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Mobilità, titolarità su sede salva

Aperture del Miur nel confronto con i sindacati: l'articolato interessa anche l'interprovinciale

13/12/2016
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ItaliaOggi

Marco Nobilio

I docenti di ruolo potranno accedere alla mobilità a domanda scegliendo la sede anche per il prossimo anno scolastico. E sarà introdotta una nuova deroga al divieto, per i neoimmessi in ruolo, di accedere alla mobilità interprovinciale per tre anni. Lo ha comunicato Stefano Fusacchia, capo di gabinetto dell'ex ministero dell'istruzione, Stefania Giannini, in una riunione con i segretari generali dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda che si è tenuta il 7 dicembre scorso presso il dicastero di viale Trastevere. E tale orientamento dovrebbe permanere anche dopo l'insediamento del nuovo ministro. Pertanto, i docenti che otterranno il trasferimento o il passaggio di cattedra manterranno il diritto alla titolarità della sede anche nelle nuove sedi di destinazione.

A patto che le nuovi sedi risultino ubicate nella stessa provincia di titolarità dove i docenti stiano lavorando attualmente. Il mantenimento del diritto alla titolarità della sede sarà assicurato anche ai docenti soprannumerari che saranno trasferiti d'ufficio o a domanda condizionata. Sempre nella stessa provincia. Gli insegnanti che otterranno il trasferimento o il passaggio in altra provincia, invece, dovrebbero essere assoggettati al nuovo sistema degli ambiti e della chiamata diretta. Ma il condizionale è d'obbligo perché, secondo quanto risulta a Italia Oggi, il ministero dell'istruzione starebbe considerando la possibilità di estendere il diritto alla titolarità anche a quest'ultima categoria di aspiranti. E lo avrebbe comunicato ai sindacati durante la riunione del 7 dicembre.

Probabile anche l'estensione della deroga al vincolo di permanenza triennale in provincia per i neoimmessi in ruolo. Le aperture di viale Trastevere si fonderebbero sulla presa d'atto del calo di consenso del governo uscente da parte dei docenti, che avrebbe influito in maniera determinate sull'esito del referendum per effetto della numerosità del personale docente (oltre 700mila unità). E anche sul malfunzionamento dell'algoritmo utilizzato dal ministero per effettuare i movimenti. Che sta ingenerando un forte contenzioso, che vede l'amministrazione scolastica sistematicamente soccombente. In pratica, il sistema informatico utilizzato da viale Trastevere non avrebbe garantito l'applicazione delle disposizioni contrattuali che regolano la mobilità E ciò sta inducendo i giudici, già nella fase cautelare, a dare ragione ai docenti che hanno presentato i ricorsi.

Pertanto, in assenza di cambi di rotta da parte del ministero, l'orientamento della giurisprudenza di merito potrebbe aprire la strada a una nuova ondata di contenzioso seriale che, questa volta, metterebbe l'amministrazione centrale in serie difficoltà. L'anno scorso il ministero, per tamponare il fenomeno, consentì ai docenti insoddisfatti di scegliere una sede alternativa in sede di conciliazione. Peraltro utilizzando uno strumento irrituale, quale quello della conciliazione, anch'esso a rischio di contenzioso.

Tanto più che la reiterazione di questo strumento potrebbe precludere ai docenti vincitori di concorso di ottenere l'immissione in ruolo anche nel prossimo anno scolastico. E siccome la posta in gioco è molto alta, i diretti interessati potrebbero ricorre in massa all'esperimento dell'azione giudiziale ingenerando un vero e proprio ingorgo amministrativo e ulteriore aggravio di costi per l'erario. Insomma, il rispostino della mobilità su sede potrebbe convenire non solo ai docenti interessati, ma anche e soprattutto all'esecutivo in vista delle prossime elezioni.

A ciò va aggiunto anche il fatto che a breve il governo dovrà misurarsi con la riapertura del negoziato per il rinnovo del contratto di lavoro. Che dovrebbe attenuare la perdita del potere di acquisto dei salari, fermi dal 2009. Il recupero dell'intera perdita salariale, infatti, a fronte di un tasso di inflazione del 9%, riferito al periodo 2009-2016, ammonterebbe a circa 170-180 euro, mentre il governo avrebbe messo in campo risorse che, a regime, dovrebbe consentire un recupero di circa 80- 85 euro. I dati sono al lordo dipendente (al netto dei contributi). Insomma, la strada è tutta in salita. E un atteggiamento di apertura, perlomeno nelle materie che non comportano costi per l'erario, potrebbe aiutare il governo a concludere positivamente la trattativa sul rinnovo del contratto nonostante l'esiguità delle risorse. Fin qui le ipotesi in campo sul fronte della politica.

Ma c'è da considerare anche il problema della inderogabilità delle norme di legge da parte della contrattazione collettiva. Che preclude al tavolo negoziale introdurre trattamenti più favorevoli ai lavoratori in assenza di provvedimenti legislativi in tale senso. La questione, peraltro, è già stata fatto oggetto di un'intesa di massima tra governo e sindacati. Intesa con la quale il governo si è impegnato a rimuovere questo ostacolo con un intervento legislativo che restituisca spazi di manovra alla contrattazione collettiva.


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