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Non bastano riforme a pioggia per rinnovare la scuola

Mario Pirani

21/07/2014
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la Repubblica

DOPO
molte parole e visite nelle scuole del nostro giovane presidente del Consiglio sembra che finalmente anche in questo ambito sia arrivato il momento delle riforme. Ed era ora visto che si tratta di un asset strategico per il futuro del nostro Paese.
Si è dunque cominciato a parlare di una serie di interventi che riguardano gli insegnanti e il loro orario di lavoro, gli edifici scolastici, le modalità di sostegno economico da parte di aziende in cambio di incentivi fiscali, un ampliamento delle azioni di alternanza scuola-lavoro. Un elenco di cose possibili che rischia di tradursi in una serie di interventi “a pioggia”, efficaci forse sul momento ma incapaci di incidere davvero. Il sistema scolastico ha bisogno, come molte cose del nostro paese, di “visione”. È necessario dare flessibilità alla macchina educativa ancora sostanzialmente ottocentesca nella sua struttura ed ingessata nelle
risorse. L’orario di lavoro degli insegnanti, ma anche la stessa edilizia scolastica, anzi l’architettura scolastica, così cara al nostro presidente del Consiglio, devono essere affrontati secondo
un disegno di cambiamento della scuola: c’è bisogno di una rivoluzione. Consapevole, condivisa, coraggiosa. Aumentare l’orario agli insegnanti e incentivare chi lavora più ore — chi per esempio si presta a fare supplenze o a svolgere funzioni aggiuntive a quelle di insegnamento — non ha in sé nulla di rivoluzionario. In questo modo infatti il tema centrale del merito viene di nuovo eluso e messo da parte ciò che invece proprio nella scuola dovrebbe trovare il suo regno incontrastato.
La meritocrazia per altro è un tema fortemente connesso agli altri «temi rivoluzionari». Un esempio... tenere aperte le scuole anche nel pomeriggio è un obiettivo sacrosanto ma a che serve se si può contare solo su alcuni insegnanti? Si faranno attività complementari? Facoltative? Ripetizioni su alcune materie? Saranno obbligatorie per tutti i ragazzi o solo per alcuni? Se dobbiamo aprire le scuole il pomeriggio e premiare il merito degli insegnanti occorre ripensare globalmente il modello che conosciamo, introdurre la valutazione dei dirigenti scolastici prima ancora di quella degli insegnanti, ripensare calendario e orario, cominciare a parlare di architetture scolastiche, di nuovi arredi e strumenti di lavoro per i ragazzi.
Fuori da questo disegno organico anche gli interventi di ristrutturazione rischiano di disperdersi in una miriade di restauri, di manutenzioni di palazzi storici o di edifici fatiscenti che ospitano in modo inadeguato i nostri studenti senza fare alcun intervento per disegnare il futuro. Se si vuole intervenire sulla scuola occorre coraggio e soprattutto è importante avere un disegno progettuale complessivo, ancora di più che avere idee per reperire risorse economiche “una tantum”. È prioritario raccordarsi col mondo del lavoro e fare in modo che gli insegnanti che negli istituti tecnici e professionali formano sulle materie di indirizzo, quelle tecniche appunto, ricevano un aggiornamento costante, siano cioè in linea con l’innovazione che le aziende sviluppano. Una formazione continua oggi è indispensabile in tutti i settori, per tutte le professioni. Non è più tollerabile che il contratto di lavoro degli insegnanti garantisca chi “campa di rendita”, e non dia alcun valore all’aggiornamento lasciato alla buona volontà dei singoli, senza produrre alcun riconoscimento o incentivo: tonnellate di attestati di partecipazione che mettono sullo stesso piano quelli che hanno semplicemente e passivamente partecipato, con quelli che invece con sacrificio personale di tempo e spesso anche di soldi si sono impegnati per adeguare il loro modo di fare scuola alle nuove esigenze e agli studenti che hanno di fronte.
Non serve a nulla rimpiangere gli studi di una volta o criticare le nuove generazioni “superficiali e ignoranti”, attaccate ad internet, diverse dalla nostra: è la scuola che deve uscire dall’immobilismo di un modello centrato sugli insegnanti a partire dall’orario, per costruirne una centrata finalmente sullo studente. Qualche tempo fa un sociologo francese concludeva la sua analisi sulla crisi dell’istruzione dicendo: «Abbiamo i migliori licei d’Europa il problema è che non abbiamo più i liceali». Quindi proviamo a trasformare questa considerazione in una opportunità per cambiare il modello scolastico troppo uguale a quello del mio liceo di tanti anni fa. Facciamo una rivoluzione!


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