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Nidi e infanzia, scatta l'allarme

Attesa una nota della Funzione pubblica per superare il divieto dei 36 mesi di precariato

01/09/2015
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Il caso emblematico è quello di Roma Capitale, dove circa due mila docenti assunti ogni anno a tempo determinato per gli asili e le scuole dell'infanzia comunali rischiano di restare a casa. Con ripercussioni gravi per la ripresa delle attività didattiche in calendario da metà settembre. Docenti precari vittime da un lato della sentenza della Corte di giustizia europea, che vieta di fatto la reiterazione dei contratti di supplenza per un periodo superiore ai 36 mesi, e dall'altro dei vincoli di bilancio per le assunzioni a tempo indeterminato nelle amministrazioni locali. Nei giorni scorsi a palazzo Chigi si è tenuto un vertice tra Anci, ministeri dell'istruzione e della funzione pubblica per tentare di porre rimedio a una situazione che rischia di rendere ancora più incandescente una ripresa di anno scolastico contrassegnata da molte tensioni e incertezze legate all'avvio della riforma della scuola Renzi-Giannini.

Già, perché la proroga prevista dal comma 131 dell'articolo 1 della legge 107 vale esclusivamente per gli insegnanti degli istituti statali. Si tratta della norma che deroga per quest'anno al divieto di stipulare contratti a tempo determinato al personale con più di 36 mesi di precariato alle spalle, anche non continuativi. E così nei bandi del comune di Roma per il reclutamento a tempo determinato del personale si prevede che i candidati abbiano meno di 36 mesi di contratti pregressi. Previsione che ha scatenato le ire dei sindacati e le proteste dei precari: nella maggior parte dei casi si tratta di educatrici o maestre della scuola dell'infanzia anche con 10-15 anni di lavoroa tempo determinato presso la stessa amministrazione.

L'associazione dei comuni guidata da Piero Fassino inutilmente in parlamento aveva provato a ottenere l'inserimento nella deroga anche del personale educativo delle scuole gestite direttamente dai comuni.

Ora è in corso l'ultimo tentativo utile prima dell'avvio delle attività. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, i tecnici avrebbero individuato in una nota interpretativa del ministero della Funzione pubblica la via per sciogliere il nodo. Del resto, già nel 2012 lo stesso strumento fu utilizzato da Palazzo Vidoni per equiparare il personale scolastico alle dipendenze degli enti locali a quello statale per quanto riguarda i contratti.

Ma da allora qualcosa è cambiato. Con la sentenza Ue si è messo nero su bianco che la reiterazione oltre i 36 mesi di contratti a tempo determinato anche nel comparto pubblico costituisce un abuso da sanzionare e da risarcire. Il governo centrale con la riforma della scuola si è concesso una proroga di un anno, potendo però vantare il contestuale avvio di un piano di stabilizzazione e di un nuovo concorso che dovrebbero sanare, nelle intenzioni di Palazzo Chigi e Viale Trastevere, ampie percentuali di precariato per le varie classi di concorso. Discorso analogo invece non è fattibile per gli enti locali. Ed è una differenza non da poco


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