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Nè efficienza nè risparmio

Lo sa il governo che così si uccide la ricerca?

13/10/2012
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l'Unità

Paolo Valente

FACENDO UN RAPIDO CALCOLO, TAGLIARE DODICI PRESIDENTI DI ENTI DI RICERCA PORTA A UN RISPARMIO DI UN PAIODIMILIONIDIEUROSU1700. Più variegata la situazione dei consigli di amministrazione di questi enti. Se penso agli effetti della recente legge di Stabilità, varata dal governo, sul mio bilancio familiare (sommando l’aumento Iva e la riduzione degli sgravi fiscali) direi che il danno è quasi fatale: circa 270 euro in meno al mese. Ma evidentemente ci sono cda dove si distribuiscono indennità assai maggiori. Ironia a parte, il risparmio prodotto dall’accorpamento di tutti gli enti di ricerca, dall’Istituto di Geofisica e Vulcanologia all’Agenzia Spaziale, dall’Istituto di Astrofisica a quello di Alta Matematica verrà semmai dall’espulsione di centinaia di precari e (forse) dal livellamento delle voci variabili del salario del personale. Ma a che prezzo? Sicuramente la scelta di sciogliere tutti gli enti monotematici nell’unico moloch che sarebbe il nuovo super-Cnr non è una scelta in direzione dell’efficienza e del risparmio. Basta guardare le condizioni in cui operano i ricercatori dell’attuale Cnr, mortificati da una burocrazia ipertrofica, e soffocati da un centralismo e dirigismo lontanissimo dal modo di operare di tutte le scienze. Accentuare questo centralismo, ingessando anche quei pochi settori che avevano operato in modo più snello e efficace (e lo dice la comunità internazionale, non i diretti interessati) grazie all’organizzazione in enti mono-tematici di dimensioni medie (non minuscoli fino ad essere poco rilevanti, non pachidermici fino ad essere ingestibili): Inaf e Infn in testa a tutti, Ingv con i problemi (legati agli aspetti di protezione civile) e il defunto Infm, il precedente esperimento in piccolo e perfettamente compiuto di uccisione per incorporazione nel Consiglio nazionale delle ricerche di una realtà di ricerca attiva e funzionante. Né è comprensibile, per la comunità ancora attonita di fronte alla proposta-shock del ministro Profumo, la scelta di scorporare le funzioni del ministero di coordinamento dei finanziamenti per la ricerca in un’Agenzia per il finanziamento: non va certo in direzione dell’efficienza e del risparmio, la creazione di ben un nuovo organismo che si occupa di distribuire i fondi ad un unico ente di ricerca, vigilato da un unico ministero. Anche la nuova Agenzia per il trasferimento tecnologico poi, avrebbe il compito di mettere in contatto il mondo delle imprese con l’unico ente sopravvissuto, peraltro già impegnato in questo da molti anni. Dunque, a fronte di un accorpamento selvaggio e massimalistico, due nuove amministrazioni (e relative poltrone), che come l’Anvur non sarebbero certo autonome rispetto al ministero, e quindi di utilità assai dubbia. In aggiunta al presunto risparmio, si chiamano a sostegno di questo modello iper-centralistico, gli esempi dei grandi istituti di ricerca europei (il Max Planck e l’Helmholtz in Germania, il Cnrs in Francia), dimenticando la grande autonomia di cui queste istituzioni godono e l’assoluta estraneità della politica e una presenza assai ridotta della burocrazia: basterebbe ricordare a chi cita questi esempi di efficienza e trasparenza, la vicenda (finita al Tar) della nomina dei direttori dei dipartimenti del Cnr. In tutto questo, l’aspetto che maggiormente offende e umilia i ricercatori (o almeno quelli che conosco, che la pensano come me) è l’assoluta indifferenza rispetto alle comunità scientifiche, alle idee, ma anche alle modalità operative del mondo della ricerca italiana. Non solo nel metodo: si è deciso di azzerare brutalmente tutti gli istituti di ricerca in una notte, senza nessuna consultazione e con la mera comunicazione ai presidenti, da parte del ministro Profumo, che avevano al più la facoltà di fare appello ai parlamentari. Ma anche nella sostanza, il modello proposto ignora totalmente l’autonomia minima che è necessaria al ricercatore per svolgere il suo lavoro, che richiede anche quando è finalizzato a un problema scientifico o tecnologico specifico un minimo di spazio per la creatività e la flessibilità operativa. Ingessare tutte le diverse discipline in un’unica burocrazia, occhiuta e onnipresente, ridurre ogni spazio di manovra, mortificare la diversità e lo spazio vitale per l’innovazione, imporre un dirigismo «cinese» al lavoro di ricerca, non farà che uccidere tutte le realtà, ottime, in qualche caso eccezionali, dei nostri enti di ricerca. E viene da chiedersi, senza mezzi termini: per ottenere quale vantaggio? O meglio, a vantaggio di chi?


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