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Nel mondo 1,6 miliardi di alunni rimasti a casa «Ora 6 mosse per il rilancio»

l Forum education: studiare le eccellenze nei quartieri

13/06/2020
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Per la prima volta nella storia, un miliardo e 600 milioni di bambini e ragazzi di 165 Paesi del mondo hanno interrotto la scuola. Più di 365 milioni di bambini sono stati improvvisamente esclusi dall’assistenza sanitaria e dai programmi alimentari che la scuola garantiva. Quelli che appartengono alle fasce sociali più deboli sono rimasti esposti a contesti familiari violenti e senza prospettive. Sono questi i dati da cui è partito il gruppo di lavoro nato con il Forum education di Camogli dell’1-2 febbraio 2020, composto da venti personalità del mondo della cultura, dell’economia e della società civile, tra cui il direttore del Forum Danco Singer: dal sindaco di Milano Beppe Sala a Stefania Giannini, direttrice Education di Unesco, dal vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini a Barbara Cominelli di Microsoft.

L’obiettivo? Rimettere l’educazione al centro, «perché è l’unico strumento con cui, nel medio e lungo termine, si può realizzare il cambiamento culturale, economico e civile necessario per applicare efficacemente un nuovo modello di sviluppo (no one left behind, nessuno sia lasciato indietro), il solo capace di risollevarci dalla crisi della pandemia, e rispondere proattivamente alle emergenze future». Del resto, la situazione dei bambini e dei ragazzi in Italia è già drammatica: sono 2 milioni e 192 mila quelli che vivevano in condizioni di povertà relativa, quasi 1,3 milioni quelli in povertà assoluta, 273 mila i bambini e i ragazzi con disabilità e bisogni educativi speciali, 819 mila gli stranieri. Sono quelli che con la crisi da Covid-19 rischiano di rimanere indietro e non recuperare mai più.

Da dove cominciare? «La sfida deve partire dalle città», scrivono gli esperti, perché sono i centri più vicini ai bisogni educativi dei cittadini. Questa rivoluzione educativa passa per sei step. Il primo è il fallimento formativo: se non ci si rende conto «del tempo di istruzione perso», non si può iniziare il miglioramento. Secondo punto è il raggiungimento degli emarginati: è fondamentale riportare nei binari educativi chi è deragliato, dai migranti alle minoranze. Bisogna poi guardare ai fondi europei: come sono stati utilizzati e come si potranno sfruttare le prossime risorse? Quarto elemento è il reclutamento dei docenti, da sempre uno degli snodi chiave. Poi bisogna puntare sulla cooperazione, sulle sinergie tra protagonisti. Infine, l’edilizia scolastica: la scuola non è solo istituzione, ma anche luogo fisico, che va messo in sicurezza, adattato e trasformato.

Ma non ci sono solo punti critici. Gli esempi virtuosi da imitare sono «le comunità educanti, le pratiche locali e le iniziative individuali che stanno dimostrando una proficua cooperazione tra pubblico, sociale e privato, con eccellenti risultati», si legge nell’appello. Ed è da lì, dai «presidi repubblicani», che bisogna partire per creare quelle scuole di quartiere che possano diventare centri civici. Il primo passo? Un incontro nazionale a Milano: per mettere in campo le esperienze proficue e le emergenze.


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