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Non c'è il cambio di passo

In legge di bilancio solo interventi settoriali e spesso insufficienti. Nonostante le promesse niente inversione di rotta, non ci sono risorse sulle grandi riforme: obbligo a 18 anni e generalizzazione della scuola dell'infanzia. Insufficiente lo stanziamento per il contratto

11/12/2020
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Collettiva.it

Stefano Iucci

Qualche intervento “settoriale” – spesso nettamente insufficiente –, ma nessuna novità che implichi una visione strategica, un cambio di rotta sulle politiche della scuola. È un giudizio sostanzialmente negativo quello che la Flc Cgil dà del ddl 2790 relativo al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e a quello pluriennale per il triennio 2021-2023. “Nell’introduzione al Piano di ripresa e resilienza – dice Luigi Caramia, della segreteria nazionale del sindacato della conoscenza della Cgil – c’è scritto che la scuola è uno di quei capitoli su cui bisogna più puntare e investire. Peccato che di tutto questo nella legge di bilancio non troviamo traccia”.

Mancano sia le risorse per le grandi riforme – l’obbligo scolastico a 18 anni e la generalizzazione della scuola dell’infanzia – sia interventi necessari a seguito dell’emergenza Covid. A cominciare da un sistema di trasporti dedicato, quando gli studenti delle scuole secondarie ricominceranno a frequentare in presenza, per evitare che mezzi pubblici strapieni diventino luoghi di contagio (per poi magari incolpare la scuola). In legge di bilancio, infatti, è previsto lo stanziamento di un fondo unico di 150 milioni che però riguarderà lo specifico trasporto scolastico, quindi rivolto solo agli alunni e alle alunne del primo ciclo. Silenzio anche sui presìdi sanitari per ogni scuola chiesti finora invano dai sindacati. “Su questi temi ci aspettiamo un intervento – rilancia il sindacalista –. Il governo scelga quale può essere il miglior vettore normativo, ma agire è fondamentale”.

Continua soprattutto a mancare un’inversione decisa sui provvedimenti di natura economica – quelli targati Gelmini-Tremonti – che hanno falcidiato la scuola a suon di tagli e che hanno generato le classi pollaio e un dimensionamento scolastico fuori controllo che ha partorito istituti monstre, anche con 2.000 studenti. “Queste norme proprio non si riesce a scalfirle, si fanno al massimo delle deroghe, ma stanno sempre là”, attacca il sindacalista. 

Proviamo ora a vedere invece quello che nella bozza c’è. L’intervento più cospicuo riguarda senza dubbio gli insegnanti di sostegno e prevede nel triennio un incremento in organico di 25.000 docenti. “Ma si tratta di una quantità del tutto insufficiente – spiega il dirigente della Flc –, considerando che i posti in deroga sono oltre 80.000. L’aspetto più grave poi è che in molte regioni, penso alla Lombardia, mancano docenti specializzati, sicché in realtà come Milano ci sono ragazzi che sul sostegno hanno avuto insegnanti chiamati dalle graduatorie comuni, il che naturalmente rappresenta un forte limite”. Insoddisfacente anche l’aumento della dotazione organica nella scuola dell’infanzia di soli 1.000 docenti.

Positivo, invece, lo stanziamento che permetterà agli ex lsu delle imprese di pulizia stabilizzati a sole 18 ore – e dunque con stipendi inadeguati – di arrivare al tempo pieno e dunque a una retribuzione dignitosa. Bene anche l’incremento di 60 milioni del Fondo nazionale per l’attuazione del sistema integrato di istruzione e formazione da 0 a 6 anni che andrà essenzialmente ai nidi. Sono salite anche le risorse per l’ampliamento dell’offerta formativa – 117,8 milioni per il 2021 e altri aumenti per gli anni successivo –. Il problema, segnala Caramia, è che la legge di riferimento, la 440/87, parla di interventi a bando, quindi non strutturali: anche in questo caso manca una visione generale. Magari si finanzia per l’anno in corso un progetto contro la dispersione scolastica, ma non è detto che questo possa poi continuare.

Poco o nulla, invece, nonostante tutta l’enfasi posta sul tema in tempi di dad, è stato investito per la digitalizzazione delle scuole, ci sono solo alcune decine di milioni – molto poco dunque vista la scala dei problemi – sulle figure degli animatori digitali o sulle equipe territoriali.

Da ultimo, ma non per importanza, il capitolo che riguarda gli stanziamenti economici per il rinnovo dei contratti. Le risorse effettivamente disponibili ammontano complessivamente a poco più di 3,2 miliardi di euro il che, per il comparto istruzione e ricerca, si traduce un aumento degli stipendi del il 3,5 per cento, ovvero di 83 euro medi mensili lordi, che però si abbassano per il riassorbimento dell’indennità di vacanza contrattuale. Siamo cioè ben lontani da quell’aumento a “tre cifre” forse troppo precipitosamente promesso.


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