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Metro in classe, tamponi:  tutti i nodi della scuola

Si capirà stasera se il governo riuscirà a rimettere sui binari giusti la preparazione del rientro a scuola per settembre, dopo le proteste delle ultime ore da parte dei presidi e dei sindacati.

19/08/2020
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Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Si capirà stasera se il governo riuscirà a rimettere sui binari giusti la preparazione del rientro a scuola per settembre, dopo le proteste delle ultime ore da parte dei presidi e dei sindacati. L’Istituto superiore di Sanità dovrebbe pubblicare le linee guida per i casi di contagio: ci hanno lavorato quindici istituzioni in queste ultime settimane per fornire un protocollo che presidi e personale scolastico possano usare se dovessero avere un caso di Covid-19 nella loro scuola. Nel pomeriggio il Cts incontrerà la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e il commissario Domenico Arcuri per dirimere la questione della deroga al metro di distanza in classe. Per il coordinatore del Cts Agostino Miozzo può essere ammessa nelle classi in cui non ci siano i banchi monoposto solo per una o due settimane al massimo, durante le quali gli alunni sarebbero costretti a indossare in via sostitutiva la mascherina non più solo quando si alzano dal banco, ma anche da seduti e per tutto il tempo delle lezioni. Ma questo non risolve il problema dei ritardi nella consegna dei banchi (prevista a scaglioni fino alla fine di ottobre). In serata la ministra Azzolina assieme al commissario Arcuri, ha convocato i presidi e i sindacati per discutere dei criteri di consegna dei banchi. Si tratta di un tentativo di placare le loro proteste per le incertezze nella gestione dell’avvicinamento alla riapertura.

Per quanto riguarda le regole di sicurezza e la procedura per gestire un contagio a scuola, erano già state anticipate dal Cts a luglio: lo studente o il docente o l’operatore i cui sintomi fanno sospettare che si tratti di coronavirus, va isolato, dotato di mascherina chirurgica e portato in un locale apposito, nel caso sia uno studente, nell’attesa che arrivino i genitori. Per quanto riguarda invece i contatti del contagiato dovrà essere attivato il tracciamento, fornendo i nomi alla Asl che interverrà.

Ancora incerto è che cosa succederà ai compagni e ai professori coinvolti. Secondo il documento dell’Iss potrebbero essere messi in quarantena: non tutta la scuola — a meno che ci sia un vero e proprio focolaio — ma almeno la classe. In questo caso però si crea un corto circuito: dovrebbe essere assicurata la didattica a distanza ma non si sa da chi visto che i docenti in quarantena sono equiparati a lavoratori in malattia. C’è poi un altro problema da risolvere: quello relativo al ritorno in classe dei malati non Covid assenti per più di 5 giorni, che non è più obbligatorio. Il Cts chiede di presentare un certificato medico ma senza una modifica di legge i pediatri non sono tenuti a farlo.

Lezioni da remoto I prof in quarantena non possono fare didattica a distanza perché in malattia

Nel governo si sta ragionando anche di un’altra soluzione. La chiamano il «modello Fiumicino» e non è un caso che sia il Pd a sostenerla, visto che è quella che è stata adottata dalla Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti: si tratta dei tamponi rapidi che vengono fatti ai viaggiatori di rientro da Paesi a rischio. Una soluzione che permetterebbe di sapere nel giro di poche ore di capire se si è positivi, evitando il panico fra alunni, docenti e genitori. In prima battuta si potrebbe pensare di adottare questa via breve almeno nei casi in cui il contagiato è un genitore o un parente di un professore. Del resto il documento dell’Iss già prevede la possibilità di inviare unità mobili per l’esecuzione di test presso le scuole.

Si capirà a breve se piace anche al premier Conte, che ha chiesto di essere informato costantemente dell’evoluzione della situazione al ministero dell’Istruzione.


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