe che ho proposto all’inizio.

No, non è la BBC, ma è la RAI, la RAI TV!” diceva un famoso motivetto radiofonico. Anche a noi universitari piacerebbe tanto poter tornare e lavorare ad armi pari con i colleghi stranieri, liberandoci di tutta questa ottusa burocrazia.


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